Misericordia, giudizio, relativismo, responsabilità nelle ESTERNAZIONI di Fr1
Traggo da <aldomariavalli 02/06/2016> misericordia e giudizio, i nodi al pettine e trovo la riflessione utile per il discernimento che dovremmo fare noi su quanto apprendiamo da Fr1, ma anche per quello che forse potrebbe essere meglio curato in alcuni pronunciamenti della Santa Sede, ancorché si definiscano esortazione - non magistero - sia esternazioni sia documenti ufficiali di Fr1.
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 30/06/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
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↑2016.06.02 <aldomariavalli> ... Fr1 vuol far capire a tutti, anche ai più lontani, che il Dio dei cristiani è un padre buono e accogliente, un Dio personale, sempre pronto a perdonare. [CzzC: non mi pare che i suoi predecessori presentassero diversamente il volto di Cristo, salvo guando GP2° gridò Dio contro i mafiosi, ma ritengo che Fr1 abbia uno speciale carisma nel far apparire più incontrabile dal cuore dell'uomo l'annuncio di Cristo portato dai cattolici, PICCONANDO L'IMMANE BARRIERA DI PREGIUDIZIO DI INTOLLERANZA MONTATA CONTRO DI LORO dalla cultura dominante come se i migliori cattolici fossero quelli che vogliono intentare un nuovo referendum abrogativo della 194] ... Di qui l'immagine della Chiesa ospedale da campo, dove si curano le ferite più profonde dell'anima ... Francesco sa bene che in Occidente la società non è più cristiana, ma pagana ... oggi la Chiesa, ha spiegato, ha una sola pecorella nel recinto e novantanove fuori. Il dovere del pastore è andare alla ricerca di quelle novantanove. E come può fare? Può forse partire dalla legge, dai precetti, dai doveri morali? Può forse parlare di contrizione, di pentimento, di senso del peccato, di timor di Dio? No di certo, pensa Francesco. ... [CzzC: io non direi " No di certo ", caro Valli, perché dipende dal contesto, visto che ha scomunicato i mafiosi e messo in dubbio il perdono di Dio ai corrotti; direi piuttosto che ha avvicinato il concetto di peccato a quello che la maggioranza considera maggior reato e sfumato il senso del peccato da ciò che non è reato, ad esempio dal 6° comandamento tra adulti]. Quando accenna alla dottrina, Francesco lo fa per lo più per stigmatizzare il comportamento degli esperti della legge, identificati con gli ipocriti farisei, interiormente corrotti, e per mettere in guardia dai sofismi dei teologi, la cui principale occupazione, dice il papa, è quella di rendere più difficile l'accesso alla Parola di Dio. C'è molta più fede nei semplici e nel popolo di Dio che non nei dottori della legge: così Francesco. Con il che, però, si dimostra un po' ingiusto, perché si può essere attenti alla dottrina senza essere necessariamente ipocriti farisei e teologi sofisti. Inoltre continua a non affrontare la questione del vero bene. Per Francesco l'importante è «accompagnare» l'uomo nel suo cammino, con sguardo misericordioso su tutte le sue contraddizioni e i suoi limiti, ma questa azione di accompagnamento, questa proposta light, non può bastare a se stessa. Le vanno date delle fondamenta.
La pastorale di per sé è una prassi e come tale ha bisogno di una dottrina a cui essere agganciata. Una pastorale senza dottrina, o costruita su una dottrina vaga e ambigua, può andare contro la verità evangelica. La pastorale, svincolata dalla legge, può diventare semplice consolazione di taglio sentimentale, privo di indicazioni circa il vero bene e la strada da seguire per la salvezza dell'anima. [CzzC: anche tu, Valli, rischi di soprassedere sul discernimento delle parole: sapresti spiegare in poche parole cosa sia la salvezza dell'anima? Quelle 99 pecorelle scappate dall'ovile forse non ti capirebbero o ti darebbero del teologo sofista: per salvezza intenderebbero (modo Mancuso) la giustizia in questo mondo e sull'anima forse darebbero ragione a Odifreddi che ritiene il buddismo più scientifico del cristianesimo proprio perché non parla di anima: a mio avviso la labilità dottrinale accusabile in molte delle esternazioni di Fr1 appare come lo scotto da pagare per l'obiettivo di farsi capire da quelle 99 pecorelle fuori dall'ovile, sperando che l'una resti paziente fedele] E se la Chiesa si limita a questo tipo di accompagnamento rischia di cedere, di fatto, alla logica del mondo.
Il papa raccomanda continuamente che la Chiesa sia missionaria e in uscita ma, contrariamente al suo predecessore, non sembra interessato alla questione della verità. [CzzC: invero l'ho sentito dire «mai negoziare la verità di Dio», ma posso convenire con te, caro Valli, nell'avvertire un senso di disorientamento, come se Fr1 con questo "mai negoziare" volesse sfumare la contraddizione del suo disdegnare l'appello ai "valori non negoziabili"; un senso di disorientamento che non provavo con i suoi predecessori, assai meno equivocabili, ma che perdono a Fr1 supponendo che si tratti di un inevitabile scotto da pagare per farci capire di più dai lontani]., Ecco l'origine del disagio che alcuni possono provare davanti ai suoi pronunciamenti.
Curare in che senso? Guarire come? Per approdare a che cosa? In un ospedale può lasciarsi curare e guarire chi non crede nei medici e nelle medicine? Bergoglio sul punto è sfuggente.
La Chiesa ha sempre considerato la dottrina in un solo modo, come via che porta a Dio. Certo, ha anche commesso errori, si è anche resa protagonista di misfatti, ma mai aveva messo in discussione il suo diritto-dovere di indicare la retta dottrina come strada verso Dio. La parola dottrina ha la stessa radice di dottore, di docente. Viene dal verbo dovere, insegnare. É uno strumento. La cui validità si giudica dal risultato: se conduce a Dio è vera, se non conduce a Dio è falsa. [CzzC: ricordo che nel mio CPP anni 200x il gruppo guida tifoso della teoglib, della virtù della disobbedienza, dei sedicenti nostalgici del '68, dei lontani che dovrebbero essere presenti nel CPP, mi ironizzava perché usavo la parola dottrina o magistero e curavo la carità non solo materiale professando che Dio è carità non che la carità è Dio; e invitavano Vito Mancuso a catechizzarci, spesato anche con soldi curiali; mi verrebbe da dire con te, caro Valli " La validità si giudica dal risultato", ma non mettiamo limiti alla Provvidenza, perché anche Mancuso attira attenzione a Dio, se questo fosse il criterio; per trasparenza ti dico che ho un criterio un tantino più ampio, sia di retta dottrina, sia di salvezza, un po' più esperienziale, della centuplo quaggiù, come verità e significato della mia vita].
In Collaboratori della verità (2006), Benedetto XVI diceva: «Quando la Chiesa denuncia i veri peccati di questa epoca (la distruzione della famiglia, l'uccisione di bambini non nati, le deformazioni della fede) le si contrappone un Gesù che sarebbe stato solo misericordioso. Viene formulata la massima: non si può essere cristiani a spese dell'essere uomini. E per «essere uomini" si intende ciò che pare e piace a ciascuno. Essere cristiani diventa così un optional gradito che non deve costare nulla. Ma Cristo è salito sulla Croce: un Gesù disposto a tollerare tutto non sarebbe stato crocifisso».
Juan Carlos Scannone, il teologo argentino amico di Bergoglio e come lui gesuita (teorico, con Lucio Cera, di quella Teologia del pueblo che ha influenzato non poco il papa attuale), spiega che con Francesco la Chiesa ha fatto proprio il paradigma del Concilio Vaticano II. Dal paradigma precedente, che era a-storico, perché partiva dal «dover essere» senza fare i conti con la realtà del tempo, siamo approdati al paradigma storico voluto da Giovanni XXIII, con la richiesta di tenere più conto del personale e del soggettivo. Un cambiamento, spiega padre Scannone, evidente nella Gaudium et spes, radice e ispirazione di Evangelii gaudium, dove si mette in pratica il metodo «vedere, giudicare, agire» che fu al centro della Conferenza dell'episcopato latinoamericano di Medellin (1968) e che la Chiesa del Sudamerica ha applicato fino alla Conferenza di Aparecida (2007), il cui documento finale, elaborato proprio sotto la guida di Bergoglio, è l'altra fonte di ispirazione di Francesco. Ecco perché, spiega Scannone, il papa è oggi impegnato nell'accompagnamento dei poveri, ecco perché denuncia la cultura dello scarto e chiede ai pastori attenzione e sollecitudine per ogni singola persona. La realtà è più importante dell'idea: Bergoglio lo diceva già nel 1974, quando era provinciale dei gesuiti. [CzzC: anch'io sostengo che l'esperienza è più importante dell'ideologia, e che questa nelle sue degenerazioni sovente calpesta l'evidenza dell'esperienza ...
continua con Valli: io riprenderò altri commenti se avrò tempo in seguito