↑2024.12.14 <rai> La nuova frontiera della “GUERRA COGNITIVA” cinese: nell’hyperwar (iperguerra, guerra asimmetrica) c’è il dominio degli algoritmi della intelligenza artificiale, usati anche per disinformare e depistare l’avversario/concorrente, per corrompere il suo sistema informativo, per fiaccarne gli anticorpi difensivi. Anche nella seconda guerra mondiale fu fondamentale la “guerra cognitiva”.
«L’inganno è il Tao della guerra», scrisse ben 2.500 anni fa il generale cinese Sun Tzu (L’Arte della Guerra): «il meglio è sottomettere il nemico senza combattere»; vedi anche “Guerra senza limiti” scritto nel 1996 dai colonelli cinesi Qiao Liang e Wang Xiangsui sulla guerra asimmetrica, con strategia che assomiglia al vecchio gioco da tavolo WeiQi, di accerchiamento lento.
Anche coi social?
Il ruolo di TikTok in Cina è formare coscienza utile nei giovani, ad esempio facendoli pensare che studiare ingegneria sia cool (figo), mentre la versione occidentale di TikTok viralizza contenuti utili a rimbecillire. Mark Twain diceva che è più facile ingannare la gente che convincerla che è stata ingannata [CzzC: dissonanza cognitiva].
La democrazia per noi si basa sulla sovranità popolare, che, però, per i cinesi è la nostra debolezza: in che senso? Il confucianesimo imprigiona l’azione dell’uomo all’interno della società, proprio per addomesticare le sue passioni e correggerne i naturali difetti; senza la guida ferma dello Stato sulla società, secondo i cinesi prevarrebbe l’egoismo individualistico generatori di vizi contrari alla coesione sociale, scarsamente capace di progetti collettivi di lunga prospettiva, perché ciascuno guarderebbe solamente al proprio interesse immediato: ecco perché i cinesi contano su un potere politico controllato da una élite esclusiva e ben selezionata, capace di programmare obiettivi lontani.
[CzzC: non ritengo che i cinesi siano meno egoisti di noi occidentali, anzi, forse sono mediamente meno inclini alla solidarietà verso i più fragili che noi abbiamo attinto dal Cristianesimo; comunque, piuttosto che rinunciare alla attuale nostra libertà, per subire un regime con leggi e magistratura pilotati dall’elite del PCC di Tienanmen, preferisco accettare la maggiore difficoltà dei nostri sistemi nel prendere decisioni di lunga prospettiva condivise democraticamente; tuttavia dovremmo imparare dai cinesi a far rispettare le regole che ci diamo e a ridurre la montante indisciplina].