8 SETTEMBRE 1943: fine dello stato; supplisce forza della comunità e fede
con la viltà dei reggenti lo stato provocò la sua disgregazione e perfino il dissolvimento della difesa militare, lasciando l’esercito senza ordini: fine dello stato nato dal massonico risorgimento. Supplì la forza dei vincoli comunitari di base e della fede cattolica; fu ri-giustificata l’antica sfiducia nei confronti del potere; re in vil fuga.
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 12/11/2018; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
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↑2017.07.23 Qui dovrei raccontare più estesamente come il giorno dopo l’8 settembre 1943 mio padre assieme ai suoi commilitoni fu lasciato fuggire dalla caserma ... di Bologna, grazie ad un colonnello che diede del pazzo a suo fratello che la comandava e che voleva farla difendere da quei poveri soldati malarmati contro i panzer tedeschi ... continua
↑2008.09.13 <corriere> Quell'8 settembre l'Italia smarrì l'idea di bene pubblico nazionale. L'antica capacità di adattamento e i partiti al posto della patria. ... la repentina disgregazione sia dell'apparato militare sia delle strutture fondamentali dell'amministrazione pubblica. Strettamente collegata a tale disgregazione, in gran parte causa di essa, fu la clamorosa inadeguatezza - fatta di errori, paure, incompetenza, viltà - di quanti rappresentavano allora lo Stato ai massimi livelli, civili e militari. Il minuzioso racconto degli eventi fatto qualche anno fa da Elena Aga Rossi ( Una nazione allo sbando , il Mulino) rappresenta l'agghiacciante prontuario della pochezza di una classe dirigente, che provocò la liquefazione dell'intero dispositivo militare italiano, lasciato dai suoi vertici senza ordini, e il crollo dello Stato nato dal Risorgimento, simboleggiato dalla fuga del re da una capitale abbandonata a se stessa. ... Di fronte al collasso delle strutture statali successivo all'8 settembre, la gran parte della popolazione - militari e civili - reagì cercando sostegno e protezione nei legami familiari e nelle reti elementari di solidarietà basate sulle relazioni interpersonali. Reagì, cioè, facendo ricorso a legami e sentimenti di tipo «orizzontale», che scontavano l'assenza o marginalità del rapporto «verticale» con le strutture - amministrative e simboliche - dello Stato. In un certo senso, si ritornava alla situazione preesistente il 1861, con il riemergere dei caratteri profondi dell'antropologia italiana, al di là delle sue varianti regionali, spesso radicati nella tradizione cattolica del paese: capacità di adattamento e sopportazione, disponibilità a prestare soccorso agli sconosciuti, forza dei legami familiari e dei vincoli comunitari di base, un'antica sfiducia nei confronti del potere. La crisi delle strutture, ma anche dell'immagine e dei valori legati allo Stato nazionale doveva proiettare la sua ombra sui decenni successivi, anche per un fatto ben noto. Nell'Italia repubblicana il principale partito di governo, la Dc, e il principale partito di opposizione, il Pci, erano entrambi eredi di forze - i cattolici e i socialisti - estranee alla tradizione del Risorgimento [CzzC: massonico, anticattolico]. ... Naturalmente, si può ritenere - qualcuno lo ha sostenuto - che la crisi dello Stato nazionale e dell'idea di patria o nazione non costituisca oggi un gran danno. Resta il dubbio che senza l'uno e l'altra - senza uno Stato nazionale autorevole ed efficiente, senza una minima percezione di appartenere a una stessa comunità nazionale - sia destinata però a perpetuarsi quella mancanza di un'etica del bene pubblico di cui soffre il nostro Paese [CzzC: chissà se riuscirà a ricostruire un’etica del bene pubblico chi mette le sue priorità politiche (ancora una volta col vecchio vizio) al servizio delle solite matrici del mainstream fino a cancellare il nome di padre e madre dai registri sostituendoli con genitore1 e genitore2 e dandosi da fare per negare ad un concepito il diritto di non essere programmato a nascere per essere ceduto a due gay]