Dal convegno di Verona 2006 parole nuove sul tema dell'affettività e dell'educazione all'amore
La teologa Ina Siviglia prospetta di far dare la comunione a conviventi etero ed omo, senza se/ma e senza ricordare la già vigente comprensione della Chiesa per certi casi particolari; il pedagogista di UniCatt Domenico Simone ricorda che l’amore diviene ‘fecondo’ quando è aperto al dono e alla vita” e, per giungere all’amore adulto, è necessario passare dall’amore egocentrico alla centralità dell’altro; ma l’articolo di VT, non firmato, introduce surrettiziamente con un ANCHE la testimonianza di Simone, come se fosse perfettamente in linea con quella di Ina.
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 04/03/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
Pagine correlate: comunione a conviventi etero/omo, benedizioni gay
↑2011.09.08 traggo da VT #35 pag 15: Dall'Eucaristia alla vita
Al centro della riflessione i cinque ambiti del convegno di Verona: parole nuove sul tema dell'affettività e dell'educazione all'amore
[CzzC: l’articolo non vedo firmato, perciò ci riteniamo autorizzati a ritenerlo voce in pieno intendimento della Direzione del settimanale e, siccome siamo nella pagina CHIESA, pure voce non distante dagli intendimenti del Vescovo].
Il Congresso eucaristico nazionale di Ancona ha aperto i suoi lavori il 5 settembre cominciando ad affrontare i il primo dei cinque ambiti delineati nel 2006 al convegno ecclesiale di Verona: quello dell’ “affettività”. Gli altri quattro ambiti, sui quali si è avviata una profonda riflessione di tipo pastorale, teologico e spirituale, sono “fragilità”, “lavoro e festa”, “tradizione” e “cittadinanza”.
“La sfera affettiva del nostro tempo può essere definita come ‘cultura dei senza’: sesso senza amore, amore senza matrimonio, matrimonio senza figli”: ha esordito con queste parole →Ina Siviglia, docente alla Facoltà teologica di Palermo, richiamando un pensiero di Amedeo Cencini sul tema dell’affettività. I fenomeni “molto diffusi” cui assistiamo – ha affermato – riguardano “rapporti sessuali estemporanei fuori da ogni progetto di vita comune, convivenze, diminuzione del numero delle nascite, aumento delle relazioni tra omosessuali, pratica diffusa dell’aborto, separazioni, divorzi”. Tutto questo – ha aggiunto – “deve indurci ad analisi e riflessioni molto puntuali che, evitando un moralismo esagerato, conducano ad una progettualità educativa che sappia accompagnare in maniera continuativa il bambino, il ragazzo, il giovane”. Il fine – ha poi rimarcato – “è quello di condurre a una maturazione adeguata e responsabile della sfera affettiva”.
“Nella mentalità corrente della nostra società, pensando ai numerosi adolescenti che vivono le prime esperienze sessuali, ai giovani che decidono di convivere piuttosto che celebrare il sacramento del matrimonio, alle giovani coppie alle prese con i problemi relativi alla morale coniugale, o a quanti fanno i conti con esperienze di tipo omosessuale, o ancora ai divorziati risposati” c’è la tendenza “a pensare che l’Eucarestia sia per i ‘sani’”: così ha poi proseguito Ina Siviglia, ricordando che le parole di Gesù: “non sono i sani che hanno bisogno del medico”. In questa esortazione a incoraggiare al ricorso ai sacramenti, specie a quelli della riconciliazione e della comunione, la relatrice ha ricordato che proprio l’Eucarestia “è il cibo dei viandanti, dei deboli, dei malati, dei peccatori che aspirano alla santità cioè all’unione totale col Cristo morto e risorto [CzzC: non mi è chiaro come la dotta teologa intenda che «aspiri alla santità» chi, potendone fare a meno, sceglie prassi coniugali omotrans o prassi che non sono conformi alla fedeltà coniugale pattuita anche civilmente oltre che sacramentalmente, quantomeno per l’educazione dei figli. La Chiesa già contempla singoli casi particolari – la cui analisi spetterebbe al vescovo - per i quali dà indicazioni eccependo rispetto a quelle ordinarie del suo Magistero (che non è suo, ma di cui è custode), ma la teologa, non accennando ai casi particolari, dimostra di mirare allo svincolo dell’etero e a benedire il vincolo dell’omo, sic et simpliciter. La teologa dovrebbe sapere che, secondo la dottrina cattolica, sarebbe proprio questa unione con Cristo (vedi[1] e[2]) ad essere mal testimoniata da certi comportamenti ovviabilmente e deliberatamente difformi dal Catechismo che non venisse cambiato; mi pare che analoga alla posizione della Ina sia anche quella del presidente della conferenza episcopale tedesca (non di tutti i vescovi tedeschi[3]), ma resta a mio avviso da vedere se quel presule intende chiedere semplicemente la rimozione del vincolo o una maggiore discrezionalità dei Vescovi nel derogare su singoli casi esaminati; e resta da vedere se Zollitsch canterebbe anche lui l’inno alla disubbidienza ecclesiastica scritto in merito da una penna d’aquila nostrana sul numero precedente del settimanale diocesano].
Il “cibo eucaristico” – ha sottolineato richiamando la teologia sacramentale - opera “una vera e propria trasformazione, cambiando l’essere umano in tutte le sue componenti fisiche, psichiche e spirituali” e “conformando i credenti a Cristo” [CzzC: mi pare che abbia omesso “consumato degnamente”].
ANCHE il →pedagogista dell’Università Cattolica Domenico Simeone ha notato che oggi, “di fronte alla necessità di compiere scelte, l’autonomia cede il passo all’insicurezza. [CzzC: qui potresti leggere interi i testi di Ina e Domenico]. Per far fronte alle esigenze di una prospettiva progettuale, i giovani hanno bisogno di orientamento, di qualcuno che insegni loro a mediare il desiderio”. Simeone ha poi notato che va riconsiderato il ruolo della famiglia: “l’educazione è un dovere essenziale – ha detto -, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato”.
[CzzC: l’«ANCHE» ad inizio paragrafo a me pare un trucco dialettico[4] di Vita Trentina, perché, leggendo quel che dice il Simeone, a mio avviso avrebbe dovuto scrivere «Invece»].
L’importanza dell’affettività oggi rappresenta per Simeone una “occasione” di sviluppo di un rapporto educativo. Infatti, ha affermato, “l’esperienza dell’amore spinge i giovani ad uscire da sé per approdare al territorio dell’altro. Questo ‘decentramento’ permette di avvicinarsi all’altro, di conoscerlo, di comprenderlo e di amarlo. Questo amore diviene ‘fecondo’ quando è aperto al dono e alla vita”. Il pedagogista ha proseguito ricordando che “per giungere all’amore adulto è necessario passare dall’amore-che-prende all’amore-che-dà, realizzando cioè il dono di sé. Possiamo descrivere il processo di crescita – ha detto - come un passaggio dall’amore egocentrico all’amore progettuale, indicando il percorso che la persona compie e che genitori ed educatori hanno il dovere di promuovere”. Infine, ha messo in luce l’urgenza di “aiutare i giovani a compiere, attraverso l’esperienza d’amore, la transizione dalla centralità dell’io alla centralità dell’altro, per attuare la conversione di Narciso, cioè il trapasso “dal pensiero di me all’impegno per chi mi sta di fronte, senza di che non vi è àdito alla maturità personale”.
[1] ad Ancona agli sposi il Papa ha detto: «Cari sposi, il vostro Matrimonio si radica nella fede che “Dio è amore” (1Gv 4,8) e che seguire Cristo significa “rimanere nell’amore” (cfr Gv 15,9-10). La vostra unione – come insegna l’apostolo Paolo – è segno sacramentale dell’amore di Cristo per la Chiesa (cfr Ef 5,32), amore che culmina nella Croce e che è “significato e attuato nell’Eucaristia» (Esort. ap. Sacramentum caritatis, 29)
[2] E ai fidanzati Papa ha detto: « Educatevi, poi, sin da ora alla libertà della fedeltà, che porta a custodirsi reciprocamente, fino a vivere l’uno per l’altro. Preparatevi a scegliere con convinzione il “per sempre” che connota l’amore: l’indissolubilità, prima che una condizione, è un dono che va desiderato, chiesto e vissuto, oltre ogni mutevole situazione umana. E non pensate, secondo una mentalità diffusa, che la convivenza sia garanzia per il futuro. Bruciare le tappe finisce per “bruciare” l’amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fedele, felice e indissolubile».
[3] Tre settimane prima della visita del papa in Germania (22-25 settembre), il presidente della conferenza episcopale tedesca, l'arcivescovo di Friburgo Robert Zollitsch, si è espresso a favore di una discussione riguardo alla questione della comunione ai divorziati risposati. Mentre il cardinale Meisner di Colonia e il nunzio apostolico in Germania, l'arcivescovo Jean-Claude Périsset, hanno immediatamente preso le distanze da mons. Zollitsch, alcuni eminenti teologi tedeschi lo hanno invece applaudito (clicca qui per articolo + esteso
[4] Nell’Arte di ottenere ragione Schopenhauer chiama «Generalizzazione dell'inferenza» questo sleale trucco dialettico (N.11) e lo spiega all’incirca così: portare l’interlocutore ad accettare la verità di un particolare (tesi minore, quel che dice Simeone nella fattispecie) trascinandolo con finte analogie (effetto di quell’«ANCHE»), onde dare per scontato che l’interlocutore accetti, magari senza accorgersi, la tesi più universale (tesi maggiore cara al truccatore, quella della teologa Ina nella fattispecie)