Cosa sappiamo di Dio
PiergiorgioC. sul settimanale diocesano VT sostiene che prima di discuter e sulle cose che riguardano Dio, bisogna premettere sempre un “se così si può dire” [CzzC: non mi pare che gli apostoli e i primi cristiani si siano preoccupati di anteporre in agorà questa premessa].
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 15/02/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
Pagine correlate: P. Cattani; catechesi; Vita Trentina
↑2014.04.27 Traggo da Vita Trentina#17p38; in aiuto al discernimento e con i soliti intendimenti qui precisati commento e pongo domande all’autore che risponde.
Cosa sappiamo di Dio
24/04/2014 di Piergiorgio Cattani
“Non è bene parlare quando la bocca di Dio è chiusa”. Con queste parole il riformatore Giovanni Calvino metteva in guardia la teologia - e qualsiasi discorso religioso - dall’abitudine di spiegare tutto, di aggiungere interpretazioni, in fondo di sostituirsi a Dio stesso. A volte però Dio tiene la bocca chiusa. Troppe volte, per i nostri gusti. Dovrebbe chiarirci molte cose. Neppure la Bibbia ci può confortare, perché è piena di spazi vuoti e di lunghe attese, sia da parte dell’uomo sia da parte di Dio. L’evento fondante il cristianesimo, la risurrezione di Gesù, è raccontato dagli evangelisti in quattro modi diversi e avviene nel segreto della tomba vuota e nel silenzio della notte. [CzzC: il 20/04 era la festa di Pasqua]. La fede ci chiede di sostare davanti a questo silenzio, ci invita a non avere paura di lasciare uno spazio vuoto in cui soltanto Dio può operare.
Ancora una volta è bene mettere in evidenza un principio fondamentale: di Dio sappiamo soltanto ciò che Lui ci ha voluto rivelare. Ogni religione ha cercato di enunciare questa verità in molti modi. Per l’Islam Allah ha 99 nomi conosciuti, mentre l’ultimo, il centesimo, rimane oscuro. L’induismo segue un’altra via moltiplicando le personificazioni della divinità, senza mai però raggiungere il numero definitivo, visto che Dio è infinito, impossibile da rinchiudere in qualsivoglia raffigurazione. Per il buddismo Dio praticamente scompare, si può dire soltanto ciò che il principio, il senso delle cose, non è.
Tornando alla rivelazione biblica lo stesso nome di Dio, vale a dire la sua essenza più intima, rimane impronunciabile perché deve restare avvolto dal mistero. Il linguaggio antropomorfo riferito a Dio, tipico di quasi ogni pagina della Bibbia, vuole parlarci di una divinità comprensibile, vicina, desiderosa di incontrare gli uomini, capace di realizzare una salvezza non astratta ma conforme alle nostre aspirazioni più profonde.
Gesù approfondisce questa rivelazione proponendoci l’immagine di un Dio pieno di misericordia, padre amoroso capace di mandare il proprio figlio, cioè se stesso, agli uomini per portare l’annuncio gioioso della liberazione e della salvezza. Ci accorgiamo però che anche in questo discorso utilizziamo metafore. Dio è Padre, ma certamente questo appellativo non significa ciò che di solito intendiamo con il termine padre, cioè quella figura maschile che ha generato figli. Dio invece è anche Madre, come ha affermato per la prima volta Giovanni Paolo I, suscitando impressione, ma in realtà usando un linguaggio presente nell’Antico Testamento.
- [CzzC: se la cultura dominante sostiene (te consenziente?) che non esiste un significato stabile delle parole perché perfino la legge naturale sarebbe cangiante (vedi VT#13 prof Ghia anche per l’intendimento di matrimonio naturale), ti chiedo se ci permetti di assegnare al nostro Dio gli intendimenti migliori della paternità e della maternità come la legge naturale distingue senza confondere con abuso di avversativi ma però non invece.]
Dio è Padre perché gli uomini dipendono in tutto e per tutto dalla sua azione, perché il suo volto è quello di un padre premuroso che cerca di trasmettere ai propri figli la sua eredità, il suo essere più profondo. Insomma dentro questo concetto c’è anche l’amore materno che si strugge per il frutto delle sue viscere: Dio è come una madre disposta a dare la vita per i propri figli.
- [CzzC: Gesù ci ha rivelato il volto di Dio che ci ama come nessuno potrebbe amarci di più, e dunque è ovvio che il suo amore abbia le caratteristiche sia della paternità sia della maternità, ma spero che questo et-et non sia abusato per metaforare come indifferenti i ruoli di padre e madre e le relative opzioni sessuali, portando acqua al mulino Ghia per macinare grano pro campagna matrimonio per tutti]
Gesù è il Figlio perché è lo specchio del Padre, è la sua immagine perfetta, nello stesso tempo un’unità e una alterità. Stiamo parlando naturalmente con parole umane per dire che l’essenza di Dio è una vicendevole relazione di amore. Ma anche la parola amore è soltanto un’approssimazione, il termine meno inadeguato per dire qualcosa di Dio.
- [CzzC: chi vive la presenza di Dio nella sua vita con l’affezione imparata da Gesù dovrebbe a tuo avviso preoccuparsi del grado di approssimazione rappresentativa di Dio? Approssimazione usò anche Gesù con le sue descrizioni ed azioni; approssimazione usano anche i fedeli in preghiera e testimonianza: ti chiedo se non paresse anche a te che certe sottigliezze sulle approssimazioni rappresentative di Dio sappiano di intellettualismo filo-protestante che aiuta ben poco chi sa di poter vivere un centuplo quaggiù con la suddetta affezione che sprizza dialogo e perfino arte con capacità di comunicazione attrattiva per dire qualcosa di Dio percepita adeguata per la propria vita, a prescindere da certe riserve di inadeguatezza semantica].
Gesù di Nazaret è vero uomo e vero Dio, perché il Maestro quando parlava e mangiava con i discepoli, quando percorreva le strade della Galilea, quando predicava, quando guariva i malati, quando moriva in croce era perfettamente uomo, ma allo stesso tempo narrava e compiva la storia del Padre, era la Parola definitiva di Dio sull’umanità. Chi vedeva Gesù intravedeva il volto di Dio.
- [CzzC: non è out-out, è et-et, è semplicemente il nostro Credo, senza ma; ti chiedo se non ti paresse strumentale questa insistenza con le congiunzioni avversative per montare un falso problema di approssimazione rappresentativa intellettuale].
Potremo continuare a lungo con questi discorsi. Ricordandoci che, prima di discutere sulle cose che riguardano Dio, bisogna premettere sempre un “se così si può dire”, perché Dio sfugge sempre alla nostra comprensione, non possiamo mai afferrarlo del tutto.
- [CzzC: continuare a lungo a che pro? Ti chiederei se ti paresse che gli apostoli e i primi cristiani si siano preoccupati di anteporre in agorà la premessa che tu sosterresti sempre doverosa, del “se così si può dire”. Non possiamo mai afferrare del tutto Dio? A me come a tanti Christifideles basta che sia lui ad afferrare me/noi].
Il mistero deve rimanere. Dobbiamo lasciare uno spazio per Lui ma anche per gli altri uomini che magari lo cercano con parole diverse dalle nostre.
- [CzzC: ti chiederei se pensi che gli affezionati di cui sopra non lascino spazio ad altri uomini e se non dovessi preoccuparti piuttosto degli altri uomini che non lasciano spazio ai testimoni di Cristo e li perseguitano].
La modalità delle religioni nasce proprio da questo spazio bianco che, se così si può dire, Dio lascia alla nostra libertà
- [CzzC: mi pare che la modalità della fede cristiana nasca dalla Grazia di un incontro come Giovanni e Andrea con Gesù, coinvolgente ed esaltante la nostra umanità e la nostra libertà dentro un popolo palpitante fraternità cristiana, uno spazio pieno e colorato, spalancato al bene di tutti e perciò salvezza dell’umanità; ti chiederei se anche a te paressero di aiuto le parole del Papa con l’Omelia 13/05: le cose di Dio non si possono capire solo con la testa, con le proprie idee, bisogna aprire il cuore allo Spirito Santo; voi non credete perché non fate parte delle mie pecore! Voi non credete perché siete usciti dal popolo, siete nell’aristocrazia dell’intelletto].
Questa prospettiva non significa affatto che possiamo inventarci qualsiasi cosa su Dio. Guai a chi pensa di riuscire a costruirsi da solo un’immagine adeguata della divinità: dietro di noi c’è sempre una tradizione in cui innestarci, una tradizione fatta di parole di Dio tradotte in parole umane.
Piergiorgio Cattani.