modificato 19/10/2017

 

Il risveglio neotomistico o neoscolastico nel XIX secolo

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Gli intellettuali e i filosofi del nostro tempo non sembrano molto propensi a riconoscere l’importanza dell’Aquinate, anzi pare lo confinano all’interno della sola tradizione di studi cattolici. In realtà il “Doctor communis” hanno un valore tuttora evidente, specie nel chiarire la relazione che intercorrere tra fede e ragione, quindi anche tra teologia, filosofia e scienze della natura.

 

 

Trassi da Avvenire 14/07/2012

pag 23

EDITORIALE

 

SE LA MODERNITÀ RICOMINCIA DA SAN TOMMASO

 

ROBERTO TIMOSSI

La cultura cattolica contemporanea, ma anche in generale quella filosofica attiva soprattutto in Francia, Spagna, Germania e Italia, ha un grande debito nei confronti della riscoperta del pensiero di San Tommaso d’Aquino; riscoperta avvenuta a partire dalla prima metà del XIX secolo. Si tratta di quel risveglio neotomistico o neoscolastico, nato in Italia per opera di due canonici piacentini ( Vincenzo Buzzetti e Angelo Testa) e che consegue la sua tappa fondamentale nel 1879 con l’enciclica «Aeterni Patris» di papa Leone XIII. Sebbene non siano mancati i pensatori della tradizione analitica anglosassone che hanno a lui dedicato la loro attenzione fino a prospettare una sorta di “tomismo analitico”, in generale gli intellettuali e i filosofi del nostro tempo non sembrano molto propensi a riconoscere l’importanza dell’opera tanto filosofica quanto teologica dell’Aquinate, anzi pare proprio che siano riusciti a confinarlo all’interno della sola tradizione di studi cattolici, anche. In realtà gli spunti che si possono trarre da quello che non a caso è stato definito il “Doctor communis” hanno un valore tuttora evidente, specie nel chiarire la relazione che intercorrere tra fede e ragione, quindi anche tra teologia, filosofia e scienze della natura. Tommaso d’Aquino aveva infatti ben presente l’importanza del patrimonio di conoscenze che veniva trasmesso dalla fisica del suo tempo rappresentata soprattutto dal pensiero di Aristotele e perciò si ripropose di rintracciare le forme con cui le certezze di ragione o delle dimostrazioni scientifiche e le certezze di fede potevano venire conciliate e rese complementari.

 

In particolare, il suo metodo di analisi dei problemi e di ricerca razionale della verità non rivelata merita di essere approfondito e recuperato cercando di applicarlo alle moderne scoperte scientifiche, con lo scopo di riprendere a fare davvero buona filosofia pure in un’epoca come la nostra che caratterizzata da un ripiegamento su se stesso del pensiero filosofico e dall’esclusione di qualsiasi indagine metafisica. Un contributo importante al rilancio dell’autentico tomismo è venuto nel secolo scorso dalla cultura cattolica francese, in special modo da un personaggio di grande levatura: Étienne Gilson. Come è noto, egli è stato il principale artefice di una ripresa del vero Tommaso, ossia di una lettura non sommaria e non parziale del suo pensiero speculativo che all’interno dello stesso mondo cristiano consentisse di controbattere le posizioni di chi tendeva a negare l’esistenza di una filosofia di ispirazione cristiana.

 

Gilson si propone invece con altri autorevoli filosofi cattolici francesi (ricordiamo soltanto Jacques Maritain e Regis Jolivet) di rilanciare una filosofia che dialoghi con la teologia. Il punto terminale del programma storico-filosofico di Étienne Gilson può essere individuato nella pubblicazione nel 1965 dell’ultima versione di una pregevole opera di sintesi, «Le Thomisme», che è stata per fortuna di recente riproposta in traduzione italiana («Il Tomismo.

 

Introduzione alla filosofia di San Tommaso d’Aquino», Jaca Book). È un saggio completo da più punti di vista, anche perché colloca il pensiero tomista nell’alveo della sua origine storica medievale, mettendone nello stesso tempo in luce l’utilità per un dialogo con la modernità da parte della fede cristiana. Le forme e la natura da attribuire a questo dialogo sono uno dei principali problemi del cristianesimo nel confronto con l’era della scienza e della tecnica; in fondo, infatti, la sfida posta oggi davanti ai teologi cristiani è la stessa che seppe affrontare e vincere San Tommaso quando nella sua epoca irruppe un sapere “nuovo” come quello aristotelico.

 

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