modificato 05/10/2015

C’è un padre sinodale in più, San Gregorio Magno

 

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<espresso 04/10/2015>: come se non bastasse il Vangelo di questa domenica di inizio Sinodo, quello del famoso "L'uomo non separi ciò che Dio ha congiunto", nell’Uffcio delle letture (Liturgia delle Ore) di oggi, la 2ª lettura è un brano della "Regola pastorale" di san Gregorio Magno, che suona come un vigoroso monito ai padri sinodali e a tutti i pastori della Chiesa, affinché dicano parole di verità anche a costo di "perdere il favore degli uomini".

Da questo integrale estraggo sottolineati alcuni passaggi particolarmente appuntiti.

IL PASTORE SIA ACCORTO NEL TACERE, TEMPESTIVO NEL PARLARE

Dalla "Regola pastorale" di san Gregorio Magno, papa (Lib. 2, 4; PL 77, 30-31)

Il pastore sia accorto nel tacere e tempestivo nel parlare, per non dire ciò ch’è doveroso tacere e non passare sotto silenzio ciò che deve essere svelato. Un discorso imprudente trascina nell’errore, così un silenzio inopportuno lascia in una condizione falsa coloro che potevano evitarla. Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore degli uomini, non osano dire liberamente ciò ch’è giusto e, al dire di Cristo ch’è la verità, non attendono più alla custodia del gregge con amore di pastori, ma come mercenari. Fuggono all’arrivo del lupo, nascondendosi nel silenzio.

Il Signore li rimprovera per mezzo del Profeta, dicendo ... «Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun baluardo in difesa degli Israeliti, perché potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore» (Ez 13, 5). Salire sulle brecce significa opporsi ai potenti di questo mondo con libertà di parola per la difesa del gregge. Resistere al combattimento nel giorno del Signore vuol dire far fronte, per amor di giustizia, alla guerra dei malvagi.

Cos’è infatti per un pastore la paura di dire la verità, se non un voltar le spalle al nemico con il suo silenzio? Se invece si batte per la difesa del gregge, costruisce contro i nemici un baluardo per la casa d’Israele. Per questo al popolo che ricadeva nuovamente nell’infedeltà fu detto: «I tuoi profeti hanno avuto per te visioni di cose vane e insulse, non hanno svelato le tue iniquità, per cambiare la tua sorte» (Lam 2, 14). Nella Sacra Scrittura col nome di profeti son chiamati talvolta quei maestri che, mentre fanno vedere la caducità delle cose presenti, manifestano quelle future.

La parola di Dio li rimprovera di vedere cose false, perché, per timore di riprendere le colpe, lusingano invano i colpevoli con le promesse di sicurezza, e non svelano l’iniquità dei peccatori, ai quali mai rivolgono una parola di riprensione.

Il rimprovero è una chiave. Apre infatti la coscienza a vedere la colpa, che spesso è ignorata anche da quello che l’ha commessa.  ... .