Cattolici, la politica, la Cei e i TEOLOGI DEL DISSENSO

[CzzC: 10/04/2012 traggo da SEFT (Servizio ecclesiale di formazione teologica); evidenze e grassetto sono miei]

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Pagine correlate: teologia cristiana, teologi illuminati, ermeneutica di rottura; cadudem, scuola di Bologna, lettera dei 63, Melloni, Turoldo, Bianchi, teoglib; eresie, misa campesina; leninismo e cristianesimo impazzito

 

↑2012.04.10 da SEFT (Servizio ecclesiale di formazione teologica): CATTOLICI, LA POLITICA, LA CEI E I TEOLOGI DEL DISSENSO

Già nell’ormai lontano 2004 assistemmo da parte di più voci autorevoli del cattolicesimo italiano “progressista”, ad un attacco mirato contro la Conferenza Episcopale Italiana e il suo presidente il Cardinale Camillo Ruini. Portatori di questa protesta erano vescovi, parroci, monaci, teologi, intellettuali, appartenenti al ceto colto del cattolicesimo italiano, quello stesso ceto che richiamandosi al Concilio Vaticano II invoca una “Chiesa dei poveri” spoglia di potere e ricchezza! Questi contestatori accusavano la Chiesa Italiana di parteggiare per il governo di centro-destra di Berlusconi e di tradire la genuinità del Vangelo. L’accusa è apparsa in forma chiara nell’ottobre 2003 su Jesus, il mensile dei paolini, con una lettera di Franco Monaco, vicecapogruppo alla camera dei deputati della Margherita e fedelissimo discepolo di Giuseppe Dossetti; questa lettera è stata poi inviata a ciascun Vescovo. Dopo Franco Monaco, sempre sulla rivista Jesus, è stata la volta di tre vescovi, poi di altri intellettuali e teologi (ai quali si sono poi per altro accodati i soliti padre Zanotelli e soci) con una lettera ai vescovi . Invece è del dicembre del 2003 l’intervento del più ascoltato leader del cattolicesimo progressista, Enzo Bianchi, priore della Comunità ecumenica di Bose, che attraverso la tradizionale “Lettera agli amici” che aveva per titolo: “Che ne sarà del Cristianesimo?”, non rinunciava a dire la sua. Nella lettera, Bianchi, scriveva: «Che ne è di Gesù Cristo? Che ne è della fede e della testimonianza cristiana nella nostra società, un tempo chiamate “cristiane” e ancora oggi intessute di codici culturali radicati nel cristianesimo? Che ne sarà del cristianesimo? […] oggi ci pare che la tentazione più seria che colpisce i testimoni del Signore Gesù,[…] , venga dall’irresistibile fascino della religione civile» (Enzo Bianchi, Lettera agli amici, Natale 2003). E poi ancora: «Così la chiesa è applaudita, riconosciuta e, a volte, perfino ricompensata da Cesare per il bene che fa, per il cemento etico che appresta a una società disgregata, ma la comunità dei discepoli di Gesù resta incapace di essere profezia e si identifica sempre più con l’occidente ricco e potente. Cedere a questa tentazione significherebbe svuotare la debolezza e la povertà della “parola della croce”, svuotare di ogni forza, che viene da Dio, l’annuncio dell’evangelo. Purtroppo, come denunciava alla vigilia della sua morte Giuseppe Dossetti, oggi sono aumentati “quanti pensano che la fede non possa sostenersi senza l’appoggio dei poteri, senza politiche culturali, senza organicità sociale che la presidi e la difenda”, senza, insomma, diventare civiltà cristiana, religione civile» (Enzo Bianchi, Lettera agli amici, Natale 2003).

In questa sede non vogliamo occuparci dei contenuti politici di questo attacco, rimandando chi volesse approfondirne l’artificiosità al saggio del professore Pietro De Marco, pubblicato da Sandro Magister sull’Espresso del 13 aprile 2004, essendo chiaro che questi signori sono persone talmente convinte di essere i reali e autentici interpreti della volontà divina da volere che, solo perché loro e soltanto loro hanno deciso che l’unica strada politica percorribile dai cattolici è quella della totale sudditanza alla sinistra, i cattolici in politica si appiattiscano completamente sulle posizioni della sinistra, altrimenti sarebbero dei traditori del Vangelo, cosa di cui in effetti stanno accusando la Gerarchia cattolica italiana. A proposito di questo, bisogna notare che neanche la Congregazione per la Dottrina della Fede nella Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, del 16 ottobre 2003 si permette di indicare con assoluta precisione, in una situazione di assenza di un grande partito di centro di chiare radici cristiane, per quale partito o schieramento un cattolico debba votare, anche se nella Nota sono contenute delle indicazioni molto precise, che i cattolici dovrebbero tenere in considerazione al momento del voto! In realtà la C.E.I. si comportò nei confronti del Centro-destra, così come si è comportata con il governo dell’Ulivo, cooperando dove è possibile e criticando quando è necessario. Infatti chiunque può controllare da solo quanto questa polemica sia infondata e pretestuosa e basta andare a leggere prima di tutto le prolusioni di apertura del Cardinale Ruini alle assemblee della C.E.I. e i comunicati finali delle stesse assemblee dal 2001 al 2004 e accorgersi così che non solo i Vescovi italiani e il loro Presidente non erano sottomessi a nessuno se non a Cristo e che non hanno rinunciato affatto a levare alta la voce in difesa di valori universali come la dignità umana e la pace (in veritate), quando hanno ravvisato un pericolo in alcune decisioni del governo, (basti vedere il giudizio sulla legge Bossi-Fini e sulla guerra preventiva!). Del resto il 28 marzo di quell’anno lo stesso cardinale Ruini, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, parlava delle suddette accuse dicendo: «Le conosco bene, ma sinceramente non mi sento di accettarle. Può essere vero che [noi vescovi] non parliamo di certi temi nei termini graditi all’una o all’altra posizione politica. Ma non è vero che non ne parliamo: semplicemente lo facciamo in modo diverso. La differenza consiste nell’orizzonte nel quale certe tematiche vanno inserite:.. questo orizzonte non può non comprendere, accanto alla questione sociale e a quella delle istituzioni democratiche, una questione che riguarda l’uomo come tale, la sua differenza dal resto della natura, con tutte le conseguenze che ne derivano anche a livello pubblico e politico, ad esempio per la bioetica o per la concezione della famiglia». Ed in un’altra intervista rilasciata all’Espresso il 12 dicembre 2002, aveva detto: «Primo, mi occupo dei contenuti e non degli schieramenti. Secondo, più che tacere sono semmai fin troppo insistente, nei discorsi alla C.E.I. che sono poi i miei unici commenti che toccano anche temi politici. L'esperienza di cinquant'anni mi ha insegnato a stare attento a una tentazione: il moralismo che usa temi etici come strumenti di lotta politica».

Tornando a noi, vogliamo rilevare che l’accusa rivolta alla Gerarchia italiana da Enzo Bianchi, secondo il quale la stessa gerarchia sta trasformando il cristianesimo in una religione civile è semplicemente completamente priva di significato, e il fatto che venga appoggiata da coloro che, come Alberigo, Melloni o Zanotelli, non ha mai esitato a diffondere opinioni erronee sia dottrinali che morali non è altro che la prova di quanto stiamo per scrivere e cioè che dietro l’attacco ai Vescovi italiani se ne celava uno molto più subdolo e pericoloso allo stesso Giovanni Paolo II ed ai fondamenti della nostra fede di cui per mandato divino lui è il Custode. Stiamo parlando dei primi e preoccupanti segnali di un rinvigorimento di quel dissenso teologico post-conciliare che colpì la Chiesa nel dopo Concilio e che spinse il Papa Paolo VI ad esprimersi, durante l’omelia per il IX anniversario della sua incoronazione, il 29 giugno 1972, in maniera così sofferta: «[…] Sembra che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. […]. C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida più della Chiesa; ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. E non avvertiamo di esserne invece già noi padroni e maestri. È entrato il dubbio nelle nostre coscienze, ed è entrato per finestre che invece dovevano essere aperte alla luce. Dalla scienza, che è fatta per darci delle verità che non distaccano da Dio ma ce lo fanno cercare ancora di più e celebrare con maggiore intensità, è venuta invece la critica, è venuto il dubbio. Gli scienziati sono coloro che più pensosamente e più dolorosamente curvano la fronte, e finiscono per insegnare: “Non so, non sappiamo, non possiamo sapere”. La scuola diventa palestra di confusione e di contraddizioni talvolta assurde. Si celebra il progresso per poterlo poi demolire con le rivoluzioni più strane e più radicali, per negare tutto ciò che si è conquistato, per ritornare primitivi dopo aver tanto esaltato i progressi del mondo moderno. Anche nella Chiesa regna questo stato di incertezza. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza. Predichiamo l’ecumenismo e ci distacchiamo sempre di più dagli altri. Cerchiamo di scavare abissi invece di colmarli» (Paolo VI, Omelia per il IX anniversario della sua incoronazione, 29 giugno 1972). Certamente, mentre si esprimeva con queste parole il Papa Paolo VI aveva in mente anche le violentissime contestazioni con le quali fu accolta, anche da molti vescovi, la sua bellissima e straordinaria enciclica Humanae Vitae.

Purtroppo la Chiesa di quegli anni non sfuggì all’onda distruttiva di una contestazione sterile e vuota alla Gerarchia divinamente istituita, ai fondamenti della fede e della morale fino alla stessa liturgia . Contestazione che fu il prodotto di una incauta introduzione nella Chiesa Cattolica di teorie e di prassi di stampo protestantico e marxista che produssero appunto quel dissenso teologico che ha fatto tanto male alla Chiesa stessa e al mondo, lasciando nel più completo abbandono tante anime, che, irretite da cattivi maestri e falsi pastori e teologi, purtroppo anche cattolici, cominciarono a cercare altrove quella Verità completa e assoluta di cui solo la Chiesa è maestra. C’è da dire che questi teologi del dissenso giustificavano le loro eresie, perché tali erano e sono, alla luce di una lettura distorta e falsa del Vaticano II: infatti chiunque, non fidandosi di costoro, prenda direttamente in mano i Documenti del Vaticano II, si accorge che i Papi da Paolo VI a Giovanni Paolo I ed a Giovanni Paolo II, sono i veri interpreti del Concilio e che il loro Magistero è assolutamente e completamente in linea con gli insegnamenti conciliari, così come lo è il magistero di tanti Vescovi e teologi che sono in sintonia con la sede di Pietro, come i Cardinali Biffi, Ruini, Tettamanzi, Scola, Arinze e Ratzinger o come i teologi Elio Guerriero, Inos Biffi, Antonio Livi ecc…Infatti quando poi i cattolici cominciarono a leggere direttamente i testi conciliari senza più affidarsi all’interpretazione di quei falsi maestri come padre Balducci o Hans Küng ecco che questi, per poter continuare a diffondere l’errore, cominciarono a propagare la favola secondo la quale la “lettera” del Concilio ne aveva tradito “lo spirito, dove per “lettera” intendevano i Documenti stessi approvati dai padri conciliari e per “spirito”una non meglio imprecisata potenza pneumatica di cui loro erano gli unici e autentici interpreti, detentori dunque di un Magistero “parallelo” e antagonista a quello petrino e che manifestava la vera volontà divina. Come se oggi qualcuno andasse in giro dicendo che la Sacra Scrittura non deve essere tenuta in considerazione da noi cristiani, perché la parola scritta non esprime la vera volontà di Dio: una cosa platealmente assurda, a cui purtroppo molti hanno creduto. Uno dei massimi esponenti di questo pensiero, anche se si fatica a definirlo pensiero, fu don Giuseppe Dossetti, che è poi il minimo comune denominatore che unisce tutti i protagonisti dell’attacco alla C.E.I. e al suo presidente, da Alberigo a Melloni a Monaco a Bianchi, poiché tutti riconoscono in Dossetti il proprio maestro. Tutti i temi del dissenso ecclesiale italiano degli ultimi anni conducono a questo uomo politico divenuto poi monaco, dal tema dello “spirito” del Concilio contro la “lettera”, alla polemica ecclesiologica di una Chiesa dei Ricchi, “costantiniana” ed una Chiesa dei poveri “apostolica”, che è poi la polemica con la quale abbiamo aperto e sulla quale vorremmo spendere ancora alcune parole prima di esaminare meglio quello che è il tema centrale di questo articolo e cioè la rinascita di quel dissenso teologico post-conciliare di chiara matrice satanica.

Va detto anche che tutti quei teologi in polemica con la Sede apostolica condividevano la lettura dossettiana della Chiesa santa e perfetta fino al 313 d.c. e poi corrotta e oppressiva dal 313 d.c. al Vaticano II, una lettura che troviamo anche in diverse sette come i Testimoni di Geova, solo che questi fanno finire la “cattività” della Chiesa con la loro fondazione: stupidaggini, ma purtroppo efficaci su molte anime sprovvedute. Senza addentrarci in discorsi aporetici sul tema della “Chiesa costantiniana”, per rispondere a quelli e a questi pseudo-teologi bastano le parole di Papa Paolo VI: «Oggi non è raro il caso di persone, anche buone e religiose, giovani specialmente, che si credono in grado di denunciare tutto il passato della Chiesa [...] come inautentico, superato e ormai invalido per il nostro tempo; e così, con qualche termine ormai convenzionale, ma estremamente superficiale ed inesatto, dichiarano chiusa un’epoca costantiniana, preconciliare, giuridica, autoritaria, e iniziata un’altra libera, adulta, profetica. [...] Per essere oggi veramente fedeli alla Chiesa dovremmo guardarci dai pericoli che derivano dal proposito, tentazione forse, di innovare la Chiesa con intenzioni radicali e metodi drastici, sovvertendola» (Paolo VI, Discorso del 24 settembre 1969). Vale la pena riportare anche le parole del cardinale Jean Daniélou, che in un suo scritto del 1965 rimprovera agli anticostantiniani di volere una Chiesa “pura”, simile a “una confraternita degli iniziati”, e con ciò di perdere proprio quei “poveri” che a loro starebbero tanto a cuore: i poveri “nel senso dell’immensa marea umana”, fatta anche di “quei numerosi battezzati per i quali il cristianesimo non è altro che una pratica esteriore» (Jean Daniélou, La preghiera problema politico). Ed infine li invitiamo a riflettere che la Chiesa è e sarà sempre UNA, SANTA, CATTOLICA e APOSTOLICA in ogni tempo fino alla fine del mondo e che, se anche alcuni suoi membri possono peccare, è da sciocchi ritenere che questo peccato della componente umana della Chiesa possa stravolgerne il volto e comprometterne seriamente la missione, come se il peccato dell’uomo fosse più forte dello Spirito Santo. Questo non significa che noi membra della Chiesa dobbiamo crogiolarci nei nostri peccati, come se facesse tutto lo Spirito Santo, perché lo Spirito Santo si serve di noi e purtroppo i nostri peccati hanno conseguenze nefaste non solo su di noi ma su tutta la Chiesa e il mondo. In realtà dobbiamo sempre sforzarci di testimoniare ciò che annunciamo, ma non dobbiamo, però, farci prendere dallo sconforto per l’enorme differenza che passa tra noi e Cristo, perché egli ci ama e non permetterebbe che a causa del nostro peccato la sua Chiesa abbia a subire danni permanenti. Anche il Concilio Vaticano II ricorda questa verità nella CostituzioneGaudium et Spes : «Benché la Chiesa, per la virtù dello Spirito Santo, sia rimasta la sposa fedele del suo Signore e non abbia mai cessato di essere segno di salvezza nel mondo, essa tuttavia non ignora affatto che tra i suoi membri sia chierici che laici, nel corso della sua lunga storia, non sono mancati di quelli che non furono fedeli allo Spirito di Dio. E anche ai nostri giorni sa bene la Chiesa quanto distanti siano tra loro il messaggio ch'essa reca e l'umana debolezza di coloro cui è affidato il Vangelo. Qualunque sia il giudizio che la storia dà di tali difetti, noi dobbiamo esserne consapevoli e combatterli con forza, perché non ne abbia danno la diffusione del Vangelo» (Gaudium et Spes, 43). Infatti il Regno di Dio verrà e la Chiesa sarà sempre in grado di portare a termine la sua missione, che ricordiamo consiste primariamente nell’annunciare al mondo il Vangelo di Verità, come disse Papa Giovanni Paolo II, rivolgendosi direttamente ai Vescovi, ma idealmente ad ogni battezzato, durante il discorso alla III Conferenza Generale dell'episcopato latinoamericano a Puebla: «[…]E come Pastori avete la piena consapevolezza che il vostro principale dovere è quello di essere maestri della Verità. Non di una verità umana e razionale, ma della Verità che viene da Dio; che porta con sé il principio dell’autentica liberazione dell’uomo: “conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi” (Gv 8,32); quella Verità che è l’unica ad offrire una base solida per una “prassi” adeguata. […]. Dobbiamo quindi confessare Cristo davanti alla storia e al mondo con convinzione profonda, sentita, viva, come lo confessò Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio Vivente” (Mt 16,16). Questa è la buona novella in un certo senso unica: la Chiesa vive mediante essa e per essa, così come ne trae tutto ciò che ha da offrire agli uomini, senza distinzione alcuna di nazionalità, cultura, razza, tempo, età o condizione. Per questo da tale confessione (di Pietro), la storia sacra della salvezza e del Popolo di Dio doveva acquisire una nuova dimensione» (Giovanni Paolo II, Discorso alla III Conferenza Generale dell'episcopato latinoamericano a Puebla, Messico, Domenica 28 gennaio 1979).

Da questi discorsi si evince quale sia in realtà la più grande colpa dei sostenitori della sciocca contrapposizione tra Chiesa “costantiniana” e Chiesa dei poveri, e cioè la riduzione dell’intero messaggio evangelico ad una dimensione politica e sociale, con tutto quello che ne consegue,come la percezione oppressiva dell’Istituzione Gerarchica e la completa relativizzazione della Figura e del Messaggio di Gesù, soprattutto in campo morale, che poi è la base della Teologia della Liberazione, che Giovanni Paolo II e il Cardinale Ratzinger hanno strenuamente e da veri profeti combattuto. Ed infatti lo stesso Dossetti non scese in campo [in Italia] quando vennero approvati l'aborto e il divorzio, che pure attentano alla Costituzione, e sono la radice della società egoistica e del consumo nella quale viviamo, come da sempre proclama il Magistero ecclesiale e come anche Madre Teresa di Calcutta ripeteva spesso, ma solo quando nel 1994 vinse Berlusconi. Questa della totale sottovalutazione del corretto comportamento morale come base per una vera società cristiana è solo una delle grandi cantonate di questi “maestri del pensiero”: anche l’enciclica Veritatis splendor del 1993 sostiene che i cristiani hanno il dovere di seguire l'insegnamento morale della Chiesa, perché al di là delle buone intenzioni, degli obiettivi buoni dei loro atti e delle conseguenze anche positive, esistono comportamenti oggettivamente cattivi, come per esempio l’uso dei contraccettivi o gli atti omosessuali, con i quali l'uomo si perde. L' obbedienza ai comandamenti in campo morale e' indispensabile base di ogni convivenza sociale rispettosa dei diritti umani. Questo e' l'insegnamento della Chiesa e questo devono insegnare i teologi sui quali i vescovi hanno il dovere di vigilare.

Veniamo ora al problema del dissenso inter-ecclesiale ed alle avvisaglie di una uscita dal sonno di quei teologi, che avendo ceduto al Mondo vorrebbero che tutta la Chiesa li seguisse. Prima un po’di storia: Giovanni Paolo II, appena divenuto papa si propose, per adempiere pienamente al mandato affidatogli da Cristo “Conferma i tuoi fratelli”(Lc 22,32b ), di mettere ordine nella confusione dottrinale e morale seguita al Concilio, opera che il suo predecessore Paolo VI , aveva già cominciato. Dimostrò subito la propria determinazione alla III Conferenza Generale dell'episcopato latinoamericano a Puebla in Messico: infatti nel discorso tenuto domenica 28 gennaio 1979, affermò senza paura i veri principi della Chiesa e la Vera teologia della liberazione, contro quella falsa di Leonardo Boff e compagni, che aveva purtroppo penetrato parte dell’episcopato sudamericano e che riecheggia nella posizione politica di Dossetti e soci. In quell’occasione il Papa disse: «Ebbene, esistono oggi da molte parti – il fenomeno non è nuovo – “riletture” del Vangelo, che sono risultato di speculazioni teoriche ben più che di autentica meditazione della parola di Dio e di un vero impegno evangelico. Esse causano confusione, se si allontanano dai criteri centrali della fede della Chiesa e si cade nella temerarietà di comunicarle, come catechesi, alle comunità cristiane. In alcuni casi, o si tace la divinità di Cristo, o si incorre di fatto in forme di interpretazione contrarie alla fede della Chiesa. Cristo sarebbe solamente un “profeta”, un annunciatore del Regno e dell’amore di Dio, ma non il vero Figlio di Dio, e non sarebbe pertanto il centro e l’oggetto dello stesso messaggio evangelico. In altri casi, si pretende di mostrare Gesù come impegnato politicamente, come uno che combatte contro la dominazione romana e contro i potenti, anzi implicato in una lotta di classe. Questa concezione di Cristo come politico, rivoluzionario, come il sovversivo di Nazaret, non si compagina con la catechesi della Chiesa. Confondendo l’insidioso pretesto degli accusatori di Gesù con l’atteggiamento – ben diverso – dello stesso Gesù, si adduce come causa della sua morte la soluzione di un conflitto politico e si passa sotto silenzio la sua volontà di consegnarsi e perfino la coscienza della sua missione redentrice» (Giovanni Paolo II, discorso cit.). E disse anche: «[…] si ingenera, in alcuni casi, un atteggiamento di sfiducia verso la Chiesa “istituzionale” o “ufficiale”, qualificata come alienante, e alla quale si opporrebbe un’altra chiesa “popolare”, “che nasce dal popolo” e si concreta nei poveri. Queste posizioni potrebbero implicare in gradi differenti non sempre facili da precisare, noti condizionamenti ideologici» (Giovanni Paolo II, discorso cit.). Queste parole possono senz’altro confermare quanto stiamo sostenendo e, cioè, che chi contrappone una Chiesa “istituzionale” ad una del “popolo”, non sta certamente ragionando in maniera evangelica. Giovanni Paolo II è rimasto sempre fedele al mandato di Custode della Verità. Per appurare quanto sia vera questa affermazione, basta leggere le sue encicliche, dalla Redemptor Hominis alla Laborem Exercens alla Dominum et Vivificantem alla Redemptoris Missio allaVeritatis Splendor fino all’ultima Ecclesia de Eucharistia. Un’ altra importantissima mossa fatta da Papa Giovanni Paolo II, per riportare la teologia alla sua vera funzione evangelica è stata la nomina a Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il più importante dei dicasteri vaticani, di uno dei più grandi teologi del Novecento: il cardinale Joseph Ratzinger, che si è rivelato un preziosissimo e insostituibile collaboratore del Papa, come riconosce lo stesso Papa nel suo libro “Alzatevi, Andiamo”. Ma l’opera pastorale del Papa e dei suoi collaboratori non fu facile, poiché i teologi del dissenso, per un po’ incassarono, ma poi nel 1988 tornarono a far sentire la loro voce. Infatti alla fine del 1988 venne diffuso dai mass media un testo di uno dei più famosi teologi morali del Novecento, padre Bernhard Haring, fortemente critico verso il pontificato di Giovanni Paolo II - in particolare per l'appoggio da lui dato alla benemerita opera dell’allora mons. Carlo Caffarra in materia di etica sessuale -, seguito, il 25-1-1989, dalla cosiddetta “Dichiarazione di Colonia”, firmata da numerosi ed influenti teologi Tedeschi, olandesi, svizzeri e austriaci, nella quale si portavano attacchi diretti alla stessa ecclesiologia del Vaticano II. Purtroppo a questa Dichiarazione ne seguirono molte altre da parte di teologi di altre nazioni, fino ad arrivare ad una firmata da 63 teologi italiani, diffusa il 15 maggio 1989 e passata alla storia come la “Dichiarazione dei Sessantatre”. La gravità di questa Dichiarazione era percepibile, oltre che dalle tesi ivi sostenute, anche dai nomi dei firmatari. Si trattava infatti di molti docenti ed esponenti della teologia e della cultura italiana, la maggior parte dei quali esercitava la sua professione in seminari ed istituzioni educative ecclesiastiche. Nella Dichiarazione al fine di ignorare o ridimensionare l’autorità del Pontefice si sosteneva, tra le altre cose, che:

1) Il deposito della fede custodito dalla Sede apostolica non avrebbe Valore in sé, né valore assoluto, ma piuttosto lo otterrebbe per la sua «connotazione pastorale», la sola che renderebbe possibile «l'interpretazione fedele della verità dentro l'esistenza storica della comunità»;

2) La Santa Sede si farebbe «condizionare dalla logica mondana», da una «mentalità di privilegio», trascurando lo “stile di Cristo”;

3) La funzione magisteriale del primato petrino non escluderebbe la «varietà dei modi di intendere e di vivere la fede che lo spirito suscita nelle Diverse comunità» ( questo è puro protestantesimo); e infine che «non si dovrebbe parlare di infallibilità del magistero, anche di quello ordinario universale, ma della sua funzione “pastorale» (cfr Il dissenso verso la sede apostolica in Italia , www.paginecattoliche.it, totus tuus network). Tralasciamo di commentare queste frasi perché si commentano da sole, esse trovano benissimo il loro spazio in una teologia protestante, ma pensare che sono state scritte e sottoscritte da teologi cattolici, fa veramente rabbrividire.

Il Papa Giovanni Paolo II e l’allora cardinal Ratzinger risposero un anno dopo con quel chiaroveggente documento della Congregazione per la Dottrina della Fede che è l’Istruzione Donum Veritatis, sulla vocazione ecclesiale del teologo. Il cui contenuto può riassumersi così: il teologo ha tutto il diritto di indagare la Rivelazione di Cristo con gli strumenti della Ragione, questa, però, non può procedere da sola ma deve essere illuminata e lasciarsi illuminare dalla Fede. Questo è chiaro se riflettiamo su quello che è l’oggetto della ricerca teologica e cioè il dato rivelato. Esso non è qualcosa di umano, ma è Verità che viene da Dio. Il teologo non può agire come un qualsiasi altro scienziato o filosofo, che dopo aver applicato all’oggetto della propria ricerca i mezzi scientifici e razionali della propria disciplina, dopo molte prove, può pensare di essere autonomamente arrivato ad una risposta. Il teologo, invece, dopo che ritenesse conclusa la propria indagine deve rimettere la propria scoperta e rimettersi al giudizio di coloro che soli hanno ricevuto da Cristo il mandato di interpreti infallibili e autorizzati della verità Rivelata nella Sacra Scrittura e nella Tradizione Ecclesiale: i Vescovi in comunione con il Papa o il Papa da solo, cioè il Magistero della Chiesa! Ricordiamo a questo proposito che solo il Sommo Pontefice quale successore di Pietro è sempre infallibile quando esprime il suo giudizio in materia di Fede e di Morale, gli altri Vescovi partecipano di questa infallibilità solo se insegnano in comunione con lui, perché solo così possono agire come “Collegio Episcopale”come spiega benissimo la Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II. Naturalmente anche quest’ Istruzione fu oggetto di contestazione, al che il Papa e Ratzinger dovettero cominciare a sospendere ed in alcuni casi a scomunicare alcuni teologi o sacerdoti, fatto che rese più prudenti molti di questi falsi teologi e che indusse qualcuno a pensare che il dissenso teologico fosse rientrato. Ma non fu così, anzi pare che questi lupi travestiti da agnelli sono solamente andati in “sonno” aspettando quello che secondo loro sarebbe stato il momento opportuno, cioè la morte di Giovanni Paolo II, dimenticando che Dio non lascerà la propria Chiesa in balia dell’errore. Nondimeno però occorre vigilare e per questo dobbiamo essere attenti osservatori delle mosse di questi teologi del dissenso.

Ora è da notare che tutti i teologi che allora sottoscrissero il documento dei sessantatre e che non hanno mai ritrattato la propria firma, sono gli stessi dossettiani che hanno contestato al Cardinale Ruini e alla C.E.I. la presunta arrendevolezza verso il governo di Centrodestra e il tradimento della genuinità evangelica. Risulta chiaro che il disegno di questi signori va ben oltre l’ambito politico, avendo alcuni di essi più volte attaccato molti dei fondamenti della dottrina ecclesiologica e morale della Chiesa Cattolica e risulta altresì chiaro che la radice della loro distorta visione ecclesiale deriva in maniera diretta o indiretta dal loro maestro don Giuseppe Dossetti. Vediamo meglio chi era costui per meglio capire e supportare la nostra tesi sull’imminente risveglio dei teologi del dissenso. Dossetti era uno dei “professorini” della Cattolica, che avevano contribuito a costituire una parte importante della classe politica della Democrazia Cristiana nell’immediato dopoguerra e che ne avevano preso il controllo dopo la morte di De Gasperi. Egli aveva fatto parte anche dell’assemblea costituente e quando divenne monaco portò nella Chiesa le stesse idee che aveva da politico e da partigiano. Infatti Dossetti vedeva la Chiesa solo come una Società umana che deve essere costruita su basi democratiche ed a partecipazione di popolo. Ora è vero che la Chiesa è anche una Società di uomini, e come tale al suo interno trova pieno spazio il Diritto Canonico, ma essa non è una società dello stesso tipo della società civile, Essa è innanzitutto Corpo e Corpo Mistico del Signore, che si fonda sulla Comunione attorno all’Eucaristia, e pertanto non è possibile applicare ad essa le stesse categorie che si applicano alla società umana e allo Stato. La Chiesa non nasce come la società umana da una iniziativa dell’uomo, ma essa viene dall’Iniziativa di DIO: è Dio che si Incarna e diventa Uomo, non il contrario: questo è stato il più grande errore ecclesiologico di Dossetti e di quelli che lo hanno seguito. E in conseguenza di ciò Dossetti commise anche un grave errore politico, perché riteneva che ci si dovesse aprire solo alle sinistre (allora marxiste-leniniste), e a quelle che lui pensava fossero veramente forze popolari, e ci si dovesse chiudere solo al liberalismo. Egli è colpevole di aver attenuato l'anticomunismo, di aver abbassato la guardia e di aver fatto 'entrare i lupi'. Tra l’altro il giudizio negativo sull’operato religioso di don Dossetti viene dallo stesso Papa Paolo VI, così come riferisce Andrea Tornielli nel suo libro Paolo VI, il timoniere del Concilio alle pagine 18,19 e 20. Tornielli scrive che il nuovo regolamento conciliare elaborato da don Dossetti, che, come teologo di fiducia del Cardinale Lercaro, era stato nominato segretario dei quattro Moderatori del Concilio, i cardinali Suenens, Dopfner, Lercaro e Agagianian, venne bocciato dal Papa, perché avrebbe trasformato il Concilo in un parlamento, cosa che il Concilio non era. E scrive, ancora, che quando il papa lesse i quattro quesiti, sulla collegialità e sul diaconato, che don Dossetti aveva preparato per i padri conciliari, ne rigettò il testo e ordinò di bruciare i fascicoli che erano già stati distribuiti ai padri e poi destituì don Dossetti dal suo ruolo commentando: «Quello non è il posto di Dossetti, ditegli di tornare a Bologna» (Andrea Tornielli, op. cit., Piemme, Casale Monferrato 2003). E così Dossetti lasciò il Concilio. La conferma che Dossetti aveva un’idea distorta della Chiesa e del Concilio ci viene, anche, da una conversazione che ebbe con Lazzati, Elia e Scoppola del 1984, pubblicata dagli stessi Leopoldo Elia e Pietro Scoppola, “A colloquio con Dossetti e Lazzati. Intervista di Leopoldo Elia e Pietro Scoppola (19 novembre 1984)”, il Mulino, Bologna, 2003. In questa conversazione è lui stesso ad attaccare la visione ecclesiologica del Papa Giovanni Paolo II e soprattutto l’Opus Dei, che secondo lui sarebbe una sorta di massoneria della Chiesa, e che al contrario lo stesso Papa Giovanni Paolo II considera un dono del Signore alla Chiesa, come scrive anche nel suo ultimo libro Alzatevi, andiamo!. In questo libro don Dossetti parla chiaramente del suo intendo di contributo nel portare al Concilio «una certa ecclesiologia, anche se non fu trionfante [grazie a Dio, diciamo noi], che era riflesso dell’esperienza politica fatta e della necessità di non impegnare la Chiesa nelle cose mondane. […]. Questa è una grande questione di cui parleremo …o non parleremo…Cioè il problema del grado di certezza teologica e della gerarchia delle verità […] ma una cosa è quando il papa svolge la sua funzione fondamentalissima e propria dell’essere custode dell’ortodossia cristologica , ed è questo che deve fare: custodire la certezza cristologica, cioè il nucleo fondamentale della fede in Cristo, ed una cosa è […] quando parla di altre cose di fede, ma molto remote da questo nucleo. Qui c’è tutto il discorso da fare: il confronto con la storia per dare una coscienza storica alla Chiesa» (op. cit., pp. 106-107). Da notare in queste parole la subdola distinzione tra un indefinito nucleo cristologico della fede e le “altre cose di fede, ma molto remote”, che è in nuce lo stesso pensiero di Lutero. Infatti chi stabilisce cosa è veramente essenziale e cosa no? Ma, per Dossetti e soci la risposta è chiara: la Storia; se questo non è modernismo diteci cos’è! In realtà è stato lo stesso Concilio a rispondere a Dossetti e soci rilevando che la distinzione tra verità principali e verità secondarie non riguarda verità più importanti e verità meno importanti, ma solo verità che stanno alla base e verità che derivano da queste come dice anche Pietro Cantoni su Cristianità: «La distinzione fra verità principali e verità secondarie non si lascia ricondurre a quella fra verità "obbligatorie" e verità "facoltative", e riguarda non tanto le verità da proporre — il messaggio deve essere integro! — quanto il modo di questa proposizione, cioè il mostrare la dipendenza di verità "periferiche" da verità "centrali". E appunto questo è lo sforzo del Magistero di Papa Giovanni Paolo II in materia: mettere in luce come il disattendere certe norme morali "seconde", implichi la messa in discussione di principi fondamentali dell’agire cristiano» (Pietro Cantoni, “Il Magistero Contestato”, in Cristianità, n.174, 1989).

Rileviamo infine come queste posizioni erronee oltre che riecheggiare le teorie protestanti si nutrono di tutte quelle teorie erronee della filosofia contemporanea, che sciocchi teologi hanno portato all’interno del dibattito teologico, prima tra tutte la teoria della morte di Dio mutuata dalla filosofia di Nietzsche. Questa fu introdotta in teologia all’inizio degli anni Sessanta ad opera di teologi americani e fu un disastro. La teoria della morte di Dio che Nietzsche pone sulla bocca di Zarathustra ha un significato molto chiaro e riecheggia le tesi di Feuerbach sulla negazione della trascendenza di Dio. Attraverso questa teoria Nietzsche vuole negare la possibilità di metamorfosi spirituale del mondo in Cristo, cioè l’annuncio cristiano di una diversa possibilità per l’uomo oltre che quella materiale, e sostituire ad essa la fedeltà alla terra, come diceva lui, unica possibilità data all’uomo per elevare se stesso in un mondo che ripete identicamente le proprie vicende. Da qui derivarono e derivano quasi tutti gli errori della teologia contemporanea. Ad esempio: si nega la Trascendenza di Dio così come è stata espressa dalla Tradizione ecclesiale, per questa falsa teologia Dio non è più l’Assoluto Trascendente che pure si è Fatto Totalmente vicino a noi in Cristo senza perdere nulla della sua Divnità, ma un Dio secolare che ha scelto l’uomo come suo pari, quindi è in definitiva un Dio che non ha alcun potere salvifico spirituale e extraumano, e la salvezza è qualcosa di completamente umano e automatica e va realizzata completamente nel mondo attraverso l’amore agli altri. Questo è puro panteismo, un panteismo che con sciocco ottimismo fa della Storia la sola necessaria realizzazione di Dio, che è il dio Spirito della Storia di Hegel, non è il Dio Cristiano, che rende l’uomo capace di Salvezza vera donandogli la propria Grazia attraverso l’incontro e l’unione con il suo Figlio Gesù Cristo. Un’Unione che non è qualcosa di scontato o automatico, ma è un qualcosa che l’uomo, sempre con l’aiuto di Dio, e confidando nel suo Amore, deve guadagnare a caro prezzo, al prezzo di un rinnegamento di sé, delle proprie passioni disordinate, tramite quello che San Paolo chiama il combattimento spirituale, in poche parole attraverso la Croce, perché non c’è Resurrezione senza la Croce. Ed è proprio contro la Croce che questa fede della Storia e nella Storia si scaglia con più violenza, arrivando a prospettare una vita umana fatta di accondiscendenza con il peccato, tanto che tutti i teologi, che seguiranno tali teorie saranno sempre concordi a concepire il peccato solo nella sua dimensione sociale, annullando di fatto la dimensione morale e spirituale in favore di una completa laicizzazione di tutti i temi della morale sessuale e della demitizzazione dei riti e del culto cristiano. Dallo svuotamento del concetto di Dio, così come la Tradizione lo aveva tramandato derivano quindi tutti gli errori della teologia contemporanea: la negazione dei dogmi, della Gerarchia, della liturgia, l’indebita distinzione operata da Dossetti e soci tra sacro e profano, intendendo che il cristiano non deve necessariamente farsi guidare dalla Fede nelle scelte Temporali, (anche qui siamo in aperto contrasto con la Gaudium et Spes del Vaticano II), l’attacco alla morale sessuale a quella sociale, la dissoluzione dei fondamenti cristologici della nostra Fede nelle teologie del pluralismo religioso (vedi Raymond Panikkar e altri) la contraffazione della figura di Gesù trasformato in un liberatore politico o peggio in un compagno di viaggio che tutto scusa e nulla esige, ecc… ed in ultima istanza la teoria secondo la quale non deve essere il Mondo a lasciarsi trasformare dalla Chiesa, ma la Chiesa a secolarizzarsi.

Concludendo, ribadiamo con fermezza la nostra profonda convinzione che questi contestatori sia che siano solo contestatori politici part-time, perché contestano solo quando gli fa comodo, cioè solo il liberalismo e mai il socialismo, solo il consumismo e mai il libertinaggio sessuale, solo la guerra e mai l’aborto, solo la Chiesa e mai il mondo, sia che invece, come crediamo siano l’avanguardia consapevole o meno di qualcosa di più pericoloso, non riusciranno mai a distorcere il messaggio di Gesù ed a piegare la Chiesa alla loro visione distorta di Dio, dell’uomo e della Chiesa stessa. Allo stesso tempo esortiamo tutti i cristiani a saper sempre rendere ragione della Speranza che è in loro, auspicando di non vedere più sacerdoti o persino vescovi insegnare proprie opinioni invece che la Verità di Dio, siano essi espliciti traditori della Tradizione della Chiesa (come quelli di cui abbiamo trattato in questo articolo) o che si facciano scudo, al posto del Magistero, della stessa Tradizione, come fu nel caso di don Gianni Baget Bozzo, già sospeso una volta dall’Autorità ecclesiastica, per diffondere proprie opinioni settarie e razziste, sovvertendo in realtà la Tradizione stessa, negando il Vaticano II e santificando il capo politico di turno.

 

Massimo Borreca