MERITOCRAZIA: COMMEMNTO un’analisi del suo significato in una riflessione filosofica; 10 PROBLEMI su cui riflettere
Premesso che della meritocrazia ho un’accezione variabile (→qui) a seconda del contesto in cui si applica questo termine, leggo su glistatigenerali un’interessante riflessione sul significato della parola in titolo, che mi permetto di COMMENTARE a partire dalla esperienza che ho maturato in ambiti sia produttivi, sia non produttivi.
La meritocrazia è un valore o un disvalore? Intesa come sistema premiante il raggiungimento egli obiettivi, può essere un valore o un disvalore a seconda sia dalla natura degli obiettivi sia dei metodi applicati per raggiungerli. Discernere ad esempio tra il libro di Ettore Gotti Tedeschi (Dio è meritocratico) e le parole di Papa Fr1 (VT #22p5) “al di là della buona fede di tanti che la invocano, la meritocrazia sta diventando la legittimazione etica della disuguaglianza”.
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 05/01/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
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↑2015.02.15 estraggo stralci da <glistatigenerali>: Che cosa e perché non mi convince della meritocrazia? Ecco dieci problemi su cui occorre riflettere.
1. Implicazioni e presupposti della meritocrazia.
Come si definisce il merito? Chi lo valuta? affronterò poi alcune di queste domande.
Soprattutto, la meritocrazia presuppone una concezione antropologica assai discutibile: chi infatti può affermare di meritare ciò che ha? Nessun uomo ha meritato di nascere, la vita è un dato originario, provenga essa da Dio o dalle stelle o dal dna o dalla Storia. Nessuno può incidere sul che e sul come iniziale del proprio esistere, che esso piaccia o no.
[CzzC: in ambito produttivo la meritocrazia è correlata ad un sistema premiante basato sul rapporto costi benefici tra misure di entità osservabili, valutato dalla legge della domanda e dell’offerta (mercato). Io non merito tutto ciò che ho, la maggior parte l’ho avuto in dono, dalla vita all’educazione, altro me lo sono guadagnato rischiando tra saggezza ed errori le fatiche quotidiane; ma apprezzo che i beni che compero abbiano un prezzo stabilito da un sistema meritocratico, almeno finché lo stato non sia organizzato come societas così tanto cristiana-comunista da poter dare a ciascuno secondo i suoi bisogni e prendere da ciascuno secondo le sue possibilità: il comunismo reale ha stramato il cristianesimo più di chi ha cavalcato il capitalismo; il socialismo del 21° secolo arranca malamente.]
Spesso si propone l’equazione MERITO=INTELLIGENZA+IMPEGNO
[CzzC: no, purtroppo, la meritocrazia non misura parametri del soggetto, ma dell’oggetto prodotto; un datore di lavoro verso un dipendente impegnato, ma che produce male, potrà usare benevola comprensione, ma solo remore morali o vincoli contrattuali potranno indurlo a non sostituirlo con un lavoratore più produttivo]
Anche attribuire il merito ad un singolo risulta quasi sempre una forzatura.
[CzzC: esatto: infatti si premia il lavoro di squadra, perché, tranne in rari casi (l’artista, il singolo artigiano) sia il costo sia il beneficio del bene o servizio prodotto deriva dal lavoro di gruppo; infatti nel sistema premiante (il mio capo compilava per me una pagella annuale con oltre 20 voci di valutazione meritocratica) si tiene in alta considerazione le voce “risultato del lavoro di gruppo, creare clima e sinergie...”]
2. La meritocrazia è sempre in atto, ma non è questo il punto.
Ciò che fa la differenza non è che sia o meno premiato il merito, ma è cosa riteniamo meritevole. Se si vuole giustamente migliorare la società, è su questo che va fatta la battaglia, altrimenti si rischia di rimanere in vuoti formalismi.
[CzzC: esatto; quando un’azienda, che conosce bene i costi di un prodotto, sbagliasse a sopravalutare i benefici apprezzati dai compratori, fallirebbe il berak even e, se fosse monoprodotto, fallirebbe lei stessa. La società ha dinamiche che muovono in larga misura nel mondo produttivo (ma anche non, e quando sfuggisse la misurabilità, diverrebbe sfuggente anche il concetto di meritocrazia), dunque anche lo stato fallirebbe se sbagliasse per anni il budget al punto di creare un debito da latrocinio generazionale e se investisse su beni e servizi alterando quelle che la storia dirà se erano o meno le effettive priorità. Ad esempio, a fronte del fatto che abbiamo scuole con soffitti cadenti e alunni che devono portarsi da casa la carta per le fotocopie, la storia dirà da quale concetto di meritocrazia sia nata l’alterazione delle priorità configurata dal disegno di legge Fedeli n.1680, che vuole 200M€ per diffondere l’ideologia di gender nelle scuole, quando ne potrebbero bastare decine di volte meno per raggiungere anche meglio l’obiettivo dell’educazione sessuale e del contrasto all’omofobia (qui un’idea-esempio). Hai ragione: il punto è cosa riteniamo prioritariamente meritevole delle nostre energie?]
3. Cosa è meritevole? L’opzione culturale.
Non si può considerare il merito secondo parametri universali
[CzzC: convengo che sarebbe velleitario ipotizzare un paradigma universale da applicare a tutte le entità sottoponibili a giudizio di merito; infatti il giudizio di valore, come tutti i giudizi, comprese le leggi fisico-matematiche, valgono in un ambito limitato di applicazione, chiamato dominio per le funzioni matematiche, condizioni al contorno per la fisica, contesto per il buon senso. Ma siccome alla fin fine abbiamo a che fare con persone oltre che con le cose, se vogliamo moderare il diritto della forza (comunque prevalente, darwinismo) con la forza del diritto, dobbiamo convenire su alcuni valori universali basati sulla dignità della persona, da mettere al riparo perfino del criterio di maggioranza: da qui la nostra dichiarazione universale dei diritti umani (diversa da quella islamica) e da qui tanti danni da violazione (ad esempio basterebbe che l’islam applicasse l’Art18 della nostra dichiarazione facoltizzando anche agli islamici a cambiare impunemente credo e cesserebbe il 90% dei crimini commessi in suo nome)].
4. Cosa è meritevole? Lo spazio delle scelte personali.
Quali curricula sono più meritevoli?
[CzzC: la vera meritocrazia non guarda i curricula, ma i risultati; vedi la differenza di efficacia ed efficienza del lavoro nella pubblica dipendenza (dove chi entra in ruolo per titoli ed esami ha praticamente raggiunto il suo obiettivo della vita) e quello della dipendenza privata dove il monitoraggio del risultato finisce solo con la quiescenza; hai mai visto un imprenditore dare un posto a tempo indeterminato solo sulla base di curricula anziché dopo aver appurato quanto effettivamente gli rende, a meno che non abbia da accontentare il raccomandato politico o mafioso?]
5. Il rischio del servilismo.
In ambito lavorativo (e non solo) è abbastanza comprensibile che risulti meritevole chi consegue obiettivi stabiliti dai propri superiori.
[CzzC: se gli obiettivi aziendali sono giusti, non solo è comprensibile ma è anche doveroso che il sistema premiante sia rapportato al raggiungimento degli obiettivi, altrimenti l’azienda perde; gli stessi lavoratori si arrabbiano maledettamente se vedono che il capo premia più la minigonna, il lecchino, il raccomandato, piuttosto che il vero produttivo; l’azienda seria sa distinguere la critica costruttiva (non vuole yes man) dalla polemica sterile contagiata da sessantonite tipica di certo sindacalismo nostrano anziché germanico.]
6. L’adorazione del Denaro
Spesso è valutato più meritevole l’atteggiamento economicamente più fruttuoso
[CzzC: ok, se per fruttuoso intendi quello che ha il miglior rapporto costi-benefici; chi invece facesse una questione di utile netto/anno/ristretto senza guardare il beneficio futuro/allargato applicherebbe male il sistema meritocratico, perché rischierebbe di pregiudicare il futuro dell’azienda/comunità; ma il mondo è pieno di adoratori della dea pecunia che è tipicamente miope, perciò, ecco gli gnomi della finanza Us inondare il mondo di titoli tossici (massimizzare i guadagni di pochi, socializzare le perdite); ecco i manager che massimizzano l’utile di quest’anno per massimizzare la loro provvigione, pur sapendo che lasceranno ad altri gestire dolorosamente un’azienda scarnificata; ecco la mia generazione che ha goduto i benefici creati con un debito pubblico da latrocinio generazionale sulle spalle dei nostri figli e nipoti; ma questa non è meritocrazia, è ruberia applicata con il diritto della forza di chi agisce prima, contro la forza del diritto di chi verrà dopo; certo, per dire che non è vera meritocrazia, occorrerebbe convenire su quei valori universali di cui sopra, basati sulla dignità della persona in relazione comunitaria, non sull’arbitrio del singolo individuo o sul concetto di libertà e dignità cui, per interessi militar-finanziari, abbiamo permesso che si riferiscano collusi regimi della sharia sublimando una loro dichiarazione universale dei diritti umani che pare fatta apposta per poter uccidere abiuri e blasfemi: la stiamo pagando cara col terrorismo]
7. Timeo Britannos, et mora ferentes.
Non mi fido degli anglosassoni. Non mi convincono la loro libertà individualistica né la loro trasparenza efficientistica. Ho simpatia per i difetti italici, per il nostro essere recalcitranti alle regole, per un orgoglioso e cocciuto senso di libertà un po’ anarchico che porta i nostri dittatori a dire prima o poi che non è possibile governarci.
[CzzC: lascerei i confronti tra anglosassoni, tedeschi, italiani alle classiche barzellette, perché sono convinto (e non solo in quanto trentino, ex amministrazione asburgica che, ad esempio, ha l’efficientissimo Tavolare anziché il solo catasto) che al bene comune fa assai meglio la buona amministrazione tedesca che l’italiana mafiosa azzeccagarbugli con tanti avvocati in Lombardia come in tutta la Francia e milioni di cause pendenti da anni. Convengo invece che il cattolicesimo abbia alimentato quel tessuto di solidarietà (a differenza dell’individualismo liberista del capitalismo di matrice protestante) che si esprime non solo nel diffuso volontariato italico, ma anche nella straordinaria densità di aziende cooperative e a conduzione quasi familiare (le PMI che il mondo ci invidia) ben più dense che nelle aree a matrice protestante, ma faresti un paralogismo a intersecare questa realtà con la meritocrazia, quantomeno per questi elementi di disgiunzione:
- le cooperative e le PMI non disdegnano la meritocrazia come suddetta (rapporto -costo/benefici), che vedo, invero, apprezzata anche nelle associazioni di volontariato
- in molti paesi del cosiddetto individualismo libertario, ad esempio in Uk, la famiglia è più aiutata che in Italia; sempre in Uk si chiamano public schools (e le esaltano) quelle che da noi Cgiellini e massoni vituperano col termine di scuole private anziché chiamarle scuole paritarie, proprio perché gli insegnanti della scuola pubblica temono la concorrenza delle paritarie se i genitori potessero sceglierle in base al sistema meritocratico (risultati) col buono scuola anziché doversi svenare.
- gli anglosassoni hanno cominciato a riformare il loro sistema produttivo, evolvendo dall’individualismo libertario verso un concetto di valenza sociale dei beni prodotti, ovviamente lavorando con l’efficacia e l’efficienza che loro consente un adeguato sistema meritocratico, mentre noi siamo tentati di scimiottare l’Argentina o la Grecia pensando di poter cancellare il nostro debito pubblico se lo permetteranno anche ai nostri simil-scialacquoni. Aspetta e spera ... Ma forse è meglio che il governo si decida a tagliare la non meritocratica pletorica P.A. se no ci tocca espatriare nei paesi anglosassoni. E mi pare che stia accadendo.]
8. Meritocrazia e tafazzismo italico.
l’impressione è che in IT ci sia una tendenza autolesionista, una necessità di creare delusione, ...
[CzzC: vero, dovremmo esaltare di più le intraprese virtuose, e ci sono, mentre i TG e la carta stampata guadagnano notoriamente attenzione più sugli scandali e le cose che non vanno, per cui si debba protestare dando la colpa sempre agli altri, essendo la nostra generazione stata mal-educata, contagiata dalla sessantonite che ha pervaso scuola, cultura, pubblica dipendenza, giustizia, sindacati, in una maniera ben superiore a quella del mondo anglosassone: in Germania hanno impiegato pochi mesi per eliminare la Rote Armé Fraction e sono i sindacati a pagare la cassa integrazione e ridevano di noi per la scempiaggine di meritocrazia che inventammo con le baby-pensioni o con la scala-mobile che fecero schizzare l’inflazione al 18%. Ma, guarda caso, se dovessimo elencare gli esempi più virtuosi da raccontare, troveremmo che l’intersezione tra le intraprese virtuose e la meritocrazia è assai popolata.
9. Chi e come valuta? Da Dio a Tripadvisor.
Nella scuola la valutazione non è necessariamente proporzionale al merito
[CzzC: ovviamente, l’alunno da valutare è una persona in formazione, dove i parametri soggettivi sono determinanti (attitudini, potenzialità, lacune, disturbi, famiglia alle spalle, ...) e, soprattutto nei primi anni, è una propaggine della famiglia, cui abbiamo detto che la meritocrazia dei costi/benefici del sistema produttivo mal si addice. Al crescere dell’età, e soprattutto all’Università, ecco che può tornare un sistema di misurazione più prossimo alla meritocrazia costi/benefici, ma è soprattutto il risultato dell’attività dell’insegnante che deve essere sottoposto a valutazione meritocratica, e non solo da parte del preside, ma anche da parte dell’utenza, come avviene in altri ambiti dei servizi, il che sarebbe possibile solo se ci fosse almeno un po’ di concorrenza effettiva, come nella sanità dove ci è rispettato un certo margine di scelta del medico e dell’ospedale curante senza decuplicarci i costi].
Tripadvisor?
[CzzC: questo sistema tende a misurare il merito, ma attualmente non dà la certezza di misurare l’effettivo risultato: chi ci assicura che certi giudizi web positivi non siano comperati dal lodato o certi negativi comperati per molestare la concorrenza? Occorrerebbe la certezza che ogni giudizio di merito sia, quantomeno, legato ad un atto di acquisto e consumazione del bene giudicato].
10. Un’educazione meritocratica rischia di generare mostri.
Affermare il merito come valore fondamentale del nostro vivere comune, o ancor meglio affermare che il merito dovrebbe essere il valore fondamentale, ma purtroppo così non è e quindi è un disastro come educa i nostri fratelli uomini?
[CzzC: è importante educare affermando il merito come valore fondamentale nei consumi e nel lavoro, ma non come valore esclusivo pervasivo di tutta la nostra esperienza, a meno che non estendiamo il significato della parola merito dal mondo produttivo a quello dei valori legati alla dignità della persona, concepita ben più che un oggetto del sistema produttivo: l’educando ha bisogno di sperimentare la gratuità dell’amore, altrimenti la sua felicità sarà compromessa, perché il cuore dell’uomo non è fatto per la partita doppia; ma mentre la legge della meritocrazia si impara (con le persuasione o con la dissuasione) spontaneamente come legge di natura (concorrenza tra forti e deboli) la legge dell’amore non si impara se non per esperienza, soprattutto parentale. Questo è il dramma dell’uomo d’oggi, non la meritocrazia del mondo dei beni e servizi, che è cosa buona, ma l’assenza della sua umana complementarietà, il valore della fratellanza, l’amore. Forse non a caso è occorso un uomo speciale a rivelarcela, tanto speciale che si è definito Dio; forse non a caso anche gli illuminati di Charlie Hebdo han fatto un grande casino con l’individualistica ed assolutistica pretesa della libertà ed uguaglianza, dimenticando la fraternità].