modificato 30/09/2017

 

Se non esistono più maschio e femmina, allora non esiste più neppure la famiglia come realtà ...

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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri.

 

FAMIGLIA e gender: la concezione di famiglia mette in gioco la concezione dell’essere umano, cosa significa essere uomini.

DIALOGO: fare della responsabilità comune per la giustizia e per la pace il criterio di fondo del colloquio: un dialogo in cui si tratta di pace e di giustizia diventa da sé una lotta etica circa la verità e circa l’essere umano

NUOVA EVANGELIZZAZIONE: la parola dell’annuncio diventa efficace là dove nell’uomo esiste la disponibilità docile per la vicinanza di Dio; “Venite e vedrete!’ Abbiamo trovato Colui, del quale è in attesa tutto il mondo.

 

 

Trassi da Tempi.it 21/12/2012

Benedetto XVI: «Se non esistono più maschio e femmina, allora non esiste più neppure la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione».

 

Dicembre 21, 2012 Redazione

Discorso del Papa alla Curia romana su famiglia (e sesso), capacità di dialogo e nuova evangelizzazione. «Chi difende Dio, difende l’uomo»

Questa mattina Benedetto XVI ha ricevuto i cardinali, i rappresentanti della Curia romana e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, per il tradizionale scambio di auguri natalizi. Dopo aver ripercorso alcuni degli eventi più significativi di quest’anno (visita in Messico e a Cuba, viaggio in Libano, Family day e Sinodo), il Papa ha voluto «riflettere un po’ più dettagliatamente soprattutto sul tema della famiglia e sulla natura del dialogo, per aggiungere poi ancora una breve annotazione sul tema della Nuova Evangelizzazione».

Riportiamo alcuni stralci del suo discorso.

FAMIGLIA E GENDER. «La grande gioia con cui a Milano si sono incontrate famiglie provenienti da tutto il mondo ha mostrato che, nonostante tutte le impressioni contrarie, la famiglia è forte e viva anche oggi. ...  si è reso evidente che nella questione della famiglia non si tratta soltanto di una determinata forma sociale, ma della questione dell’uomo stesso – della questione di che cosa sia l’uomo e di che cosa occorra fare per essere uomini in modo giusto. Le sfide in questo contesto sono complesse. C’è anzitutto la questione della capacità dell’uomo di legarsi oppure della sua mancanza di legami. ... Può l’uomo legarsi per tutta una vita? Corrisponde alla sua natura? Non è forse in contrasto con la sua libertà e con l’ampiezza della sua autorealizzazione? L’uomo diventa se stesso rimanendo autonomo e entrando in contatto con l’altro solo mediante relazioni che può interrompere in ogni momento? Un legame per tutta la vita è in contrasto con la libertà? Il legame merita anche che se ne soffra? Il rifiuto del legame umano, che si diffonde sempre più a causa di un’errata comprensione della libertà e dell’autorealizzazione, come anche a motivo della fuga davanti alla paziente sopportazione della sofferenza, significa che l’uomo rimane chiuso in se stesso e, in ultima analisi, conserva il proprio “io” per se stesso, non lo supera veramente. Ma solo nel dono di sé l’uomo raggiunge se stesso, e solo aprendosi all’altro, agli altri, ai figli, alla famiglia, solo lasciandosi plasmare nella sofferenza, egli scopre l’ampiezza dell’essere persona umana. Con il rifiuto di questo legame scompaiono anche le figure fondamentali dell’esistenza umana: il padre, la madre, il figlio; cadono dimensioni essenziali dell’esperienza dell’essere persona umana.

Il Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim, in un trattato accuratamente documentato e profondamente toccante, ha mostrato che l’attentato, al quale oggi ci troviamo esposti, all’autentica forma della famiglia, costituita da padre, madre e figlio, giunge ad una dimensione ancora più profonda. Se finora avevamo visto come causa della crisi della famiglia un fraintendimento dell’essenza della libertà umana, ora diventa chiaro che qui è in gioco la visione dell’essere stesso, di ciò che in realtà significa l’essere uomini. Egli cita l’affermazione, diventata famosa, di Simone de Beauvoir: “Donna non si nasce, lo si diventa” (“On ne naît pas femme, on le devient”). In queste parole è dato il fondamento di ciò che oggi, sotto il lemma gender”, viene presentato come nuova filosofia della sessualità. Il sesso, secondo tale filosofia, non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi. La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente. L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela. Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina. Questa dualità è essenziale per l’essere umano, così come Dio l’ha dato. Proprio questa dualità come dato di partenza viene contestata. Non è più valido ciò che si legge nel racconto della creazione: “Maschio e femmina Egli li creò” (Gen 1,27). No, adesso vale che non è stato Lui a crearli maschio e femmina, ma finora è stata la società a determinarlo e adesso siamo noi stessi a decidere su questo. Maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esistono più. L’uomo contesta la propria natura. Egli è ormai solo spirito e volontà. La manipolazione della natura, che oggi deploriamo per quanto riguarda l’ambiente, diventa qui la scelta di fondo dell’uomo nei confronti di se stesso. Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura. Maschio e femmina vengono contestati nella loro esigenza creazionale di forme della persona umana che si integrano a vicenda. Se, però, non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione.

[CzzC: la maggioranza parlamentare UE che ha ri-legiferato in questi giorni in tema di famiglia è convinta che la famiglia esista ben a prescindere da questa considerazione del Papa e non intende rinunciare al significato del termine famiglia, ma colonizzarlo con sua accezione onnicomprensiva attraverso un’operazione di imeprialismo culturale; famiglia per quegli esponenti della cultura dominante è già da un pezzo un’entità che

- prescinde dalla creazione dell’uomo e dell’universo: se la ridono i vincenti UE di queste parole del Papa (un po’ meno di quelle del rabbino, ma solo perché di ebrei che votano con loro contro i cattolici ne contano assai);

- prescinde anche dalla creazione di nuova vita umana, perché oggi si può comperare tutto quel che serve e smaltire il superfluo;

- non prescinde dagli affetti, purché siano rescindibili ad libitum e senza vincoli di orientamento, perfino non solo LGBT; cosa vorrei dire?

- Certi soloni illuminati tifosi di potenti matrici della cultura dominante quando legiferano di legami familiari intendono per ora quelli di coppia finalizzati a vedersi riconosciuto il diritto di adozione, che ben sanno essere il supremo criterio di equiparazione con le coppie eterosex (matrimonio di serie A per tutti)e, dunque, il supremo criterio di discriminazione se non avessero quel diritto (vedi miei commenti qui), ma il loro processo di estensione del significato del termine famiglia non è compiuto: vedrai come lo forzeranno in ulteriore estensione per rivendicare il diritto di adozione non solo per i single, non solo per i gay, ma anche per i gruppi poligami e per i gruppi LGBT con libero scambio di partners, perché gli psicologi potrebbero dimostrare che i cuccioli d’uomo allevati all’interno di tali gruppi parentali crescerebbero meglio tutelati con una molteplicità di riferimenti, come avveniva una volta per i bambini che crescevano nelle aie delle fattorie accuditi da sorelle, cugine, zie, nonne e cani tanto bene che quasi non sapevano chi fossero i loro genitori, mentre nei collegi gli orfanelli avevano una molteplicità di figure autorevoli di riferimento, anzi, quasi tutte donne/suore.

- Ai tifosi di cui sopra basterà questa estensione?
Forse sono già applicati allo studio di fattibilità #3: estendere il significato del termine famiglia agli animali di casa: a chi restasse insoddisfatto dai legami flessibili di cui sopra, che coraggio avresti di negare riconoscimento civile al legame con la sua cagnolina, che gli resterebbe come ultima spiaggia affettiva?

- Ai tifosi di cui sopra basterà quest’ultima estensione sul riconoscimento di unione con una tazza?

Stiamo sereni, non prevalebunt, perché il cuore dell’uomo e della donna naturali hanno una strutturale domanda di significato, di pienezza e di infinito, che resta insoddisfatta dai normalizzatori di capricci, e trova risposta più conforme incontrando volti e cuori spalancati alla Presenza del divino nella storia di cui questa riflessione del Papa documenta una chiara impronta].

Ma in tal caso anche la prole ha perso il luogo che finora le spettava e la particolare dignità che le è propria. Bernheim mostra come essa, da soggetto giuridico a sé stante, diventi ora necessariamente un oggetto, a cui si ha diritto e che, come oggetto di un diritto, ci si può procurare. Dove la libertà del fare diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò, infine, anche l’uomo quale creatura di Dio, quale immagine di Dio viene avvilito nell’essenza del suo essere. Nella lotta per la famiglia è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo».

DIALOGO. «Con ciò vorrei giungere al secondo grande tema (…): la questione cioè del dialogo e dell’annuncio. Parliamo anzitutto del dialogo. Vedo per la Chiesa nel nostro tempo soprattutto tre campi di dialogo nei quali essa deve essere presente, nella lotta per l’uomo e per che cosa significhi essere persona umana: il dialogo con gli Stati, il dialogo con la società – in esso incluso il dialogo con le culture e con la scienza – e, infine, il dialogo con le religioni. In tutti questi dialoghi, la Chiesa parla a partire da quella luce che le offre la fede. Essa, però, incarna al tempo stesso la memoria dell’umanità che, fin dagli inizi e attraverso i tempi, è memoria delle esperienze e delle sofferenze dell’umanità (…).

La cultura dell’umano, di cui essa si fa garante, è nata e si è sviluppata dall’incontro tra la rivelazione di Dio e l’esistenza umana. La Chiesa rappresenta la memoria dell’essere uomini di fronte a una civiltà dell’oblio, che ormai conosce soltanto se stessa e il proprio criterio di misure. Ma come una persona senza memoria ha perso la propria identità, così anche un’umanità senza memoria perderebbe la propria identità. (…) Nel dialogo con lo Stato e con la società, la Chiesa certamente non ha soluzioni pronte per le singole questioni. Insieme con le altre forze sociali, essa lotterà per le risposte che maggiormente corrispondano alla giusta misura dell’essere umano. Ciò che essa ha individuato come valori fondamentali, costitutivi e non negoziabili dell’esistenza umana, lo deve difendere con la massima chiarezza. Deve fare tutto il possibile per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica.

Nella situazione attuale dell’umanità, il dialogo delle religioni è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per i cristiani come pure per le altre comunità religiose. Questo dialogo delle religioni ha diverse dimensioni. Esso sarà innanzi tutto semplicemente un dialogo della vita, un dialogo della condivisione pratica. In esso non si parlerà dei grandi temi della fede – se Dio sia trinitario o come sia da intendere l’ispirazione delle Sacre Scritture ecc. Si tratta dei problemi concreti della convivenza e della responsabilità comune per la società, per lo Stato, per l’umanità. In ciò bisogna imparare ad accettare l’altro nel suo essere e pensare in modo diverso. A questo scopo è necessario fare della responsabilità comune per la giustizia e per la pace il criterio di fondo del colloquio. Un dialogo in cui si tratta di pace e di giustizia diventa da sé, al di là di ciò che è semplicemente pragmatico, una lotta etica circa la verità e circa l’essere umano; un dialogo circa le valutazioni che sono presupposte al tutto. (…) Così questi sforzi possono avere anche il significato di passi comuni verso l’unica verità, senza che le scelte di fondo vengano cambiate. Se ambedue le parti muovono da un’ermeneutica di giustizia e di pace, la differenza di fondo non scomparirà, crescerà tuttavia anche una vicinanza più profonda tra loro.

Per l’essenza del dialogo interreligioso, oggi in genere si considerano fondamentali due regole:

1. Il dialogo non ha di mira la conversione, bensì la comprensione. In questo si distingue dall’evangelizzazione, dalla missione.

2. Conformemente a ciò, in questo dialogo ambedue le parti restano consapevolmente nella loro identità, che, nel dialogo, non mettono in questione né per sé né per gli altri.

Sì, il dialogo non ha di mira la conversione, ma una migliore comprensione reciproca: ciò è corretto. La ricerca di conoscenza e di comprensione, però, vuole sempre essere anche un avvicinamento alla verità. Così, ambedue le parti, avvicinandosi passo passo alla verità, vanno in avanti e sono in cammino verso una più grande condivisione, che si fonda sull’unità della verità. (…) Rispetto a questo direi che il cristiano ha la grande fiducia di fondo, anzi, la grande certezza di fondo di poter prendere tranquillamente il largo nel vasto mare della verità, senza dover temere per la sua identità di cristiano. Certo, non siamo noi a possedere la verità, ma è essa a possedere noi: Cristo, che è la Verità, ci ha presi per mano, e sulla via della nostra ricerca appassionata di conoscenza sappiamo che la sua mano ci tiene saldamente».

NUOVA EVANGELIZZAZIONE. «Alla fine, è doverosa ancora una breve annotazione sull’annuncio, sull’evangelizzazione (…). La parola dell’annuncio diventa efficace là dove nell’uomo esiste la disponibilità docile per la vicinanza di Dio; dove l’uomo è interiormente in ricerca e così in cammino verso il Signore. Allora, l’attenzione di Gesù per lui lo colpisce al cuore e poi l’impatto con l’annuncio suscita la santa curiosità di conoscere Gesù più da vicino. Questo andare con Lui conduce al luogo dove Gesù abita, nella comunità della Chiesa, che è il suo Corpo. Significa entrare nella comunione itinerante dei catecumeni, che è una comunione di approfondimento e, insieme, di vita, in cui il camminare con Gesù ci fa diventare vedenti.

“Venite e vedrete!’ Questa parola che Gesù rivolge ai due discepoli in ricerca, la rivolge anche alle persone di oggi che sono in ricerca. Alla fine dell’anno vogliamo pregare il Signore, affinché la Chiesa, nonostante le proprie povertà, diventi sempre più riconoscibile come sua dimora. Lo preghiamo perché, nel cammino verso la sua casa, renda anche noi sempre più vedenti, affinché possiamo dire sempre meglio e in modo sempre più convincente: Abbiamo trovato Colui, del quale è in attesa tutto il mondo, Gesù Cristo, vero Figlio di Dio e vero uomo».

 

13/12
2012

 <avvenire> «Aborto e nozze gay, diritti Ue»; la risoluzione dell’Europarlamento spacca i deputati: «No» del Ppe. [CzzC: commento per superare EQUIVOCITÀ del termine FAMIGLIA (ANSI/IEE?)]