LE REAZIONI DI UN POPOLO FERITO      tratto da Tempi #2 del 19/01/2011 pag 28

La rabbia e la fede su Facebook

di Valentina Colombo  docente di Geopolitica del mondo islamico all'Università Europea di Roma

 

LA NOTIZIA DELLA ORRIBILE, e purtroppo ennesima, strage di copti ad Alessandria d'Egitto mi è arrivata proprio tramite uno strumento che spesso ho giudicato inutile e superficiale: Facebook. A Capodanno si mandano gli auguri di gioia e serenità e anche io mi stavo accingendo a scrivere sulla bacheca di un amico. Sameh Nas-siem Gayed è un gioioso ventottenne che, cinque anni fa, è stato mio studente per due giorni nell'ambito di un master di formazione euro mediterraneo organizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà. È copto di Alessandria. Da quando ci siamo conosciuti ogni tanto ci scambiamo notizie sul suo paese e soprattutto sulla condizione dei cristiani in seno a una maggioranza islamica. Le notizie non sono mai confortanti, ma il primo gennaio scorso dalle sue parole ho dovuto apprendere l'inimmaginabile tragedia. Sameh scriveva in dialetto egiziano: «La prima cosa che tutti noi dovremmo fare è festeggiare perché lo sporco terrorista ha fatto esplodere la sua bomba presso la Chiesa dei Santi per diffondere la tristezza e la paura nei nostri cuori per toglierci la voglia di gioire per farci soffrire, ma nessuno ci priverà della gioia del Messia e noi festeggeremo la nascita del Messia alla faccia dei terroristi. Celebrate il Messia perché Lui è la nostra salvezza, salvezza e gioia alla faccia dei terroristi, festeggiate, uscite di casa e seminate la gioia del Messia rispondendo a chi ha seminato l'odio davanti alla Chiesa».

   La memoria è tornata all'anno scorso, alla strage del Natale copto a Naga Hamma-di. Le parole di Sameh mi colpivano per la loro rabbia, subito placata da un'immensa fede. Nessuna accusa ai musulmani, ma solo ai terroristi. E proprio le parole "terroristi", "terrorismo" hanno iniziato a diffondersi in tutti i profili dei miei amici di Facebook egiziani, copti e musulmani, credenti e non, intellettuali e persone comuni. Nel giro di poche ore tutte le fotografie dei loro profili su Facebook sono state sostituite da un'immagine su fondo nero recante, in bianco, una croce e una mezzaluna e la scritta: "Sono un egiziano contro il terrorismo". Scorrendo le bacheche dei miei amici, scambiandomi alcuni messaggi privati con loro ho subito avuto il polso della situazione, dell'immensa rabbia diffusa a tutti i livelli. Come quella della scrittrice Mansoura Ezz Eldine. Poco più che trentenne, musulmana, residente al Cairo. Ho appena terminato di tradurre in italiano il suo romanzo Oltre il paradiso. Proprio su Facebook è nata tra noi una vera amicizia. Il primo messaggio sulla strage di Mansoura è il link a un "j'accuse" pubblicato sul sito inglese del quotidiano egiziano al Ahram in cui si legge: «Sono andato in giro, vi ho sentiti parlare negli uffici, nei club, alle cene ufficiali: "Ai copti bisogna dare una lezione", "i copti sono sempre più arroganti", "i copti mantengono segrete le conversioni dei musulmani" oppure "i copti impediscono alle donne cristiane di convertirsi all'islam, le rapiscono e le rinchiudono nei monasteri". Vi accuso tutti, perché nella vostra cecità bigotta non riuscite a vedere la violenza che voi esercitate sul senso comune logico e semplice».

   Mansoura, che pure è una penna straordinaria, non riesce a trovare parole proprie per descrivere quel che sente. Reagisce veementemente invece un suo collega che oggi vive in Kuwait. È Ibrahim Fargha-li, quarantatre anni, autore tra l'altro di uno straordinario romanzo I sorrisi dei santi, purtroppo non tradotto in italiano, che tratta proprio della questione copta. Ibrahim scrive sulla sua bacheca: «Non posso credere alle notizie... provo a descrivere gli autori del fatto... vili? Codardi? Cretini? Figli di puttana? Non so... il più bel commento di oggi è quello di Sayyid Mahmud tutti i cristiani e i musulmani in chiesa il 7 gennaio». Il commento cui fa riferimento Ibrahim dice: «Dio mio, Ibrahim... giovedì una compagna di scuola di mia figlia le ha detto: "Ho paura di andare a pregare in chiesa". E la profezia si è avverata. Questi hanno messo a ferro e fuoco una nazione che non meritano».

   C'è anche chi punta dritto l'indice sul governo. È il caso del giornalista copto che vive a Londra Adel Darwish che sulla propria bacheca commenta: «È plausibile che il servizio di sicurezza egiziano sappia chi sono gli estremisti islamici e chi muove le fila di ogni movimento radicale dei Fratelli musulmani. Ogni volta che sfidano il regime (come nelle ultime elezioni farsa boicottate dalla maggioranza e dalla classe politica) non hanno alcun problema ad arrestarli, ma li lasciano liberamente attaccare i cristiani». D'altronde non dimentichiamo che proprio per compiacere i Fratelli musulmani l'articolo due della Costituzione egiziana, che prevede che la sharia sia la fonte esclusiva della legislazione e quindi prevede che i cristiani siano dei cittadini di seconda categoria, è considerato intoccabile. Non poteva tacere Khaled Alberry, ex affiliato della Gamaat al-islamiya, autore di un meraviglioso libricino La vita è più bella del paradiso (edito in Italia da Bompiani), attualmente giornalista per la Bbc araba. Conosce il terrorismo e l'estremismo islamico dall'interno. È un pentito che non tace. Sulla sua bacheca scrive: «Ancora per quanto accuseremo mani esterne per nascondere i nostri difetti!». Ha ragione. Nello stesso istante su Facebook c'era già chi incolpava gli ebrei dell'accaduto.

   Il 2 gennaio sui giornali ecco un'altra notizia proveniente dal social network. Maryam Fekry, Mariouma per gli amici, 22 anni, vittima dell'eccidio, che prima di uscire di casa scriveva: «Il 2010 è finito. Questo anno finito contiene i migliori ricordi della mia vita, in questo anno sono davvero stata felice. Spero che il 2011 sia ancora meglio. Ho tanti desideri per il 2011, ti prego Dio stammi vicino e aiutami a fare che diventino veri». I suoi sogni non si sono avverati o forse come direbbe Sameh si è avverato il sogno della gioia eterna. Quel che mi auguro con tutti gli amici egiziani è che si avveri, anche se ci spero davvero poco, il sogno dell'intellettuale egiziano Hesham al Toukhy che anni fa scriveva: «Sogno che un giorno finisca ogni genere di segregazione, che si fermi ogni genere di oppressione, che tutti gli egiziani siano uguali e che la religione sia di Dio e l'Egitto degli egiziani».