LINDO FERRETTI
↑2010.09.17 da l’Adige 17/09/2010 pag 14 – Cultura e società precedente:conversioni
che trae da <lib&pers> Giovanni Lindo Ferretti, nato nel 1953 a Cerreto Alpi (Reggio Emilia), ha trascorso molti anni qua e là per l’Italia e per il mondo: abbandonata la fede cattolica dell’infanzia, militante dell’estrema sinistra extraparlamentare, fondatore e animatore di gruppi punk-rock d’avanguardia fra i più noti e “popolari” a partire dal 1982 (CCCP-Fedeli alla linea, poi CSI, poi diversi altri), autore e interprete di canzoni famose, protagonista di concerti indimenticabili, cinque anni fa compiva un clamoroso viaggio di ritorno: “Dopo aver cercato il senso in mille modi senza trovarlo, l'ho trovato tornando a casa”, confesserà in un’intervista. Il recupero della fede cattolica riempie di profumato vino nuovo un contenitore né stanco né deluso: vive attualmente nel paese natale, impegnato ad assistere la mamma anziana e, nel tempo che l’amore e l’alzheimer gli lasciano libero, a cantare e parlare e scrivere e pensare.
Il tormentato approdo del cantante Lindo ferretti, ex leader del gruppo punk Cccp, poi Csi e ora Prg (Per Grazia Ricevuta) alla dimensione spirituale.
Lindo Ferretti ha ripercorso il cammino accidentato che lo ha portato dall'esuberanza giovanile a una dimensione più Intima e spirituale.
La dolcezza del ritorno a nuova vita.
Tornare a casa. Per ritrovare un senso. Dopo un lungo peregrinare che non è stato del tutto vano. Questa in sintesi l'esperienza di Giovanni Lindo Ferretti, ex leader del gruppo punk filosovietico «CCCP Fedeli alla linea», poi «CSI» e oggi «PRG» (Per Grazia Ricevuta). Ora apprezza i libri di Ratzinger, chiede ad un prete di montagna di benedire la sua stalla, dove alleva cavalli, non ascolta molta musica e guarda solo ogni tanto qualche programma tv con l'anziana madre sulla televisione dello zio. Magari dopo aver recitato il rosario. Ferretti è stato a Trento, invitato dalla associazione «Libertà e Persona», a parlare, in una intensa conversazione, con tante persone venute ad ascoltarlo all'Istituto Salesiano, di questo suo ritorno (egli stesso preferisce non parlare di conversione). Accanto a lui c'era Lorenzo Fazzini, autore del libro «Nuovi cristiani d'Europa» (Lindau). Lo abbiamo incontrato per domandargli cosa resta di «buono» del suo passato.
«È grazie alla mia storia che sono così oggi. Non rinnego nulla: ad un certo punto della mia vita mi sono trovato ad approfittare di una "chance":'il punk. Non era importante se sapessi suonare o cantare: bastava salire sul palco e dire qualcosa. È quello che ho fatto. Non l'ho mai intesa come "profonda" scelta artistica. È il gioco della vita, dove ti scontri con cose positive e negative. Sono state importanti le persone accanto a me: Massimo Zamboni, il mio "socio" e tutte le cose le abbiamo fatto insieme. È stato "un gruppo di persone" a rendere quella storia verosimile».
Lei è un cantante però, un «uomo di spettacolo» che prima diceva e cantava delle cose che «piacevano» a tanti. Poi c'è stata una «conversione»?
«Quello che di buono è venuto fuori da quell'esperienza lo devo alle persone che avevo intorno. Non mi reputo "un cantante", anche se in qualche modo lo sono. Chi è che può giudicare a fondo della propria vita? Ad un certo punto, più che parlare di conversione, direi che "sono tornato a casa", in un processo quasi "naturale". La casa di mio Padre, quello che mi ha generato. Concretamente ho fatto ritorno alla casa dei miei genitori, al loro lavoro. Sono nato in un piccolo paese di montagna, in una civiltà cattolica tradizionale, dopo aver cercato "soddisfazione" in tutte quelle che oggi reputo delle "illusioni". Però, in fondo, ho sempre guardato le cose senza raccontarmi delle bugie. Ho dovuto accettare, in un determinato momento, che buona parte delle illusioni proposte allora come "salvezza", piacere, bellezza, a me non facevano lo stesso effetto. Non ci trovavo questa gran "soddisfazione". Quando sono stato ben cosciente che la mia vita non mi soddisfaceva, l'unica cosa plausibile era guardarmi intorno per cercare delle alternative. A quel punto ho individuato ciò che desideravo: quel che avevo alle spalle, non quello che avevo davanti a me. Chiusi allora con "l'avanguardia": avevo un estremo bisogno di tornare a casa e riprendere un altro percorso. Senza rinnegare ciò che avevo fatto. Sarebbe stato ben più triste se fossi rimasto sempre dov'ero, pieno di rancore o aspettative rispetto a chissà cosa o chissà dove».
Cosa c'era di così importante «indietro»?
«Sono stato un bimbo felice, amato, in una società tipica del cristianesimo tradizionale. Quando niente mi funzionava più ho avuto la fortuna di avere qualcosa alle spalle. Allora sono tornato indietro. A casa, e in chiesa». E cosa è successo di nuovo nella «vecchia vita»?
«Non è che sia diventato più furbo o intelligente. La vita è fatta di quotidianità. A volte si cade, si arranca, si va avanti. Però ho una prospettiva più serena».
La sua adesione alla Chiesa oggi è priva di ombre o ci sono cose che non le quadrano? Nessuna critica?
«Ho una dimensione di fede molto umile, popolare e tradizionale. Non sono un teologo, non sono neanche interessato a tutta una serie di discorsi sulla Chiesa, di cui so, ma non fanno parte della mia vita. Non ho pretese intellettuali: non mi aspetto che la Chiesa sia perfetta. Prego che non sia troppo imperfetta! La Chiesa, è fatta di uomini, e gli uomini da soli non sono in grado di risolvere i propri problemi. Possono confidare nel perdono di Dio».
Oltre alla parabola del figliol prodigo, che sarebbe scontata, c'è un altro brano dei Vangeli a cui è particolarmente legato?
«Sono figlio di pastori e oggi sono tornato in qualche modo a fare quel lavoro: per me leggere il Vangelo è una esperienza molto concreta, legata alla mia quotidianità. In ogni caso mi sento un peccatore, non uno che possa dare grandi consigli. Ho smesso di andare in Chiesa quando avevo 14 anni, sono tornato a 40. Ero legato ad un certo tipo di liturgia, quella adorante, ne ho, trovato una di tipo assembleare che non apprezzo molto. Sono legato alle preghiere tradizionali, in latino, mi danno noia le "canzoncine" in chiesa. Abbiamo un patrimonio tradizionale da conservare. Ho la forte percezione della complessità della dimensione spirituale e religiosa».
Risentendo le vostre canzoni degli anni '80, quando mettevate a fuoco il binomio politica e religione, che di li a poco avrebbe determinato nuovi assetti internazionali, siete stati «profetici»?
«Nei brani di CCCP e poi CSI, al di là del piacere di una musica molto grezza e primitiva, ho gestito le parole. Sono stato sempre onesto con me stesso e con chi mi ascoltava. Anche allora facevo delle riflessioni sulla complessità del vivere nel nostro tempo. E credo che in alcuni brani abbiamo detto ciò che stava accadendo».
↑2010.09.07 <lib&pers> Giovanni Lindo Ferretti militante dell’estrema sinistra extraparlamentare, 5 anni fa compiva un clamoroso viaggio di ritorno; il recupero della fede cattolica …
- da Vita Trentina; A TRENTO GIOVANNI LINDO FERRETTI RACCONTA LA
PROPRIA
Dieci storie di conversione
L’associazione "Libertà e Persona" in collaborazione con Edizioni
Lindau porta a Trento mercoledì 15 settembre (ore 20.45, Istituto Salesiani)
Giovanni Lindo Ferretti, cantante, cantautore e scrittore, già leader dei CCCP
e dal 2002 anima del progetto PGR, che da militante di estrema sinistra, in un
percorso drammatico e sincero, è giunto alla fede. Intervistato da Lorenzo
Fazzini, giornalista, collaboratore di «Avvenire», autore di "Nuovi cristiani d'Europa. Dieci storie
di conversione tra fede e ragione" (Edizioni Lindau), Ferretti
racconterà la sua vita e la sua conversione. "Non mi rinnego né mi
consolo, per quello che oggi sono non posso che accettare quello che sono
stato", dice oggi. "Dopo aver cercato il senso in mille modi senza
trovarlo, l'ho trovato tornando a casa. Al mio mondo di quando ero bimbo: i
monti, il rosario. Sono uno che iniziò a curiosare tra i libri dell'allora
cardinal Ratzinger per capire perché molti ne parlassero male. E ora che sono
tornato a casa, Benedetto XVI è il mio maestro". Una conversione che ha
lasciato tracce tangibili in tutta la sua produzione musicale.