ultima modifica il 18/01/2023

 

Grigolli conferma la sua posizione di rottura nell’ermeneutica conciliare

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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri.

 

 

Trassi da VT 25 Giu 2008  Pag. 30 Dialogo aperto

Confermo i se e anche i ma.

Di Giorgio Grigolli

Dopo “L’Adige”, anche “Vita trentina”. Renzo Giacomoni insiste sull’autogol di Grigolli. Con la franchezza sua, entrando nel vivo del dialogo tra cattolici, quasi mi confina secessionista nell’ambito del Popolo di Dio. Mi risparmia, peraltro, dal braciere ardente.

   Scavalco la contestazione iniziale. L’intento attribuito sarebbe di chiamare a raccolta, nel dopo elezioni, i cattolici tridentini, “a rimescolare le carte”. Con il sotterraneo proposito di “lasciare in libera uscita il grosso dell’elettorato cattolico, che non ardisce classificarsi adulto, ma si sente in comunione con la Chiesa locale”. [CzzC: non ho dubbi che Grigolli si senta in sintonia con la chiesa locale, peraltro nessuno lo scomunica, è lui piuttosto, in una compagnia tifante TEOGLIB e sedicente chiesa del dissenso (alias conciliaristi di rottura), ad ironizzare i cattolici che non tifano con loro]. Confermo l’auspicio di occasioni di confronto, tra opinioni multisigle, ad esempio nella sede rivitalizzata della consulta diocesana dei laici [CzzC: la sua fissa]. Anche ripartendo dall’elencazione dei temi vitali citati da Giacomoni: la difesa della famiglia naturale, la vita dal concepimento alla morte, la libertà della scuola, la presa d’atto che ci sono valori “non negoziabili”. Osservo, tuttavia, che sui valori “non negoziabili” sembrano puntellate situazioni “congelate”, impenetrabili al dialogo. Credo che il cristiano laico, poco o tanto “adulto”, dovrebbe metterci del suo per rimuoverle. Sull’ultima “Rocca”, Raniero La Valle osserva che “un’era di glaciazione sembra essere scesa tra Chiesa e società italiana” [CzzC: Rocca invocata maestra perché parimenti tifante ermeneutica di rottura; è molto citata anche dai teoglib della mia Parrocchia]. Constata che “alla generazione dei cattolici della speranza succede ora una generazione di cattolici tristi” [CzzC: io, tanti amici, tanti fedeli che amano il Concilio V2° nell'ermeneutica della continuità, e non disdegnano l'obbedienza al Magistero siamo sì sofferenti per tanti mali e peccati, ma non tristi: si riferisce forse ai suoi fans?]. In sostanza, sembrerebbe che non ci sia più niente da osare, vede una realtà “avara di segni dei tempi”....

... L’inclinazione è risultata evidente nel recente incontro di Berlusconi con Benedetto XVI. A fronte di certe scelte del personaggio, c’è stata la sua esaltazione della famiglia ufficiale, l’apertura al sostegno pubblico, suggellata dal dettaglio emblematico del doppio bacio del sacro anello, neanche richiesto dalla ritualità. Non era accaduto a Degasperi, al tempo di Pio XII. Meno ancora è accaduto a Prodi, lapidato dai silenzi ufficiali.

   A mio parere, quindi, persistono i se, anche i ma. Sembra che il coraggio richiesto adesso debba essere in un supplemento di sguardo più che in un ribadimento di dottrina. Se “…il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società non è della Chiesa come tale, ma dei fedeli laici, che operano come cittadini sotto la propria responsabilità …” ( Benedetto XVI al convegno ecclesiale di Verona), c’è da chiedersi perché una loro imputazione o diniego quando - cito a caso - si vada a prevedere un riconoscimento di diritti civili alle coppie di fatto (legge Prodi-Bindi), senza impostare una famiglia di serie B, oppure il perché dell’esasperato accantonamento della legge Marino sul testamento biologico, soltanto a chi lo vuole, senza incorrere in traiettorie di eutanasia. Eccetera. Qui dovrebbe essere lo spazio proprio per una “mediazione”, valutando la società di momento.

Negoziare, non significa rinunciare ai valori né comprometterli, ma investirli. Rileggo Pietro Scoppola: occorre vivere una “obbedienza in piedi, per servire meglio”, secondo l’immagine di Fonsegrive, ripresa tante volte da don Primo Mazzolari, da Lazzati, da Vittorio Bachelet. Certo, anche incespicando in qualche se e in qualche ma, tuttavia per superarli. A Renzo Giacomoni consegno la mia cordialità, non un compiacente pentimento.

Giorgio Grigolli