DIPENDENTI PUBBLICI: costosi
troppo alto rispetto alla produttività?
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pretese di esaustività o
imparzialità, modificata 01/04/2023; col colore
grigio distinguo i miei commenti
rispetto al testo attinto da altri]
↑2023.03.31 <investireoggi> I dipendenti pubblici
appesantiscono i conti dell’Inps: la ns spesa
pensionistica è fra le più
alte d’Europa e il
sistema già di per sé non regge più. Quota 100 è stato un errore che peserà per
anni; le gestioni previdenziali con saldo ancora attivo sono quelle dei lavoratori dipendenti (11,5G€), dei
lavoratori della gestione separata (7,7G€), dei commercianti (654M€), dei lavoratori
dello spettacolo (288M€); tutte le altre gestioni sono in rosso e in
particolare quella dei dipendenti pubblici e militari, il cui saldo
negativo ammonta a 37,49G€, parzialmente mitigato da 10,8G€ di
trasferimenti dallo Stato; seguono in misura molto minore le gestioni dei
dipendenti delle FS, dei coltivatori diretti, degli artigiani e dei dirigenti
ex INPDAI.
↑2012.05.15 <Corriere.it>> Economia > IL COSTO
DELLO STATO
Ogni cittadino spende 2.849
euro per i dipendenti pubblici
Corte dei conti: produttività in calo. E
critica l'intesa sugli statali
ROMA - Se
si misura il costo degli stipendi pubblici in rapporto ai cittadini, noi
italiani spendiamo decisamente più dei tedeschi: 2.849 euro ciascuno, contro
2.830 euro in Germania. Ovvio. Meno ovvio, forse, che la nostra spesa procapite
sia superiore anche a quella di Grecia (2.436) e Spagna (2.708). Va detto che
ci sono Paesi anche più generosi dell'Italia. Per esempio il Regno
Unito (3.118) e l'Olanda
(3.557). Per non parlare della Francia (4.001), dove
peraltro dovrebbe salire quest'anno ancora di 4 miliardi.
Il vero problema non è però il livello della
spesa, peraltro perfettamente allineato alla
media europea dell'11,1% del Prodotto interno lordo (anche se
di ben 3,2 punti superiore alla Germania dove in dieci anni è calato dello 0,3%
mentre da noi è salito dello 0,6%). Piuttosto, la sua
efficienza, e qui sta il vero problema della pubblica amministrazione made in
Italy. Lo dice senza mezzi termini un rapporto della Corte dei conti: «In un
contesto caratterizzato dalla perdita di competitività del sistema Italia
preoccupanti segnali riguardano la produttività del settore pubblico».
In quella relazione appena sfornata dalla
magistratura presieduta da Luigi Giampaolino c'è un grafico che mostra come proprio
la produttività, cresciuta nel 2010 di oltre il 2%, sia tornata lo scorso anno
a zero, ricominciando nel 2012 perfino a scendere «in linea con le stime
dell'andamento del Pil». Dunque, il costo del lavoro per unità di prodotto
riprende a salire. Di chi la colpa? L'assenza della meritocrazia. La relazione
spiega che il blocco della contrattazione deciso nel 2010 per tamponare le
spese ha «comportato il rinvio delle norme più significative in materia di
valutazione del merito individuale e dell'impegno dei dipendenti contenute nel
decreto legislativo n. 150 del 2009». Ma ha pure «impedito l'avvio del nuovo
modello di relazioni sindacali delineato nell'intesa del 30 aprile 2009
maggiormente orientato a una effettiva correlazione tra l'erogazione di
trattamenti accessori e il recupero di efficienza delle amministrazioni».
Musica per le orecchie dell'ex ministro della
Funzione pubblica Renato Brunetta, artefice
di quella operazione. Mentre il successore Filippo Patroni Griffi, che era
stato anche capo di gabinetto dello stesso Brunetta, non ha resistito:
«Premiare i migliori e aumentare la produttività sono le nostre priorità.
Bisogna metterle in pratica». Anche se i magistrati non ne sembrano proprio convinti,
a giudicare dalle «perplessità» sul «contenuto della recente intesa fra Governo,
Regioni, Province, Comuni e sindacati» manifestate nel rapporto. La Corte dei
conti dice che quell'accordo, «azzerando il percorso» della riforma Brunetta,
rischia di lasciare tutto com'è: consentendo cioè che nel pubblico impiego si
privilegi la «distribuzione indifferenziata dei trattamenti accessori al di
fuori di criteri realmente selettivi e premiali».
Intanto però gli effetti del giro di vite
deciso un paio d'anni fa si sono fatti sentire, eccome.
Basta dire che per la prima volta, da quando è stata introdotta una specie di
«privatizzazione» del rapporto di lavoro, il costo del personale pubblico nel
2010 è diminuito. Esattamente dell'1,5%, per un esborso complessivo di 152,2
miliardi. Niente di eclatante, ma per un Paese come l'Italia è un fatto
storico. I dipendenti pubblici a
fine 2010 erano 3 milioni 458.857. Ovvero, 67.174 in meno rispetto a un anno
prima. Si è sforbiciato dappertutto, con un paio di eccezioni. Come le solite
Regioni e Province a statuto speciale, che neppure nel 2010 hanno voluto
rinunciare ad accrescere gli organici: anche in un comparto come la scuola.
Mentre nel resto d'Italia il personale scolastico diminuiva di circa 32 mila
dipendenti, negli istituti di Trento e Bolzano si gonfiava
di 441 unità.
E
poi c'è Palazzo Chigi. Nell' annus horribilis del pubblico impiego, mentre scattava quel giro di vite
senza precedenti, era l'unico posto dove paghe e dipendenti continuavano ad
aumentare a ritmi forsennati. Alla presidenza del Consiglio dei ministri, nel
2010, si spendevano per gli stipendi al personale 198 milioni e 700 mila euro:
l'11,2% in più in un solo anno. Depurando la cifra degli arretrati, si arriva
addirittura al 15,5%. Semplicemente pazzesco l'aumento dell'esborso per le
retribuzioni dirigenziali, cresciuto del 20%. Con punte astronomiche del 35,5%
e del 57% rispettivamente per i dirigenti di prima e seconda fascia a tempo
determinato. Il tutto mentre anche il numero dei cedolini saliva senza sosta.
Alla fine dell'anno raggiungeva le 2.543 unità con un aumento del 7%, che
toccava l'8,9% considerando il solo personale non dirigente. Motivo, la stabilizzazione di ben 142 precari.
Com'è possibile che questo sia accaduto
nonostante il blocco delle buste paga di tutti i dipendenti pubblici?Elementare:
«Incrementando gli addetti della Protezione civile ed estendendo l'applicazione
dei contratti collettivi del comparto al personale trasferito alla presidenza
del Consiglio», fra cui «gli addetti alla segreteria tecnica del Cipe» e quelli
«in servizio presso il dipartimento del Turismo e dello sport», spiega la
relazione della Corte dei conti. Nella quale si sottolinea come nel 2010 siano
state finalmente considerate in quella voce di spesa anche le retribuzioni dei
collaboratori dei politici, estranei alla pubblica amministrazione. Il dato di
quanti fossero nel penultimo anno del governo di Silvio Berlusconi non è
conosciuto: né il rapporto rivela il numero dei dipendenti presi «in prestito»
da altri uffici pubblici. Specificando però che questi, "pur in
flessione», continuano «a rappresentare oltre il 40% del personale in
servizio». Se questo è vero, nella miriade di uffici della presidenza del
Consiglio disseminati per Roma lavorano non meno di 4.500 persone.
Più o meno quante ne mancano nella pubblica
amministrazione a causa dei permessi e
dei distacchi sindacali. Rielaborando i dati della Funzione pubblica, la Corte
dei conti giunge a questa conclusione: «la fruizione di aspettative retribuite,
permessi, permessi cumulabili e distacchi relativamente al 2010 può essere stimata
come l'equivalente all'assenza dal servizio per un intero anno lavorativo di
4.569 unità, pari a un dipendente ogni 550 in servizio». Con un costo «a carico dell'erario» pari
a 151 milioni. E «al netto degli oneri riflessi».
Sergio Rizzo15 maggio
2012 | 10:38© RIPRODUZIONE RISERVATA