modificato 04/11/2017

 

La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi

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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri.

 

[CzzC: nonostante le indagini contro la P2, P3, P4, Px vediamo persistere le preoccupazioni che nutrivano gli inquirenti di decenni fa sui rischi di turbativa della democrazia da parte di centri di interesse e pressione (lobby più o meno occulte): è stata abbandonata la diligenza di Tina Anselmi? Forse un po’, ma, a mio avviso, c’è di peggio: quella vittoria contro un ramo dei potenti labari occulti (la P2) è stata determinata a mio avviso non solo dalla diligenza della Tina, ma dalla concessione di altri rami di analoghi potenti che volevano seccare uno di loro ingombrante, per continuare meglio a manovrare.

 

 

Traggo da Corriere del Trentino - Il Corriere della Sera, 25 aprile 2012

 

L'INDIFFERENZA DA SMUOVERE

 

di Donata Borgonovo Re

 

La risoluzione varata a larghissima maggioranza il 6 marzo 1986 dalla Camera dei deputati riconosceva l’autorevolezza e la credibilità dell'ampio lavoro svolto, tra la fine del 1981 e l’estate del 1984, dalla Commissione d'inchiesta sulla loggia Propaganda 2 presieduta dall'on. Tina Anselmi. In particolare, tenuto conto della "possibilità del persistere di rischi di ulteriori turbative dell'ordinato sviluppo della vita democratica del paese da parte di centri di interesse e di pressione non soltanto nazionali, coperti da forme di segretezza che ne impediscono la riconoscibilità da parte dell'opinione pubblica e delle istituzioni competenti", la Risoluzione impegnava il Governo "a vigilare affinché il funzionamento del sistema democratico sia informato, in ogni sua manifestazione, al rispetto assoluto del principio di trasparenza dell'ordinamento, in modo da rendere possibile e concreto il controllo democratico dei cittadini in ordine alla vita delle istituzioni e a tutte le attività che attengono al pubblico interesse".

A distanza di quasi trent’anni da queste dichiarazioni, misuriamo con sgomento la loro permanente attualità di fronte alle numerose vicende giudiziarie che sembrano attestare il continuo ripetersi dei vischiosi intrecci tra affari e politica, con i loro strascichi di ricatti, di condizionamenti, di illegalità. "Basta una sola persona che ci governa ricattata o ricattabile, perché la democrazia sia a rischio": Tina Anselmi aveva visto con lucidità non solo i pericoli legati alla vicenda sulla quale indagava la Commissione d'inchiesta da lei presieduta, ma i pericoli delle future P3 o P4 "che non nascono a caso, ma occupano spazi lasciati vuoti per insensibilità". Questa insensibilità, su cui la politica sommersa fonda la sua impunità, può essere combattuta in molti modi, il primo dei quali è certamente la conoscenza e la consapevolezza personale e comunitaria di quanto è accaduto nel nostro recente passato: solo se saremo disposti a portarne la responsabilità saremo in grado, come scriveva Dietrich Bonhoeffer, di dare forma ad un futuro diverso, e migliore.

 

I 773 foglietti che Tina Anselmi ha riempito di appunti nei due anni e mezzo di lavoro della Commissione sono stati raccolti da Anna Vinci, giornalista e scrittrice romana, in un bellissimo libro edito da Chiarelettere ("La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi") che sarà oggetto di dibattito alla Facoltà di giurisprudenza il pomeriggio del 26 aprile, nell'ambito del percorso di "Memoria e diritto" giunto alla sua terza edizione. Anche se Ton. Anselmi non potrà essere fisicamente presente, perché da tempo molto malata, la sua voce severa e forte parlerà attraverso la testimonianza di chi l’ha conosciuta (Lucia Fronza Crepaz) e attraverso le pagine scritte in quei giorni difficili, segnati da minacce, solitudine politica, irrisione, ma illuminate dal coraggio e dalla passione di chi ha vissuto il suo ruolo nella limpida convinzione di essere al servizio dei cittadini e delle istituzioni democratiche. Una testimonianza, la sua, che può smuovere la nostra indifferenza e sollecitare la nostra responsabilità ad esercitare quel necessario e diffuso "controllo democratico" di cui parlava la Risoluzione del 1986, senza il quale la democrazia diviene facile preda dell'illegalità.