REGOLE PIÙ RIGIDE PER I TEST SUGLI ANIMALI
Complice la distrazione di tanti saggi parlamentari, i filo-animalisti italiani in parlamento approvano un testo di legge che regola la sperimentazione medica sugli animale in maniera più restrittiva di quanto previsto dalla normativa europea, minacciando l’apporto dei ricercatori italiani allo sviluppo delle conoscenze biologiche e mediche, visto che siamo il solo Paese ad aver introdotto regole così restrittive (ad es. divieto degli xenotrapianti, sui quali poggiano attualmente significativi progressi in ambito oncologico).
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 08/01/2022; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
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↑2013.08.02 traggo da <Avvenire p10> Regole più rigide per i test sugli animali
Gli scienziati: così la ricerca è impossibile. Esultano gli animalisti: norma di civiltà
DI EMANUELA VINAI
L’ approvazione da parte della Camera dell’articolo 13 della legge di delegazione europea che regola la sperimentazione animale, ha rinfocolato le polemiche. Il voto favorevole è arrivato al termine di un intenso dibattito che ha visto schierarsi ricercatori e scienziati nel lanciare numerosi appelli a difesa della sperimentazione sugli animali. La risoluzione approvata, denunciano i ricercatori pro-test, produrrà gravi interferenze con la corretta sperimentazione animale. La direttiva viene recepita in maniera più restrittiva, in particolare nella parte relativa all’allevamento e alla proibizione di xenotrapianti, “fondamentali” per la ricerca clinica e la sicurezza delle applicazioni sulle terapie per gli esseri umani. Per Vito Michele Fazio,ordinario di Medicina di Laboratorio presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, «il testo approvato presenta alcune incongruenze rispetto all’avanzamento della ricerca scientifica in questo momento». Contraddizioni e ambiguità già segnalate dalla lettera aperta di un gruppo di ricercatori, tra cui Giovanni De Gaetano, Direttore Dipartimento Epidemiologia e Prevenzione Istituto Neurologico Mediterraneo (Neuromed) e Giuseppe Remuzzi, Presidente International Society of Nephrology, in cui si chiedeva l’apertura di «un dibattito trasparente e razionale prima di assumere decisioni irreparabili e che il Parlamento recepisca la direttiva europea nella sua formulazione originale, elaborata anche con il contributo delle più importanti organizzazioni animaliste europee».
Molto critico Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, che aveva evidenziato come «gli emendamenti alla direttiva europea sulla sperimentazione animale avrebbero come conseguenza principale quella di diminuire l’apporto dei ricercatori italiani allo sviluppo delle conoscenze biologiche e mediche, visto che siamo il solo Paese ad aver introdotto regole così restrittive».
Le difficoltà nascono dalle modifiche alla normativa – già approvata in altri Paesi europei – che introducono limitazioni non previste dal testo originario. «Gli animali vanno rispettati in quanto esseri viventi – spiega Fazio – per questo nella programmazione dell’attività di ricerca è indispensabile sempre chiedersi se l’uso animale nella sperimentazione è giustificato. Ma, parlando di xenotrapianti, non possiamo non ricordare che in questo momento i progressi in ambito oncologico poggiano significativamente su questo tipo di ricerca, già anche a livello diagnostico-clinico ». Altro punto caldo è quello relativo all’obbligo dell’anestesia durante la sperimentazione. «Norma ambigua » precisa Fazio, che ricorda come già la normativa attuale preveda l’uso di analgesia in caso di test che possano provocare dolore, ma un’applicazione acritica della norma può inficiare i risultati della ricerca: «D’altra parte si impedisce la sperimentazione sulle molecole di abuso, tra cui rientrano anche molti degli analgesici ed anestetici». Allo stato attuale però, ancora nulla cambia, poiché «sarà il governo a disciplinare la materia secondo i criteri ampi delineati dal Parlamento – come ha ricordato Vannino Chiti, presidente della commissione Politiche dell’Unione europea del Senato – tenendo rigorosamente fermi tre punti cardine: non andare contro la direttiva provocando un procedimento di infrazione nei confronti dell’Italia; non entrare in contraddizione con la farmacopea e la legislazione europea e internazionale; non determinare aumenti di spesa».
«È necessario aggiungerne un quarto», ribatte Vito Michele Fazio. «La legge di attuazione dovrà anche essere coerente con il contesto dei finanziamenti e della ricerca scientifico-tecnologica europea, diversamente tutta la ricerca scientifica italiana sarebbe tagliata fuori dai panel di ricerca europei». Con un danno economico e scientifico difficilmente quantificabile. Perplessità anche sul punto che impegna il governo a «orientare la ricerca all’impiego di metodi alternativi», perché fondamentalmente giusto ma ambiguo, dal momento che per tutta una serie di fattispecie, la sperimentazione animale non ha un’alternativa. Anche se molte metodologie di ricerca, soprattutto nell’ambito della ricerca di base, indagano i componenti cellulari, e quindi non necessitano della sperimentazione animale, in tutti gli altri casi, superata la prima fase teorica e centrata sul singolo meccanismo molecolare/cellulare, è poi assolutamente ncessaria una verifica su un organismo complesso. Chiarisce Fazio: «Una volta che si è appurato il meccanismo con cui funziona il singolo componente, poi è necessario verificarne l’efficacia terapeutica e la tossicità su un sistema complesso, tenendo conto di fattori imprescindibili come la risposta immunitaria o le interazioni con il sistema endocrino, il sistema circolatorio, il sistema nervoso, etc. Inattesa della legge attuativa, si spera nel dialogo e nel confronto».
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