Msg a Gianni Vattimo per il suo «viva l’incerto non dipendo da nessuna verità ...
non si può più pensare che “c’è” una verità; e poi, un'esistenza tutta certezza, che barba; però saremmo liberi di negoziare con gli altri alla pari»
[CzzC: ma se dici che il diritto della forza prevale sulla forza del diritto, come potrebbero negoziare alla pari i neonati cuccioli d’uomo prodotti apposta per due gay?]
Da: CzzC inviato: mercoledì 19 ottobre 2011 11:22A: Gianni Vattimo (Europarlamento)
Oggetto: Viva l'incerto! Una riflessione da lettore del suo blog
Egr. Prof. Gianni Vattimo ...
Se non fosse lei il Prof. Gianni visibile cliccando qui, la pregherei di segnalarmi il disguido e di ignorare il seguito di questa mia.
Sono un ex prof, ex ...., ora in pensione dedito al volontariato di carità materiale e intellettuale, già interessato a sue riflessioni in ambito culturale e socio-politico, non fosse altro che per la scioltezza del suo discettare. E’ la prima volta che cerco di contattarla direttamente e preciso che l’intento di questa mia è di trasparenza e rispetto nei suoi confronti ...
Le rivolgerei una domanda, non prima di essermi meglio contestualizzato.
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 23/09/2023; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
Pagine correlate: pensiero debole; maestri di dubbio, NoTav
↑2011.10.18 traggo da http://giannivattimo.blogspot.com/2011/10/viva-lincerto.html
aggiungo commenti ed evidenze e gli scrivo CHIEDENDOGLI di correggermi eventualmente]
CERTEZZA/ Gianni Vattimo: grazie a Dio, non dipendo da nessuna verità
Gianni Vattimo martedì 18 ottobre 2011
[CzzC: scusa i seguenti links non più accessibili
- CERTEZZA/ Veca: la nostra domanda è una navigazione senza fine
- CERTEZZA/ Belardinelli: solo la realtà può sfidare il nichilismo felice
- CERTEZZA/ vai allo speciale E l’esistenza diventa una immensa certezza ]
Grazie a Dio sono incerto, o anche ateo – non idolatra, non verità-dipendente... [CzzC: da che cosa dipendi, Gianni, da “non-verità”? O non dipendi da nulla, nel senso che sei del tutto indipendente nella vita?]. E poi, una esistenza tutta certezza, che barba. Un po’ come il paradiso della tradizione: tota simul ac perfecta possessio. Ma per favore. [CzzC: concordo, Gianni, che barba la certezza che non servisse nulla per l’esistenza! Ma la certezza sperimentata quotidianamente fondante la qualità della propria vita è tutt’altro che barba per lo sperimentatore. Illusione? Sublimazione? Non ne nego il rischio e dirò più avanti come sia parabile a mio avviso].
Invece, però, che cosa? La storicità aperta, che è il vero senso del creazionismo. Non siamo manifestazioni di una struttura geometricamente demonstrata, la razionalità [CzzC: non solo la razionalità, ma anche la ragionevolezza, concetto più ampio, abbracciante pure fenomeni non descrivibili con un’equazione] che incontriamo nel mondo è solo un “fatto”, un prodotto contingente, storico, che per esser tale – con la nostra esperienza di scelte, di alternative, di progetti con riuscite e fallimenti – di ex-sistenza, cioè – attesta il carattere eventuale, libero, della mia provenienza. Chiamo Dio l’atto di libertà originaria da cui proviene la mia libertà [CzzC: bello questo appellativo di Dio! Bellissimo se non unico; ad esempio aggiungerei “atto di amore”] e che certo non posso dimostrare con le cinque vie tomiste né con qualche altro metodo deduttivo. Persino Cartesio non lo dimostra. E Kant riesce a immaginare solo la vita eterna come una continuazione della lotta per il bene, cioè come storia.
Se storia, se l’esistenza è storia, non è mai certezza definitivamente raggiunta [CzzC: riconosciamo essere molte le certezze che non posiamo scientificamente dichiarare definitivamente raggiunte: nemmeno la F=m*a di Galileo si rivelò una certezza definitivamente raggiunta quando fu corretta dalla teoria della relatività; ma, permettimi Gianni, di chiederti se ti parrebbe questa una sensata ragione sufficiente per sminuire la sussistenza di “verità rivelate” percepite dall’esperienza di una vita con così tanti probanti indicatori concreti di verità, che lo sperimentatore, anche laureato in fisica, non si sente affatto sciocco nel considerarle certezze definitive per sé e per i suoi cari].
Non che si sia sempre nel dubbio e non si “capisca” mai niente [CzzC: mi rallegro trovandoti assai più sensato di certi maestri di dubbio che ci ammaestrano così “il dubbio è responsabile, la mancanza di dubbi è irresponsabile”, il che proclamano senza dubitare della loro certezza in merito].
Ma è la libertà, cioè in fondo l’anima, che l’uomo non deve-vuole perdere. E la libertà originaria da cui sento di dipendere non è contenuto di un’idea chiara e distinta. Mi si dà solo come storia, racconto, mito. È l’insegnamento dell’ultimo Pareyson (Ontologia della libertà, Einaudi, Torino 1995) che pensa l’esistere come una ermeneutica del mito. La certezza con cui mi sento “appartenere” al mito, il mio, quello della mia storia, non è la certezza assoluta della ragione matematica (possibile solo se esistere significasse derivare logicamente da una struttura immutabile) che dovrebbe attestarne la “verità”. È per l’appunto una certezza esistenziale [CzzC: quella mia la chiamo esperienziale], sempre a cavallo tra la mezza luce dei ricordi d’infanzia (anche Gesù Bambino, anche Babbo Natale, come ci rinfacciano sempre i “realisti”) e quella della scommessa pascaliana [CzzC: Gianni, c’è chi, con le capacità di analisi e di sintesi che matura da adulto, si riappropria di certezze che da bambino aveva bevuto passivamente come il latte e che dunque vive ora non come ricordi, ma come elementi essenziali per il bene e il significato della vita sua e dei suoi cari, certo di non fare il loro danno, proponendo la stessa esperienza, nemmeno se essi la rifiutassero ironizzandola].
Perché una certezza esistenziale di questo genere non dovrebbe bastare? Già, chi lo nega, e perché? Una certezza esistenziale non basta per comandare, molto semplicemente [CzzC: e perché dovrebbe bastare per comandare? Non potrebbe bastare per il bene comune dei mortali, se non per il bene eterno?].
Se Hitler avesse solo avuto una profonda insofferenza verso gli ebrei – magari derivata dalla sua invidia per il piccolo Wittgenstein suo compagno alla scuola elementare di Linz, come si racconta – non ne avrebbe probabilmente operato uno sterminio così sistematico; lo ha fatto perché aveva una “teoria”, con pretese di valore “oggettivo”. [CzzC: aveva appunto una “teoria” di valore, che è ideologia o utopia se non è suffragata dall’esperienza; ma il senso della vita che trovano le persone divenute uomo nuovo in Cristo non è una “teoria-ideologia” perché è suffragato dall’esperienza quotidiana, non con soggettiva illusione o sublimazione, ma con oggettiva percezione riscontrata anche dai loro simili che li osservano (vedi lettera a Diogneto)].
Proprio come oggi si invoca la “legge di natura”, universale e dunque valida per tutti, che la conoscano o no – per vietare i matrimoni gay [CzzC: Gianni, non hai bisogno di ricorrere a trucchi retorici (vedi Shopenhauer, #1,2,28) per difendere le tue idee: I gay quantomeno nel diritto occidentale, possono mettersi assieme come e dove vogliono e possono celebrare festosamente la loro unione come meglio credono; la questione è ben altra: qualcuno vuole “ideologicamente” equiparare, sul piano del diritto e della cultura dominante, il matrimonio naturale tra maschio e femmina, sancito in atto pubblico con patto di stabilità finalizzato all’educazione dei figli (originando la famiglia naturale cellula della società) a qualunque forma di unione percepito piacevole per l’individuo,
- incluso il diritto per due gay di noleggiare uteri per levarsi lo sfizio di allevare dolcissimi cuccioli d’uomo
- incluso il diritto/piacere omosex di allevare cuccioli d’uomo (incapaci di scegliere i genitori adottivi) che potrebbero essere dati in adozione a idonee coppie etero-sex disponibili, in nome di una presunta “non discriminazione”
- incluso il piacere/diritto di vedersi riconosciuta dallo stato di diritto l’unione con una tazza (preteso forse da un tal Giorello?)
- incluso chissà che altro produrrà in futuro la fantasia degli umani, magari anche il diritto, come già accampato dal partito dei pedofili, di farsi i/le tredicenni consenzienti, visto che l’ONU ammette tranquillamente che certi suoi stati maggiormente finanziatori (Arabia Saudita ad es), consentano di sposare bambine dodicenni e meno]
, per non discutere di eutanasia [CzzC: Gianni, non hai bisogno ricorrere a trucchi retorici (vedi Shopenhauer, #5): sai bene che se ne discute assai, a meno che tu non intenda lasciare diritto di parola solo al primato della coscienza individuale in libero arbitrio, perché non di questo si tratta, ma di una questione di diritto comune, e spesso del diritti dei più indifesi];
solo per fortuna non si parla più della “naturale” superiorità dei bianchi sui neri. Del resto, non perché si sia riconosciuto, “oggettivamente”, che era una teoria sbagliata, ma solo perché i neri si sono ribellati... [CzzC: altro trucco retorico (vedi Shopenhauer, #6): non è solo perché i neri si sono ribellati: presumo che anche a te, Gianni, paia riduttivo vedere ogni accadimento come meccanicistico risultato di rapporti di forza fisica. Non ti vien da supporre che le forze che cambiano la storia possano essere anche quelle che cambiano il cuore dell’uomo?]
Mi si obietta: ma le rivoluzioni, anche quelle dei neri, non si sono forse ispirate a una qualche verità, anche proprio al diritto “naturale”? Ma forse che i monarchi ereditari hanno mai accettato di concedere la costituzione perché avevano “riconosciuto” la verità predicata dai loro sudditi? Perché anche il diritto “naturale” non dovrebbe essere un mito-certezza esistenziale – dei neri oppressi dai bianchi, dei poveri sfruttati dai ricchi, ecc.? Allora, se però è solo lotta di tutti contro tutti, ha ragione chi vince e basta? Intanto, importa prendere atto che adesso, e da molto tempo, da quando ci ricordiamo, è proprio così, quasi la sola “legge di natura” che conosciamo. ... [CzzC: in quel quasi colgo un residuo di speranza, segno di saggezza, che mi pare cristiano più che scientifico] E, se vogliamo ragionare da buoni democratici, la “ragione” vera starebbe comunque dalla parte dei più: dei popoli oppressi, dei proletari sfruttati... [CzzC: non sta male invocare qui la democrazia come legge di maggioranza; ma sai bene che la legge di maggioranza non è la suprema legge: vedi riflessione sul diritto applaudita recentemente al parlamento di Berlino].
Il punto è che, in corrispondenza o forse a causa, delle trasformazioni politiche – la rivolta dei popoli coloniali, la fine obbligata dell’eurocentrismo, anche la vergogna degli occidentali cristiani per le conversioni forzate e l’appoggio all’imperialismo nei secoli della modernità [CzzC: Gianni, bontà tua, hai omesso molte strofe delle litanie anticattoliche, ad esempio le crociate, le streghe, Giordano Bruno, Galileo, …. Sai peraltro che non sono quelle le “certezze” indicate dalla Chiesa cattolica, anzi, se n’è ascritte a colpa chiedendo perdono, consapevole di essere casta et meretrix; se non ti piacesse parlare di dogmi, ma di valori, sapresti anche essere altri quelli definiti “non negoziabili”. Ma non ti parrebbero debolucce le argomentazioni smontanti la valenza delle certezze oggi proposte dalla Chiesa cattolica, che non riuscissero a datarsi per meno di secoli?] – non si può più pensare che “c’è” una verità; giacché se ci fosse sarebbe necessariamente la nostra, non si è mai vista una filosofia, o una religione, che professi l’esistenza della verità che non le appartenga. Ciò di cui ci rendiamo sempre più conto – ma sarà questa appunto “la verità”, come ci obiettano i cultori del vacuo argomento antiscettico? – è che la verità universalmente valida è un’idea inseparabile dal potere [CzzC: verissimo: riconosco questo rischio grave, ma la Chiesa cattolica parla di CARITAS in VERITATE, e si lascia giudicare e correggere dal criterio della CARITA’ e chiede perdono dove pecca (e sa di peccare), quindi mi parrebbe più vaccinata di altri contro questo pericolo; non ritengo che tu intenda mettere sullo stesso piano la sete di potere di certi marpioni della finanza cinica e della politica, e la sete di servizio di milioni di cattolici che si prodigano per il prossimo, inclusa la stragrande maggioranza dei loro preti e Vescovi. Scusa se dico cattolici anziché cristiani, perché quelli non cattolici conosco meno, eppoi perché non hanno un responsabile come il Papa che si esprima autorevolmente a nome della Chiesa, tanto che il tuo amico Mancuso ebbe a dire nella mia Parrocchia “spiace che proprio loro, i protestanti, i massimi cultori della Parola di Dio, finiscano per non capirsi più”]. Anche quando serve ai rivoluzionari, è la base di una rivendicazione di potere, non certo la soddisfazione di un bisogno “naturale” di sapere come stanno le cose.
Ma ancora: solo lotta di tutti contro tutti? No, una volta scoperto questo (strano) vero, siamo finalmente liberi di negoziare alla pari [CzzC: ingannevole! Ma come presumi che si possa negoziare alla pari se hai appena detto che l’unica legge di natura che conosciamo è il diritto della forza anziché la forza del diritto? Come potrebbe negoziare alla pari un debole in tale contesto, un neonato adottabile a fronte di due gay che lo avessero comprato?] Non diciamo che ci siamo accordati perché abbiamo trovato la verità; ma che abbiamo trovato la verità perché ci siamo accordati. Ciascuno con i propri miti e le proprie convinzioni esistenziali: forse è questa versione laica e democratica della carità il vero messaggio del cristianesimo, Dio è presente fra noi quando ci amiamo e rispettiamo. E non altrove, nemmeno nell’alto dei cieli. [CzzC: Gianni, anche quest’altro forse è molto bello! Infatti Carità e Verità per il seguace di Cristo sono tanto unite che l’una senza l’altra… (vedi Caritas in veritate) e un apostolo tirato ad esprimersi nell’ipotesi che fossimo costretti a discernerne la priorità, disse che l’ultima parola spetterebbe alla CARITÀ. Permettimi un abbraccio fraterno in Cristo, cui mi pare tu sia vicino più di quanto non dia da credere, quantomeno perché vedo desta in te una domanda di significato, di giustizia, di bene comune, un anelito di infinito (il Senso religioso)].