Tratto da Vita Trentina #35 12/09/2010 pag 11, più commenti prefissati da [CzzC: che intendono esprimere un grazie al Vicario, con domande ed auspici in funzione costruttiva.
Mons. Lauro Tisi … ai microfoni di radio Studio Sette risponde alle domande del direttore Marco Zeni e di Diego Andreatta (in onda martedì 14 settembre alle ore 11.05).
Da quanto avvenuto quest'estate sale un grande grido: c'è bisogno di dialogo e di confronto - osserva don Tisi - La risposta a quest'ora di conflittualità e di tensione è proprio il coraggio di uomini e donne di buona volontà che assumono la fatica del dialogo, anche sapendo che non vengono presi sul serio. Ma non c'è alternativa: o c'è dialogo o la conflittualità esplode sempre di più.
Prima di parlare del nuovo Anno, guardiamo indietro.
Sono estremamente soddisfatto di come il Piano pastorale lanciato lo scorso anno è stato recepito. Le schede, molto apprezzate, hanno aiutato le nostre comunità ad uscire di sagrestia, a mettere in agenda temi nuovi rispetto al passato e portare dentro la vita le grandi sfide di quest'ora: immigrati, famiglie in difficoltà, anziani... Si è provato a fare un salto in avanti: dal semplice riorganizzare la pastorale all'andare incontro all'uomo contemporaneo e lasciarsi inquietare da quanto viene dalla storia di oggi [CzzC: non è una novità nella testimonianza cristiana l'andare incontro all'uomo contemporaneo e lasciarsi inquietare dall’esperienza umana quotidiana; ciò si vede nella grande caritativa di molti umili fedeli, magari strapazzati dal loro parroco perché sarebbero troppo tradizionalisti; oppure si guardi all’opera dei Movimenti del dopo Concilio, esplicanti questa azione dello Spirito con le famiglie e con i giovani delle superiori e dell’Università, che le parrocchie perdono subito dopo la Cresima; e, pur ammettendo che anche nei Movimenti si può peccare di esclusivismo, mi chiedo se siano conformi alla collaborazione fraterna della pastorale giovanile locale affermazioni del tipo «quei giovani nella scuola sono adulti e vaccinati, debbono imparare a camminare con le loro gambe, e mai li indirizzerei a cercare contatti con i Movimenti, nemmeno se me lo ordinasse il Vescovo»].
Dopo "ascoltare", la parola-chiave sarà "comprendere"...
Sì, ma nel senso di portare - dentro. Se l'anno scorso abbiamo cercato di aprire gli occhi sulla realtà, ora ce ne facciamo carico e cerchiamo di vedere cosa possiamo fare. Con particolare riferimento a giovani, famiglie e immigrati, le tre priorità più gettonate nelle indicazioni dei vari Consigli e delle assemblee nelle zone pastorali..
Nel sussidio precisate gli strumenti del comprendere...
Lo sforzo è di entrare in dialogo col mondo laico. S'inviteranno a parlare nelle nostre realtà voci anche non ecclesiali per ascoltare i loro punti di vista su queste tematiche. Per poi cercare anche insieme di dare delle risposte concrete. [CzzC: supponendo che le voci non ecclesiali si intendano comunque appartenenti alle istituzioni civili, è assolutamente da promuovere la sinergia con le istituzioni, anche per evitare scoperture o ridondanza di intervento, nonché per mutuare best practices, cercando di ottimizzare ruoli e risorse. Al riguardo i presenti all’assemblea pastorale del 18/09 sono in larga misura già presenti e prodighi nelle molteplici attività caritative sui rispettivi territori; molti di loro sono saturi e pure memori della raccomandazione che ci fece il Vicario nell’Assemblea pastorale del 2009 di liberarci dall’ “alienazione del FARE dominato dall'ANSIA più che dalla CONTEMPLAZIONE DI DIO“. Parrocchie, Associazioni e Movimenti cattolici già fanno molto su queste tematiche e non stanno a sottilizzare se la loro attività possa essere vista come supplenza non necessariamente dovuta alla carenza di welfare che sarebbe di competenza delle istituzioni colmare, perché ci interessa la promozione della dignità della persona umana a prescindere dal cappello di chi se ne cura, ma la nostra mission esplica la carità mossa dalla “Caritas in veritate”, che, senza significare proselitismo, non può non cercare di far incontrare Cristo, convinta che lui sia la vera salvezza dell’uomo. E in questo riconoscimento ci sta la sussidiarietà, cattolicamente intesa; ci sta anche una reciprocità di ascolto, intendendo che l’amministrazione civica potrebbe invitare qualche Parroco ben preparato o qualche rappresentante della Diocesi nelle commissioni in cui trattano di queste tematiche, come in qualche caso già fruttuosamente esperito, onde bilanciare la inevitabile tentazione del relatore civico che, intervenendo in Parrocchia a promuovere la collaborazione per i servizi sociali, talvolta non riesce a togliersi il cappello della sua promozione partitica].
Fermiamoci sui giovani. Non sono troppo dimenticati anche dalla Chiesa?
Sì, è la grande sfida. [CzzC: mi permetta il Vicario un sorpreso interrogativo: come sì? Se non erro sono proprio le istituzioni civili ad ammettere che se non ci fosse il volontariato di matrice religiosa per i giovani, povera Italia ed Europa, dato il poco che fa la pubblica amministrazione, soprattutto da quando è venuto a mancare il servizio civile alternativo a quello militare. A prescindere dalle omelie, dalle encicliche, dagli appelli, dai progetti culturali come quello CEI sulla sfida educativa, mi chiedo se contano davvero così poco le opere di Chiesa in ambito educativo giovanile, nel recupero delle deviazioni, nel combattere l’emarginazione, nell’assistere le famiglie in difficoltà con i ragazzi, tanto da affermare che i giovani “sono troppo dimenticati anche dalla Chiesa”]. Proprio su questo tema la città di Trento, come altre zone, s'interrogherà a partire dal testo di don Armando Matteo "La prima generazione incredula". E' la fatica di oggi a intercettare le domande di vita dei giovani, che pur affiorano. [CzzC: sono certo che il lavoro si muoverà in sintonia con il progetto CEI sulla sfida educativa, e spero che l’opera di don Armando, assistente FUCI, sia ben educativa anche per quel giovane esponente FUCI che alle cene si vanta di essersi dato per malato ad un incontro importante della FUCI, perché doveva venirvi anche il Papa; confido, inoltre, che la nostra Diocesi non si faccia troppo influenzare dalla propensione con cui Grigolli su Vita Trentina rivendica ripetutamente l’autonomia della nostra Pastorale trentina rispetto alla VEDUTA e ai TIMBRI di Roma].
Rispetto al lavoro svolto dalla componente civile come ci si pone?
Lo sforzo è di entrare in rete con le realtà associative che operano su questo terreno per avviare un dialogo. E' anche sforzo dell'Arcivescovo invitare Le comunità ecclesiali a entrare in contatto con il volontariato non ecclesiale in modo da dare risposte di rete e non risposte solitarie che portano poco lontano. Non raramente su questi temi sono le stesse amministrazioni civiche ad avviare progetti che già trovano collaborazione stretta nelle comunità parrocchiali, soprattutto nel campo delle politiche giovanili [CzzC: e favorire in ogni occasione con le autorità civili la sintonia con la dottrina sociale della Chiesa (vedi Caritas in veritate) e nello specifico collaborare invitando a riconoscere la validità del principio di sussidiarietà per il bene comune. A proposito, non mi dispiacerebbe che dall’Assemblea Pastorale venisse un invito alla PAT che, sfruttando le potenzialità della sua autonomia, investisse per istituire e supportare un servizio civile almeno parzialmente sostitutivo di quello statale venuto a mancare con la decadenza dell’obbligatorietà del servizio militare: fare carità significa anche far fare carità a chi ha più mezzi, competenze e responsabilità dei soliti cattolici che corrono dappertutto, sempre i soliti].
Ogni realtà può applicare il Piano come vuole. Da dove nasce questa flessibilità?
La flessibilità del Piano è dovuta proprio dalla complessità dei temi - ricchi di mille sfaccettature - che affrontiamo. Il primo lavoro della comunità è pensare, riflettere, su questo mondo nuovo che sta nascendo.
Nel caso delle Unità pastorali, alcune molto corpose...
Lì, parlando insieme alle comunità per prepararle al cambiamento, ti accorgi che è finito il tempo del prete tridentino che "custodiva" la fede. Chi arriva oggi è il parroco che ha il compito di generare la fede [CzzC: in un mondo scristianizzato non puoi che generare la fede, altro che conservarla! E tra i non conservatori, spero si possano annoverare i Movimenti, ad esempio perché l’età media dei maggiorenni loro aderenti è più bassa di quelli frequentanti solo le Parrocchie, e perché lo stesso don Armando li cita auspicando con loro sinergie]. E' una svolta anche nel ministero presbiterale; prima il parroco gestiva tutto il welfare parrocchiale - dall'asilo alla casa di riposo - ora s'impegna umilmente a collaborare con le varie componenti sociali per dare un suo contributo più d'intuizione e di motivazione che non di gestione diretta come in passato.
Le Unità pastorali presentano un parallelo con le nuove Comunità di valle...
Sì, parlando con qualche amministratore vien fuori che in alcune realtà abbiamo anticipato e accelerato la fusione: hanno contributo ad abbatterei campanili, a favorire le sinergie. Può esserci feconda collaborazione, per creare reali comunità di valle, non burocratiche.
Cosa vi aspettate dall'assemblea diocesana di sabato 18?
Sopratutto di dare il la al secondo anno del Piano. Poi ci porteremo in tutte le zone pastorali e cercheremo insieme di declinarlo localmente. Non deve rimanere il masso erratico che dura il tempo di una giornata, ma deve potersi articolare e sviluppare in modo concreto.
Una curiosità, infine, perché avete scelto un Vescovo emerito come relatore.
Mons. Ravignani a Trieste è stato in una diocesi di frontiera, ha dialogato con la diversità e si qualifica come un pastore estremamente aperto, un uomo del Vaticano II.