ultima modifica il 07/01/2021

 

Rogger sermona: il CV2 avrebbe voluto una chiesa Parlamento, invece Ratzinger ...

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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri.

 

non ha sentito il bisogno di convocare un concilio per la questione del messale latino.

 

Traggo da pag 7 di Vita Trentina #1 del 08/01/2012  (qui in pdf)

Riscoprire l’essenza della Chiesa

Nella prima costituzione, sulla liturgia, c’è già l’ecclesiologia di comunione della Lumen Gentium, dice mons. Rogger, ma non l’abbiamo ancora compresa

[CzzC abstract:

- l’approvazione della Sacrosantum Concilium, 1ª Costituzione conciliare, passò nonostante tutte le manovre dei tradizionalisti.

- con grave dolore constato non ancora recepita l’ecclesiologia ben definita dalla Lumen Gentium ... una serie di circostanze hanno congelato la situazione;

- Chiesa monarchia papale o piuttosto una collegialità di responsabilità? PARLAMENTO ed invece Ratzinger non ha sentito il bisogno di convocare un concilio per la questione del messale latino ... non si possono cambiare le cose a proprio gusto, risponderà la storia, ma non commetterei l’errore di tornare indietro;

- non è la soggezione al romano pontefice l’appartenenza alla Chiesa;

- è mancata in questi anni la dimensione storica;

- serve un nuovo concilio? Se non abbiamo capito cos’è la Chiesa stento a rispondere di sì. Bisogna Lavorare ancora.]

 

di Maria Teresa Pontara Pederiva

 

Del Concilio di Trento conosce ogni particolare, ma anche sul Vaticano II non scherza e cita a memoria passi delle Costituzioni, in latino, perché, dice, “la traduzione italiana ha spesso perduto il pieno significato dell’originale”. Mons. Iginio Rogger, classe 1919, docente di storia della Chiesa e liturgia, ne è stato uno dei protagonisti trentini.

Come sono stati accolti l’annuncio e l’indizione?

Nessuno se lo aspettava. All’annuncio del gennaio ‘59 nella Basilica di San Paolo stavo lavorando al 4° volume di Storia della Chiesa: pareva fosse la fine del Vaticano I ancora privo di solenne formale conclusione. Ma ricordiamo cosa succedeva qui. Nel febbraio 1961 per decisione fulminea del papa si chiudeva l’episcopato De Ferrari e il governo della diocesi veniva affidato ad un amministratore apostolico, il vescovo Gargitter di Bressanone. E’ seguito un biennio dove l’attenzione era sì in loco, ma aumentavano gli interrogativi su quanto accadeva laggiù. L’incertezza in parte termina con la nomina di Gottardi nel febbraio ‘63. Nel frattempo inizia un Concilio che non assomiglia a nessuno dei precedenti perché saltano tutti i vecchi schemi.

In che senso?

Nel numero di persone coinvolte e nelle intenzioni: non per condannare eresie, ma aggiornare idee e strutture. E per una definizione più esatta e completa della Chiesa, anche se il nostro contesto catechistico non ne sentiva alcuna necessità. La parola “innovatores” era conosciuta dal Tridentino in ambito protestante: qualcosa da combattere, come le dottrine secolarizzatrici del 700. E ancora la ricomposizione dell’unità dei cristiani, il collegamento col mondo contemporaneo...

Dal Trentino chi era presente a Roma?

Gargitter ci rappresentava tutti. A giugno ‘63 entra Gottardi, a luglio apre il Museo Diocesano e a dicembre il 4° centenario della conclusione del Concilio di Trento. Intanto, morto Roncalli, succede Paolo VI e il 3-4 dicembre siamo ammessi al Concilio come delegazione trentina: il 3 per la solenne commemorazione della chiusura del Tridentino, il giorno dopo per l’approvazione della Sacrosantum Concilium, 1ª Costituzione conciliare, nonostante tutte le manovre dei tradizionalisti.

In che termini è innovativa?

Mentre mi chiedevo se la Chiesa dovesse essere monarchia papale o piuttosto una collegialità di responsabilità, la SC fornisce già una risposta. Illuminante l’approvazione: queste cose “placuerunt ai Padri del Concilio, significa “sono state decise”. E’ un PARLAMENTO! E il papa, in virtù della potestà conferitagli, le approva. Non era più il tempo di Pio IX! Per me è stata una gioia.

Quanto condivisa allora e oggi?

Ancora oggi poco: Ratzinger non ha sentito il bisogno di convocare un concilio per la questione del messale latino. Nella SC c’è già chiaro il costrutto teologico della Lumen Gentium: un’ecclesiologia ben definita che con grave dolore constato non ancora recepita.

Ci può fare qualche esempio?

Una serie di circostanze hanno congelato la situazione. Tutto andrebbe educato, maturato ...

Intende dire che è mancate un coinvolgimento?

“Le celebrazioni liturgiche sono azioni della Chiesa”, ma se non sai cos’è... va spiegato. Della Dei Verbum occorrerebbe citare più spesso: “Dio parla al suo popolo”, al popolo di oggi, come di ogni tempo. Come la SC n. 7: “Cristo è sempre presente (“praesens adest”) nella sua Chiesa e in modo speciale nelle azioni liturgiche”. Quando si parla di estensione delle lingue nazionali (n. 36), si rimanda alle autorità territoriali, ai vescovi. Ai nn.41 e 42 la vita liturgica “intorno vescovo”, poi estesa alle parrocchie. E ancora “senso della comunità parrocchiale” e “celebrazione - comunitaria della messa domenicale”. Ho ancora il testo di p. Hertling che usavamo all’università,”Communion und Primat”: la Chiesa non è altro che comunione. Anche da lui è maturato il Vaticano II.

E poi come si è andati avanti?

Era stato istituito un organismo apposito, presieduto dal card. Lercaro, per i nuovi libri liturgici. Peri il messali guidava mons. Wagner, direttore dell’istituto liturgico di Treviri, all’epoca il più competente. Dal gennaio ‘64 sono stato coinvolto nella commissione del nuovo Breviario, ribattezzato Liturgia delle Ore. Nell’introduzione le mie parole: “oratio populi Dei”. Ricordavo san Cipriano: quando preghiamo diciamo sempre “Padre nostro”. La preghiera del cristiano non è mai individuale. Nella messa abbiamo reintrodotto la preghiera dei fedeli perduta nei secoli proprio a causa della lingua latina che aveva estromesso il popolo. Ero anche nella commissione De cantibus: pensiamo al Sanctus, canto del popolo, da cantare spontaneamente, non da ascoltare dal coro.

E la musica?

Meglio una chitarra che aiuti L’assemblea che strumenti che facciano cantare il coro per conto suo. Bisogna intendersi sul termine sacro: anche l’adorazione del vitello d’oro era sacra!

E’sentito il ritorno al latino?

Non si possono cambiare le cose a proprio gusto. Risponderà la storia, ma non commetterei l’errore di tornare indietro: il Padre eterno vuole aiutarci a capire, perché ci vuol bene, tutti quanti.

Il problema allora è sempre l’idea di Chiesa?

Nel’50, tornato dalla Gregoriana, ho iniziato ad insegnare storia della Chiesa, ma nel’55 si avvertì l’urgenza di una disciplina liturgica, al di là del rubricismo di allora (come si tenevano le dita), così insegnavo anche liturgia. E’ Cristo che battezza, è lui che parla quando si legge la Scrittura, ma non si riceve l’eucaristia se non ci si sente fratelli. “Dove due o tre sono riuniti...”.

Clemente Romano scrive: “la Chiesa di Dio che è pellegrina a Roma alla Chiesa di Dio che è pellegrina a Corinto”. Non è meno Chiesa quella di Corinto! Non è la soggezione al romano pontefice - secondo l’infallibilità di Pio IX - l’appartenenza alla Chiesa, ma la fedeltà a Cristo. Tutte le Chiese sono prime ed apostoliche, là dove insieme comprovano la loro unità, insieme al successore di Pietro. Quella che è mancata in questi anni è la dimensione storica. Vigilio ricorre ad Ambrogio per la conferma a vescovo perché in lui vede la cattolicità. Senza comunione si fanno solo guerre di religione.

Sente la necessità di un altro Concilio?

Direi di no. Ci sono dei momenti in cui non sì può perdere il treno: c’è già il Vaticano II da attuare. Guardini diceva “Siamo ancora capaci di Liturgia?”. Se non abbiamo capito cos’è la Chiesa stento a rispondere di sì. Bisogna Lavorare ancora.