Don P. Renner incolpa i cristiani delle persecuzioni subite: «la categoria di vera e falsa religione l'abbiamo inventata noi»
non so se trovi ancora accessibile in <webdiocesi> il documento che appresso trascrissi con commenti e link in riferimento alla suddetta prolusione del 2011.01.01: «...furono proprio i cristiani a creare la concezione della “vera religione”. A partire da qui abbiamo poi brevettato termini come “superstizione”, “empietà”, “eresia”, “idolatria”, che hanno a loro volta portato a persecuzioni di entità enorme – vedi inquisizione...»
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 23/10/2020; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
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Trento, 01 gennaio 2011 – Giornata Mondiale della Pace
Libertà religiosa e ricerca della verità
don Paul Renner
1. Una questione di metodo e di sostanza
Parlando dei “non pochi dissensi” che si son avuti nel corso della storia tra cristiani e musulmani, la dichiarazione conciliare Nostra Aetate auspica che “dimentichi del passato”, si possa guardare avanti. Il problema è che il passato non può essere semplicemente “dimenticato”, senza essere sottoposto ad un’adeguata riflessione ed elaborazione.
Ciò riguarda anche la parabola della questione relativa alla libertà religiosa, il tema di questa 44ª Giornata mondiale di preghiera per la pace: “La libertà religiosa, via per la pace”. Intendo allora proporre un autodafè sullo stile di Giovanni Paolo II, spronato però dallo stesso Gesù che senza mezzi termini sosteneva: “La verità vi farà liberi” (Gv 8,32).
A quanti gli contestavano di essersi recato in casa del centurione Cornelio (agli occhi degli ebrei uno straniero, seguace di idoli vani e dunque impuro), l’apostolo Pietro rispondeva candido: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto” (At 10,34). Le parole che vorrei sottolineare sono quello “sto rendendomi conto...”, che attesta come la Chiesa ed il cristianesimo siano realtà che nella storia sono chiamate ad accumulare esperienze, a farne oggetto di seria riflessione, operandone un discernimento nella luce della verità.
Mi riferisco qui in particolare ad un passo della enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II, ove si afferma: “Si può definire l’uomo come ‘il cercatore della verità’” (FR 2); ne deriva che chiunque affermasse di averla trovata in toto, rinuncerebbe ad una componente essenziale del suo essere persona, cioè al fatto di essere in cammino verso la verità. [CzzC: è il solito trucchetto dei sublimatori del dubbio sistematico che additano come contraddittori i semplici cercatori di verità che abbracciano quella corrispondente alle evidenze del loro cuore-mente e la insegnano ai cari come il dono più grande loro fattibile] Lo stesso Gesù poneva il proprio ruolo veritativo in mezzo a due concetti oltremodo dinamici come quelli di “vita” e di “via” quando rivelava: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me“ (Gv 14,6). E si noti bene: al Padre, non “ a Dio”, in senso lato. Lo ribadiva anche l’allora card. Ratzinger nel primo libro intervista con Peter Seewald (Sale della terra), ove alla domanda “Quante sono le vie che conducono a Dio”?”, rispondeva in maniera diretta e non equivocabile: “tante quanti sono gli uomini!” [CzzC: vuoi sermonarci, caro Renner, che Gesù non è Dio?]
E allora, in nome della verità storica, va ricordato che quando la Chiesa iniziò il proprio cammino in un mondo classico segnato dal più ampio sincretismo (scambi tra le religioni), dalla categoria ebraica del puro ed impuro, di “noi” e “loro” furono proprio i cristiani a creare la concezione della “vera religione”. A partire da qui abbiamo poi brevettato termini come “susperstizione”, “empietà”, “eresia”, “idolatria”, che hanno a loro volta portato a persecuzioni di entità enorme. Basti pensare a quella che per secoli abbiamo definito la “santa”Inquisizione!
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Noi cristiani abbiamo distrutto la libertà religiosa dell’antichità, bollandola come paganesimo, errore diabolico e libertinaggio.
Questa mentalità condusse papa Bonifacio VIII a proclamare nel 1302 che “ogni essere vivente è sottomesso al Romano Pontefice!” (Bolla Unam sanctam). Ogni commento risulta oggi superfluo.
Una voce isolata si è levata nell’era dell’Umanesimo, in controtendenza con la visione generale. Si trattava del card. Nicolò Cusano, allora vescovo di Bressanone, il quale nel suo De Pace Fidei (scritto nel 1453 dopo la caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi di Muhammad II) afferma che vi è una “religio in rituum varietate”, che si può tradurre con “vi è una sola fede, pur nella diversità delle religioni”.
Le religioni possiamo infatti vederle come i diversi linguaggi di cui il genere umano si è dotato per esprimere – in fondo – simili pensieri, sensazioni, progetti e speranze. Solo che la religione è un linguaggio che punta all’infinito, all’eterno, e non può e non deve appiattirsi su dinamiche troppo terrene – come quelle del potere, dell’orgoglio, della violenza - pena la nascita di incomprensioni, contrasti, opposizioni e persecuzioni.
L’intransigenza cristiana è stata poi mutuata da una certa visione dell’islam, che si è posto come “rivelazione e religione definitiva”, che integrava le religioni del libro (ebraismo e cristianesimo) ed annullava tutte le altre, con l’obbligo di convertirsi all’unico Dio vero.
Intransigenza per intransigenza, esclusivismo per esclusivismo: come cristiani e musulmani abbiamo insanguinato la storia del genere umano. E ce ne dobbiamo vergognare e dobbiamo chiedere scusa al mondo per questa nostra lettura oscura della Luce che ci è stata rivelata.
Ripeto tuttavia ancora una volta: la categoria “vera-falsa” religione l’abbiamo brevettata noi cristiani, pure se ora in molte zone del mondo siamo proprio noi a subirne le conseguenze.
Se poi è vero che da sempre la teologia cristiana ha affermato la possibilità di salvezza per il singolo “pagano” (lasciatemi usare questo termine) di buona volontà, rimane aperta la domanda se le altre religioni possano essere viste come vie di salvezza. Nemmeno il Vaticano II ha risolto tale questione. Il Concilio esprime infatti apprezzamento per i fedeli delle altre religioni, non per le religioni in sé, pur affermando – per la prima volta nella storia del Magistero cattolico – la necessità della libertà religiosa. Il motivo invero era più socio-politico che teologico. Molti padri conciliari vivevano infatti in terre dove la Chiesa era minoranza e la professione di tale principio si rivelava necessaria alla sopravvivenza delle loro comunità. Al Concilio per la prima volta i vescovi sperimentarono una visione del mondo non eurocentrica che – purtroppo – invece pare riaffermarsi negli ultimi decenni.
“Chi non è contro di noi, è con noi....” (Mc 9,40//), afferma ripetutamente Gesù nei Vangeli. Essendo lectio difficilior si deve preferire questa versione a quella scontata “chi non è con noi, è contro di noi”, che divenne però in certa misura la visione di fondo dell’agire della Chiesa, una volta assurta a struttura di potere mondiale. Il potere non logora solo chi non ce l’ha, ma anche chi lo detiene. Ora che la Chiesa cattolica ha dovuto deporre tanta sicumera del passato, vede le cose con maggior lucidità e verità, per così dire “dal basso” e non più da una posizione di privilegio, nella quale spesso prevalgono gli argomenti umani su quelli evangelici.
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Eppure sulle dinamiche odierne pesa l’ipoteca di recenti epoche storiche in cui gli uomini – specie quelli di cultura, di scienza e di potere – hanno cercato di sbarazzarsi di Dio e della religione. Si pensi al sorgere dell’età moderna, all’Illuminismo, alle dottrine comuniste o nazifasciste, alle perverse e suadenti spirali delle sirene del consumismo, del materialismo, dell’edonismo postmoderno. Si pensi a quanti vedono nelle religioni monteistische la radice delle violenze e delle guerre oggi in corso nel mondo. Ma davvero il mondo sta meglio senza Dio e senza religione?
2. Libertà religiosa o libertà dalla religione
Giulio Giorello [CzzC: quello della tazza?], afferma in una recente intervista: “Non ho mai incontrato un fanatico del relativismo.” Buon per lui: io ne conosco diversi. Ed ancora prosegue l’illustre filosofo agnostico: “Per l’ateo è più facile costruire una coesistenza civile dove ci sia libertà di seguire Dio in piena coscienza”. Tale visione delle cose – incentrata tuttavia su di un discutibile cliché di credente-intransigente, che professa la famigerata “fede cieca” - viene condivisa da molti contemporanei, per il fatto che la religione si è fatta spesso oppressiva, dogmatica, intransigente, negatrice dello sviluppo e della ricerca della verità.
A onor del vero va tuttavia ribattuto che anche la scienza, la tecnica, il progresso hanno “spaesato il cuore dell’uomo” (V. Maraldi). Tutto ciò che ha suscitato le speranze degli umani si è rivelato inaffidabile, cioè non degno di fede. Ecco allora diffondersi il pluralismo di opinioni – che è comunque un bene – ma anche l’incertezza radicale, i talk show che pongono le più diverse opinioni sul medesimo piano, il relativismo ostinato, l’insano collegamento tra ateismo (o agnosticismo) e libertà. Lo aveva affermato lucidamente C.S. Lewis: “Quando se ne vanno gli déi, arrivano i semidéi!”
Molti oggi pensano che la vera libertà dell’uomo consista nel liberarsi dalla religione. E’ una vecchia illusione che circola dai tempi dell’Illuminismo e che non ha portato molti buoni frutti, tranne – forse - proprio quello della concezione moderna della libertà religiosa.
Le religioni si sentono oggi infatti tenute a rispettare le altre credenze e l’ordine civile in cui operano, senza esercitare su di esso indebiti influssi, mentre da parte sua la società secolare postmoderna non deve interferire nelle questioni religiose, ma permettere e facilitare ai cittadini la professione e l’esercizio della religione. La religione – infatti - a differenza della fede, che è una realtà oltremodo intima e non giudicabile, ha una chiara ed innegabile dimensione pubblica e conseguenze nell’ordine socio-politico-culturale. Laddove un’autorità civile si ponesse in contrasto con l’esercizio della religione, non avremmo più il caso di una corretta laicità ma di un palese e indebito laicismo.
Benedetto XVI spiegava all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite: “I diritti umani debbono includere il diritto di libertà religiosa, compreso come espressione di una dimensione che è al tempo stesso individuale e comunitaria, una visione che manifesta l'unità della persona, pur distinguendo chiaramente fra la dimensione di cittadino e quella di credente".
Molti ancora sono convinti che la religione sia oppio per i popoli [CzzC: vedi Umberto Eco], come sosteneva Marx. Non è la religione in sé ad essere un pericolo per la società, bensì un uso improprio della stessa! Il sentimento religioso è comunque iscritto nel cuore dell’uomo e nasce dalla sua capacità di stupirsi dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo, due frontiere dove anche la scienza si muove con circospezione. La religione non si può estirpare dal vissuto
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umano, perché al di là dei problemi con cui siamo confrontati, esiste anche il mistero, che non si lascia ridurre a problema da risolvere, come ci invitava a considerare il filosofo Gabriel Marcel. Si tratta però di spiegare agli uomini del nostro tempo - specie ai giovani – perché la religione sia una chance e non un peso o un limite.
Scrive ancora papa Benedetto in merito a questa Giornata mondiale 2011 [CzzC: che abile nel citare i 2 Papi, che invero in aula alludeva non proprio come illuminati, per attirare il consenso anche dei papasuccubi sulle frasi in titolo ed evidenziate, care agli amici della cultura dominante]: "La libertà religiosa è autenticamente tale quando è coerente alla ricerca della verità e alla verità dell'uomo. Questa impostazione ci offre un criterio fondamentale per il discernimento del fenomeno religioso e delle sue manifestazioni. Essa consente infatti di escludere la 'religiosità' del fondamentalismo, della manipolazione e della strumentalizzazione della verità e della verità dell'uomo. Poiché tutto ciò che si oppone alla dignità dell'uomo si oppone alla ricerca della verità, e non può essere considerato come libertà religiosa".
A ragione allora Papa Benedetto XVI nel suo messaggio per questa 44ª Giornata mondiale di preghiera per la Pace afferma: “Fondamentalismo religioso [CzzC: che è diverso da integralismo] religioso e laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità”. Da parte sua Enzo Bianchi, priore di Bose, nel suo La differenza cristiana, non mancava però di osservare come l’attuale anticlericalismo sia anche una reazione al rinascente e marcato clericalismo, alle invasioni di campo che chiese e religioni attuano nei confronti della sfera delle realtà secolari.
Occorre di conseguenza rinnovare la concezione e l’esercizio del nostro cristianesimo, di quello che il teologo Wolfgang Beinert definisce “respiro di libertà”, ma che a volte si rivela essere vuoto automatismo e fariseismo di facciata.
3. La libertà religiosa: una via difficile ma una via!
Hans Küng nel suo Progetto per un’etica mondiale (volume e progetto che hanno appena festeggiato i vent’anni di vita) afferma in maniera tassativa che non vi sarà pace mondiale senza pace tra le religioni.
Anche il Papa sembra aver fatta propria tale visione quando nel messaggio per la odierna Giornata ribadisce: “Il mondo ha bisogno di Dio. Ha bisogno di valori etici e spirituali, universali e condivisi, e la religione può offrire un contributo prezioso nella loro ricerca, per la costruzione di un ordine sociale giusto e pacifico, a livello nazionale e internazionale.”
E’ sempre il Papa ad affermare: "L'uomo non può essere frammentato, diviso da ciò che crede, perché quello in cui crede ha un impatto sulla sua vita e sulla sua persona. 'Il rifiuto di riconoscere il contributo alla società che è radicato nella dimensione religiosa e nella ricerca dell'Assoluto - per sua stessa natura, espressione della comunione fra persone - privilegerebbe indubbiamente un approccio individualistico e frammenterebbe l'unità della persona' (Discorso alle Nazioni Unite, cit.). Per questo: 'Libertà religiosa, via per la pace'".
La libertà religiosa cui si aspira ritengo vada inquadrata nell’ottica di quella grande liberazione che Gesù ci ha portato e che Paolo scrivendo ai Galati sintetizza con le efficaci parole: “Cristo ci ha liberati, affinché restassimo liberi!” (Gal 5,1)
Liberi però da cosa? Dalla vanagloria, dall’abbaglio del potere, dagli interessi umani, dai giochi della politica, dalle lusinghe del successo terreno, dalla logica campanilistica, dalle
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visioni meschine e non cattoliche (cioè universali), dal bigottismo dei farisei, dalla morale borghese, dal facile giudicare, dal sentirsi a posto e così via...
Si comprende a questo punto che parlare di libertà religiosa comporta anche una dinamica interna di conversione, una liberazione della religione dalle incrostazioni che ha subito nel corso della storia. E’ un’impresa che anche Gesù ha compiuto, invitandoci a distinguere tra la legge di Mosè e le tradizioni degli uomini, tra il vangelo e le letture che ne abbiamo fatto in passato.
Si tratta cioè di purificare mente, cuore, linguaggio e prassi, perché la verità sia cercata in maniera umile e sincera, senza la pretesa di esserne già i detentori.
Si tratta di evidenziare ciò che unisce, senza negare ciò che distingue.
[CzzC: come non condividere? Ma il metodo migliore per operare in questa direzione è l'incipit di questo sermone? Mi chiedo se anni dopo, con altre centinaia di migliaia di cristiani dilaniati dai maestri di odio islamista, il don sia ancora a raccontarci che per difendere la libertà religiosa occorra predicare che in fin dei conti tutte le religioni si equivalgono e che dobbiamo noi cristiani siamo vittime della nostra presunzione di verità]
Si tratta di puntare alla “Gerusalemme di lassù, che è libera ed è nostra madre” (Gal 4,26).
Tutte le religioni comportano quella che J.B.Metz chiamava la “riserva escatologica”, ovvero l’attesa di una pienezza che non sarà costruita da noi ma ci verrà data. La storia è il contesto delle realtà provvisorie, imperfette, parziali. Solo il Regno porterà lo svelamento del progetto di Dio.
Questo Regno di Dio, questo Punto Omega, come lo chiamava Teilhard de Chardin, nessuna religione lo possiede. E’ esso che le tiene tutte in tensione di ricerca, in cammino, che le attrae e le convoglia ad un fine ultimo “più oltre e più in là”.
Non nella storia devono porre il proprio baricentro le religioni ma nella definitività che solo Dio potrà donare. E’ verso la simbolica Gerusalemme celeste che coinfluiranno alla fine dei tempi i credenti di tutte le religioni. Non a Roma. O alla Gerusalemme che sta in Israele. O alla Mecca. O a Benares. O in altro luogo sacro alle religioni.
Cercare la Verità. Quella che tutti ci ha generati, tutti ci trascende, tutti ci accoglie. Quel Dio che “è Padre di tutti, sta al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,6)
Quel “Dio ignoto” che Paolo trovava nell’Agorà di Atene (At 17, 23). Ma quel Dio che rimane misterioso anche a noi che lo professiamo (Is 45), perché è Colui del quale non possiamo pensare nulla di più grande. Ed è questo il Mistero assoluto che ci inebria, che provoca vertigine, che ci spinge a camminare sulla via della pace, percorsa tanti anni fa da un Nazareno che – per noi cristiani – è il Principe della pace.
In questi propositi il fatto cristiano non è affatto alla fine ma, come sosteneva H.U. von Balthasar, “è appena all’inizio!”
Se la “libertà religiosa è via della pace”, non ci resta allora che augurarci di cuore BUON CAMMINO!
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Don Paolo Renner Nato a Merano il 02.04.1958. Ordinato sacerdote a Bressanone nel 1985. Ha studiato Teologia a Roma, Pontificia Università Gregoriana. Insegnante di Teologia Fondamentale presso gli Istituti di Scienze Religiose di Cassino, Rieti ed Arezzo. Nel 1992 Dottorato in Teologia Dogmatica presso la Gregoriana. E’ docente titolare delle cattedre di Scienze della Religione e di Teologia Fondamentale presso lo Studio Teologico Accademico di Bressanone, di cui è anche Vice Preside. Docente con cattedre di Teologia delle Religioni e di Istanze Odierne della Teologia Fondamentale presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Trento. Dal 2009 è Direttore dell’Istituto per la Giustizia, la Pace e la Salvaguardia del Creato di Bressanone. Membro della Associazione Europea di Teologia Cattolica Responsabile corsi teologici annuali presso Facoltà ortodossa di Minsk (Bielorussia). Esperto di traduzione simultanea in ambito filosofico-teologico, con partecipazione a numerosi convegni specialistici. Coordinatore pastorale della Comunità del “Cenacolo” di Merano. Responsabile culturale dell’Azione Cattolica di Bressanone Membro del Comitato editoriale della Facoltà Teologica del Triveneto – Padova Pubblicista ed editorialista domenicale per “Il Corriere dell’Alto Adige”. Collaborazione a riviste specialistiche, traduzioni e numerosi contributi scientifici. |
Nato a Merano il 02.04.1958. Ordinato sacerdote a Bressanone nel 1985. Ha studiato Teologia a Roma, Pontificia Università Gregoriana. Insegnante di Teologia Fondamentale presso gli Istituti di Scienze Religiose di Cassino, Rieti ed Arezzo. Nel 1992 Dottorato in Teologia Dogmatica presso la Gregoriana. E’ docente titolare delle cattedre di Scienze della Religione e di Teologia Fondamentale presso lo Studio Teologico Accademico di Bressanone, di cui è anche Vice‐Preside. Docente con cattedre di Teologia delle Religioni e di Istanze Odierne della Teologia Fondamentale presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di
Trento. Dal 2009 è Direttore dell’Istituto per la Giustizia, la Pace e la Salvaguardia del Creato di Bressanone. Membro della Associazione Europea di Teologia Cattolica Responsabile corsi teologici annuali presso Facoltà ortodossa di Minsk (Bielorussia). Esperto di traduzione simultanea in ambito filosofico‐teologico, con partecipazione a numerosi convegni specialistici. Coordinatore pastorale della Comunità del “Cenacolo” di Merano. Responsabile culturale dell’Azione Cattolica di Bressanone Membro del Comitato editoriale della Facoltà Teologica del Triveneto – Padova
Pubblicista ed editorialista domenicale per “Il Corriere dell’Alto Adige”. Collaborazione a riviste specialistiche, traduzioni e numerosi contributi scientifici.