Su VT Cecilia Salizzoni ricorda il suo sconcerto quando apprese dell’elezione di Ratzinger

[CzzC: 2012.09.20 trassi l’articolo di Cecilia da VT#36 del 16/09 Pag 14: Chiesa trentina, e lo commentai per il gruppo di rassegna stampa rivolgendo delle DOMANDE all’autrice (che spero mi perdoni la forma del tu), cui inviai il tutto per fraterna cristiana trasparenza (e per conoscenza anche a don X dell’Ufficio catechistico Diocesano in relazione alle citazioni sulla catechesi): rifuggo polemica, tento (a fin di bene comune) correzioni fraterne che auspico reciprocate, soprattutto se si ravvisasse offesa o menzogna nelle mie espressioni. Cecilia rispose 8/10/2012

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 09/11/2019; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

Pagine correlate: contro i papa-succubi brandire Chiesa democratica; protestantizzazione

 

2012.09.20 <VT#36 del 16/09 Pag 14: Chiesa trentina> UN RICORDO DEL CARDINAL CARLO MARIA MARTINI E QUALCHE NOTA CRITICA SUI FUNERALI

di Cecilia Salizzoni (vice delegata dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Trento)

 

Quel mantello gonfio di vento

 

Non avrei pensato di essere così toccata dalla morte di Carlo Maria Martini, anche perché ... omissis ... Ero a Milano, da pochi mesi entrata in Università, quando lui, gesuita, fu chiamato da Giovanni Paolo II alla cattedra di Ambrogio ...omissis... Martini parlava una lingua nuova e antica. Forse così nuova perché saldamente radicata nella Parola antica, da non aver paura di metterla a contatto con la parola e la vita di altri uomini, e di donne. Ricordo alcune adorazioni in Duomo introdotte in parallelo da figure evangeliche e dalla riflessione “non ortodossa” di Simone Weil sull’attesa di Dio, dalla notte della fede di Teresa di Lisieux, dal percorso accidentato di Charles de Foucauld. Oggi può sembrare scontato, ma era l’inizio degli anni Ottanta. La Chiesa si era ritirata dalla società civile occupata dalla rivendicazione “politica” del Sessantotto, e si era appartata in sagrestia a fare catechesi. E lui apriva le porte della cattedrale, la sera.

[CzzC: Cecilia, permettimi una prima DOMANDA sottendente un tentativo di correzione fraterna: ti CHIEDO per favore UN ESEMPIO CONCRETO (a sfatare allusioni) che documenti come la Chiesa abbia obbedito ai Sessantottini che le intimavano di “tornare in sagrestia”, perché a me pare che non abbia obbedito loro gran che: anch’io ero a Milano all’Università statale (anni 70) e subii le grida minacciose del “tornate in sagrestia”, ma la comunità dei credenti guidati da Pietro e dai vescovi a lui strettamente uniti non le assecondò, salvo rare eccezioni dissenzienti da quella guida.

Era l’inizio degli anni Ottanta anziché 70? Nondimeno, perché eravamo col pontificato di Giovanni Paolo II che, in continuità con i predecessori, ci incoraggiava a difenderci (senza violenza, ma senza timidezza) dagli inganni e dalle violenze dei 68ttini e dei loro tifosi par colorati, talvolta perfino di sangue innocente, e in meno di 10 anni avemmo milioni di giovani attratti da quella guida, mentre perfino al crollo del muro di Berlino non fu estraneo il grido di “spalancate le porte a Cristo”, le porte della mente e del cuore non solo quelle della cattedrale, e senza trascurare la catechesi, che, anzi, si riproponeva urgente a fronte dell’emergenza educativa e del montante relativismo imposto dalla cultura dominante in linea con lo spirito del mondo.

Che la nostra società civile sia saldamente occupata anche oggi da 68ttini che accarezzano in borsetta i bolognini lanciati contro le forze dell’ordine, non mi pare che si possa lecitamente accusare che sia colpa della Chiesa perché avrebbe battuto in ritirata; troverei per converso più fondata l’accusa che mi rivolgono sul lavoro alcuni colleghi di sinistra pentiti del terrorismoi peggiori terroristi rossi figli del 68 sono venuti fuori dall’educazione di certi preti”, ma sappiamo entrambi che non si trattava di preti incoraggiati dalle suddette guide].

... omissis ...

 

Casualmente ero a Milano, proprio accanto al Duomo, anche quando fu eletto il nuovo papa, dopo la morte di Giovanni Paolo II, e non negherò lo sconcerto di fronte alla proclamazione del card. Ratzinger, che levava le mani in un saluto vittorioso.

[CzzC: Cecilia, permettimi una seconda DOMANDA sottendente un tentativo di correzione fraterna: anche se in Curia tu fossi in buona compagnia con altri che non negano lo sconcerto suddetto (e non stiamo a contare se siano maggioranza o minoranza rispetto a quelli che trovano confermata dallo Spirito Santo quella elezione), anche tra i suddetti sconcertati potrebbe suscitare sconcerto leggerti sul settimanale diocesano dichiarare gesto di vittoria (trionfante?) quella levata di mani del neo Papa (che io - ad esempio - lessi come caloroso saluto implorante aiuto dall’Alto, da invocare con preghiere di tutti a mani levate, invocato da un sedicente «io sono un umile lavoratore nella vigna del Signore») e dunque ti CHIEDO per favore (a sfatare allusioni) di DOCUMENTARMI CON UN PAIO DI ESEMPI quali personaggi di fiducia abbiano letto come te quel saluto e ritengano catecheticamente più orientante che disorientante il popolo fedele sottolineare per iscritto tale intendimento].

... omissis ...

 

Non ero a Milano il giorno del suo funerale. Le esequie ho potuto vederle grazie alla tv e a RaiUno, tornata per una volta a svolgere il suo servizio pubblico. Ed ecco quello che ho visto.

- Una chiesa clericale trionfante, tutta maschile (anche nel coro liturgico), che celebrava se stessa, la propria sicurezza di essere “alter Christus” e come tale di “possedere” la verità, e di annunciarla dall’altezza e lontananza di un pulpito che il Concilio Vaticano II aveva dismesso.

[CzzC: Cecilia, permettimi una terza DOMANDA sottendente un tentativo di correzione fraterna: ammesso che quanto descritto dalle tue allusioni corrisponda a quanto i tuoi occhi ti permisero di vedere, non credi che con un po’ di umiltà e saggezza potremmo entrambi dubitare della bontà del nostro vedere-intendere, tentati come siamo da pregiudizi di parte? Non potremmo farci giudicare dall’Ufficio di don X se questo vedere-intendere sia catecheticamente più orientante che disorientante, palesato in questo modo su uno dei principali strumenti di comunicazione diocesana dalla vice delegata del relativo Ufficio diocesano?

Uso il noi, perché forse anch’io sbaglio adesso nel dirti che mi pare di vedere nelle tue allusioni temi e toni in parte echeggianti alcuni dei Leitmotiv gridati da potenti labari contro i papa-succubi e le loro guide, labari (questi sì) sedicenti trionfanti e celebranti le proprie sicurezze possedenti la verità; ma c’è sempre il solito buon metodo per parare l’inganno dei pregiudizi: DOCUMENTARE CON ESEMPI CONCRETI le allusioni.

Dunque ti CHIEDEREI ESEMPI funerei (quarta DOMANDA, parole, gesti, immagini durante il funerale in Cattedrale MI ) pertinenti le allusioni qui accodate al tuo “ho visto: esemplifica pure liberamente come citasti il saluto vittorioso di papa Ratzinger].

- Una chiesa che aspira a “un posto di singolare splendore” per chi è stato ministro del culto in terra. Una chiesa che enuncia la propria fede nella resurrezione per concetti astratti e citazioni culturali; che afferma la vittoria della vita sulla morte, ma lascia fuori campo la vita

[CzzC: Cecilia, permettimi una quinta DOMANDA sottendente un tentativo di correzione fraterna: anche qui ti CHIEDEREI ESEMPI pertinenti, mentre da parte mia ti testimonio che quella stessa chiesa oggetto delle tue allusioni è quella che nulla lascia fuori campo della vita mia, dei miei figli e di tanti fratelli, in primis riempiendo di significato una vita abbracciata da Cristo che lo testimonia nel lavoro libero o obbligato o assente, nella gioia e nel dolore, nella preghiera, nella carità materiale (assistenza a giovani in difficoltà, pulire cessi di anziani, cercare lavoro a chi non ne ha, ...) e nella carità intellettuale di rosminiana terminologia: se questi esempi ti paressero poco concreti, in separata sede ti potrei dare nomi e immagini di opere e gesti (anche a mani levate con gli occhi gonfi ma non tronfi) che potessero documentarti l’esistenza di altre vedute-intendimenti, diversamente testimonianti l’affezione a Cristo e alla sua Chiesa, attratti da lui attraverso il cammino guidato da Pietro e dai vescovi a lui strettamente uniti; ti passo parziale link (ma ne troveresti a iosa) all’abbondante documentazione di buoni ammaestramenti circa la testimonianza della nostra fede nella resurrezione (checché ci catechizzi Mancuso) pregni di concetti concreti relativi alla nostra vita privata e sociale, nonché di citazioni culturali apprezzatissime anche da non credenti di buona volontà (checché ne sprezzi Umberto Eco)], il vissuto, i sentimenti, l’emozione - e il morto, in definitiva - rientrati in campo alla fine, grazie alle parole commosse del cardinale Tettamanzi e al lungo applauso dell’assemblea, tenuta anch’essa fuori campo in questa celebrazione di chiesa.

Una chiesa indietro di 200 anni”, aveva detto nella sua ultima intervista il card. Martini. Dunque, facendo i conti, una chiesa alle soglie della Restaurazione, passata l’ebbrezza della Rivoluzione.

[CzzC: Cecilia, lettati maestra di allusione, permettimi di supporre che non sia a caso la R maiuscola di Restaurazione, e permettimi un ultimo tentativo di correzione fraterna sotteso alla domanda finale:

- visto che il tuo articolo, titolato “QUALCHE NOTA CRITICA”, trasuda dissenso afferibile all’innominato che sarebbe responsabile di averti fatto apparire la celebrazione del funerale di Martini come espressione di una chiesa clericale trionfante, che celebrava se stessa, la propria sicurezza e “possesso”di  verità,

- visto che lo sgradito innominato sarebbe stato messo al posto del gradito Tettamanzi proprio da quel Papa che levava le mani in un saluto vittorioso

- non credi (sesta DOMANDA) che molti fratelli di fede lettori di Vita Trentina siano indotti ad intendere le tue allusioni più targate partiticamente (di parte) che da cura catechetico-pastorale?

Per Grazia di nostro Signore Gesù Cristo la Chiesa, qui oggetto di allusioni sprezzanti, non cede facilmente alle lusinghe e critiche sessantottine e/o di potenti matrici del mainstream che la vorrebbero democratica come le strutture dei partiti, non cede, ad esempio,

- perché il suo Fondamento trascende la democrazia interna (checché ne scriva l’autonomista Grigolli)

- perché i criteri di servizio al bene comune insegnati dal suo Fondatore ed informanti la sua dottrina sociale, apprezzano ma non assolutizzano il criterio di maggioranza e di democrazia (checché se ne legga (**) sul sito dell’Azione cattolica), fino a dare alla forza del DIRITTO una delle formulazioni più fondanti contro il diritto della forza con la precisazione di Papa Ratzinger a Berlino

- perché mentre i conciliaristi di rottura a te cari tendono a togliere patente di Evangelicità ai fratelli papa-succubi che sono fedeli al Concilio Vaticano II applicandolo con l’ermeneutica della riforma nella continuità, questi ultimi si guardano bene dall’escludere gli offendenti, per buona pace spiazzante il Nemico, e lasciano loro posizioni dominanti nei media e nelle attinzioni diocesane, deglutendo talvolta a malincuore, come all’udire certe battute sullo Spirito Santo in incipit del sermone proluso dall’alto del rosone della Cattedrale di Trento, regia applaudente, sacralità perdente.

 

Ribadisco che mi riconosco passibile di correzione fraterna, da don X e da te, non meno di come io l’abbia tentata a te,

ti ringrazio in anticipo se volessi usarmene

e ti propongo un abbraccio fraterno in Cristo.

CzzC 20/09/2012

P.S. se rileggendo trovassi necessità di correggere o integrare, su questa pagina web potresti leggere qualcosa di diverso a distanza di giorni].

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 Cecilia mi rispose l’8/10/2012

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(*) leggo Mancuso che scrive su http://www.noisiamochiesa.org/?p=594 circa la nomina dell’innominato: «la questione è politica, perché riguarda un’eredità trentennale e più in generale il ruolo del cattolicesimo democratico in Italia. In questa prospettiva è impossibile negare che la nomina di Scola ad arcivescovo di Milano suona come un’umiliazione pesante, forse l’ultima, per il cattolicesimo democratico. Dopo gli episcopati di Martini e Tettamanzi la diocesi milanese era rimasta l’unico punto di riferimento nazionale per quei cattolici che ancora non hanno dimenticato le speranze conciliari di rinnovamento».

 

(**) Sul sito dell’Azione Cattolica (che ebbe tra i suoi dirigenti quell’Umberto Eco, sconcertato più di te per l’elezione di Papa Ratzinger, tanto da dileggiarlo più di te) lessi “sussidiarietà non è una parola nuova ... ma non è certo tra le più usate per parlare di Azione Cattolica. Ci sono espressioni più nobili per raccontare il suo vivere ed articolarsi: organicità, unitarietà, democrazia…»