Tribunale di Rovereto decreta donna un uomo

il 60enne dal 2009 seguiva una terapia ormonale femminilizzante; il tribunale sentenzia non necessario l'intervento chirurgico per consentire la rettifica dell'atto di nascita.

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 19/01/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

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2013.08.01 Traggo da l'Adige a pag 26 60enne si sente una donna e agli altri si presenta come tale. Ma a quella vita in «rosa» corrispondeva un nome maschile.

Adesso, però, grazie ad una sentenza del Tribunale di Rovereto - presidente Corrado Pascucci, con i giudici Mariateresa Dieni e Ilaria Cornetti - una trans trentina, assistita dall'avvocato Alexander Schuster, ha ottenuto il via libera alla rettifica del suo sesso anagrafico anche senza sottoporsi ad un intervento chirurgico per adeguare i caratteri sessuali. Si tratta di una sentenza destinata a fare scuola: è la prima in Trentino e la quarta in tutta Italia, visto che fino ad ora solo il Tribunale di Roma aveva deciso in tale senso.

L'Italia, dopo Svezia e Germania, fu il terzo Paese europeo ad introdurre una legge - la 164 del 1982 - che consente alle persone transessuali di rivolgersi al giudice per ottenere la rettificazione del sesso registrato presso l'anagrafe. Un passaggio che, per anni, è andato di pari passo con un percorso di conformazione chirurgica del corpo al genere percepito dalla persona trans. Tanto che la legge prevede che il giudice autorizzi l'intervento demolitivo o ricostruttivo degli organi genitali.

Ma, nel caso approdato davanti al Tribunale di Rovereto- una transgender 60enne che dal 2009 segue una terapia ormonale femminilizzante e che dal 2010 si presenta con identità femminile - la ricorrente pure sentendosi psicologicamente donna, ha deciso di non sottoporsi ad alcun intervento chirurgico, soprattutto a fronte dei rischi per la salute. [CzzC: capito come funziona il diritto della forza (ideologica in questo caso) contro la debole forza del diritto suggerirebbe di provvedere a ben maggiori priorità disattese?] Ma, benché la legge italiana non vincolasse formalmente la rettifica del sesso all'intervento chirurgico e alla sterilità, fino ad ora i giudici avevano sempre sposato questa interpretazione, facendo andare di pari passi identità di genere e adeguamento dei connotati sessuali o, quantomeno, al raggiungimento della sterilità. Un indirizzo superato da questa sentenza. «Ritiene questo Tribunale di poter condividere l'orientamento espresso dal tribunale di Roma - si legge invece nella sentenza - secondo il quale nei casi di transessualismo accertato il trattamento medico chirurgico previsto dalla legge 164/82 è necessario nel solo caso in cui occorre assicurare al soggetto transessuale uno stabile equilibrio psicofisico, qualora la discrepanza tra psicosessualità ed il sesso anatomico determini nel soggetto un atteggiamento conflittuale di rifiuto nei confronti dei propri organi genitali, chiarendo che laddove non sussista tale conflittualità non è necessario l'intervento chirurgico per consentire la rettifica dell'atto di nascita» [CzzC: con relativi costi socio-amministrativi P.A. non indifferenti (ma vien fatta valere la socializzazione delle perdite, 1° indicatore di potenti matrici) sia del tribunale sia dell’anagrafe per queste capricciose rettifiche, in onta alla spending review che intacca sanità, ricerca, scuola; siccome va cambiato anche il codice fiscale, chiedi a chi se ne intende di organizzazione amministrativa: ti direbbe dell’enormità dei costi di tempo e risorse indotti dalla gestione delle eccezioni quando si ammette la modifica del codice identificativo di un’entità; ma credi tu che certi legulei si preoccupino dei costi sociali indotti da capricci individuali tifati dai potenti e sublimati come diritto civile? I loro stipendi li mettono al riparo dalle preoccupazioni dei cittadini normali].

Un'interpretazione, come ricordano i giudici, che si àncora anche ai dettami della Costituzione (tutela della dignità e della salute della persona).

Ecco perché in questo caso il Tribunale ha accolto la richiesta di riattribuzione del genere anagrafico pure in assenza dell'intervento chirurgico. «Durante il percorso psicologico della durata di cinque anni, ha espresso con continuità il desiderio di ottenere e mantenere un aspetto femminile.

Il suo aspetto è gradevolmente femminile e si presenta al femminile - ricordano i giudici, richiamando la relazione medica - Nella stessa relazione si legge che la paziente esclude di sottoporsi nell'immediato ad intervento chirurgico di rassegnazione poiché con la terapia ormonale ha ottenuto l'equilibrio che le dà benessere. La medesima relazione conclude affermando "in considerazione delle condizioni personali ed attuali di (...) una tale operazione presenta inevitabili rischi per la salute e, quando non ritenuta necessaria dal soggetto, sarebbe produttiva di rilevanti squilibri». F.P.