modificato 13/05/2017

 

Wojtyla contro il papa nero gesuita e l' Opus Dei finì sugli altari?

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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri.

 

La leggenda nera dei Repubblicones per cui Wojtyla e l’Opus Dei azionerebbero guerra contro i Gesuiti [CzzC: mi parrebbe più vero il viceversa se volessimo esprimerci coi termini bellicosi cari ai Repubblicones, che però paiono capire poco della sequela di Gesù Cristo figlio di Dio nell’unità della Chiesa Cattolica, con valorizzazione della varietà di carismi e correzione fraterna, virtù rare tra i tifosi su cui contano potenti matrici della cultura dominante che intonano soprattutto il Leitmotiv L3].

 

 

trassi da Repubblica 2001 dopo aver letto analoga inquisizione 07/10/2013

Wojtyla contro il papa nero e l' Opus Dei finì sugli altari

di Bernardo Valli da non confondere con Aldo Maria Valli

ROMA - Chi si aggira nell'intenso passato recente della Chiesa si imbatte in due personaggi che meritano un'attenzione particolare: Pedro Arrupe e Josemaria Escrivà. Entrambi spagnoli: uno basco e l'altro aragonese. Due uomini di natura assai diversa. Anzi opposta. Due religiosi che hanno ispirato forti sentimenti in Giovanni Paolo II. Il quale ha apertamente avversato il primo e elevato agli altari il secondo. Non so se questi atteggiamenti aiutano a disegnare il carattere del lungo pontificato giunto al crepuscolo: [CzzC: che fosse al crepuscolo nel 2001 poteva essere auspicio dei repubblicones, ma sarebbe durato ancora un +20% e non invano] ma è certo che le vicende di Pedro Arrupe, Generale della Compagnia di Gesù, e di Josemaria Escrivà de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei, sono capitoli non trascurabili della sua storia. Entrambi hanno continuato a contare anche dopo la loro morte. Le passioni che hanno suscitato in vita hanno lasciato evidenti tracce.

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Il semplice nome di Pedro Arrupe infastidiva Karol Wojtyla. Se qualcuno lo pronunciava in sua presenza faceva capire che era meglio cambiare argomento.

Di questa insofferenza del «papa bianco» per il «papa nero» fu testimone, con tanti altri, padre Giuseppe Pittau. Il quale ha più volte ricordato come un solo accenno ad Arrupe bastasse per «rendere nervoso» Wojtyla. [CzzC: 01/04/2015: potrebbe aver avuto ragione di preoccuparsi per il bene della Chiesa, vista l’assonanza dei Leitmotiv arrupiani con quelli del dissenso più astioso contro il Magistero Petrino: vediamo se Papa Francesco sublimerà del confratello gesuita  anche i ritornelli più anti-Wojtyliani].

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E' probabile che la regale allergia fosse dovuta anche a un'antipatia umana.

Il patriota polacco, mistico e uomo d'azione, amante della preghiera ma anche degli esercizi fisici (nuoto, sci, montagna), il cattolico di guerra, vitale, esuberante anche nella contemplazione, mal sopportava quello spagnolo di una semplicità sofisticata, dall'aspetto diafano, ispirato come un profeta biblico, convinto di poter comandare col sorriso, con un passato cosmopolita alle spalle che gli faceva sorvolare i confini geografici e ideologici, come qualcuno incurante delle patrie terrene. Già al primo incontro, a Filadelfia, durante un congresso eucaristico, quando Wojtyla era il (semisconosciuto) cardinale di Cracovia e Arrupe era il celebre e ricercato capo dei gesuiti, tra i due non era corso buon sangue. Il polacco, tutto preso dalla lotta al comunismo che pesava sulla sua patria e sul mondo slavo, tollerò a stento quel gesuita che voleva «dialogare con i marxisti»; e che, interpretando a suo modo il concilio Vaticano II, predicava un ritorno alla visione più piena e autentica della Chiesa primitiva; e che spiegava come il cattolicesimo fosse «essenzialmente sociale». [CzzC: appunto, il cristianesimo ridotto a corrente socialista: la salvezza in semantica XX secolo attualizzata da Marx?]. Questi atteggiamenti esasperavano Wojtyla. [CzzC: lo vidi esasperato contro i mafiosi, ma estremamente paziente con i confratelli erranti, anche con quelli che, alzati sugli scudi della cultura dominante, lo denigravano preferendogli Che Guevara]

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Mentre la Chiesa, ancora governata da Paolo VI, frenava le spinte conciliari, per attenuarne l'impatto giudicato troppo sconvolgente, [CzzC: appunto, surclassare i documenti del CV2°, e inseguire il fantomatico spirito del CV2°, in tipico strappo da tipica matrice], Pedro Arrupe al contrario le accelerava impegnando la Compagnia in favore della «giustizia nel mondo», ossia a realizzare quel che, secondo una lettura progressista, il concilio aveva dettato. Un biografo di Arrupe, il gesuita spagnolo Pedro Miguel Lamet, elenca i gesti che a quel tempo scandalizzarono o esaltarono.

Arrupe corre negli Stati Uniti per sostenere Daniel Berrigan, un gesuita incarcerato per avere bruciato le cartoline precetto, gli ordini di richiamo alle armi, durante la guerra del Viet Nam. Sfida il presidente Stroessner che ha espulso numerosi gesuiti dal Paraguay. Interpella il generale Franco per le torture in Spagna. Difende Teilhard de Chardin, il gesuita antropologo guardato con sospetto dal Vaticano. Avvia dialoghi con non credenti, scienziati, marxisti e esponenti di culture non occidentali. L'ala innovatrice del concilio, allora maggioritaria, lo considerava un leader prestigioso e i superiori degli ordini religiosi lo eleggevano puntualmente loro presidente. Ma i tradizionalisti, anche tra i gesuiti, in particolare spagnoli, denunciavano i suoi atti e le sue parole, e la sua eccessiva indulgenza nel tenere le redini della Compagnia. Dieci anni dopo la sua morte si raccolgono ancora tra i gesuiti pareri appassionati e opposti su Pedro Arrupe: c'è chi sostiene che egli non sia degno di una sepoltura nella Chiesa del Gesù e chi invece lo vorrebbe beato e poi santo.

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Dell'Opus Dei ne sono state dette tante: che assomiglia a una mafia («santa»), a una massoneria («bianca»), oppure che è, al contrario, una grande idea del secolo per far entrare la santità nella vita quotidiana. Un'organizzazione in parte segreta spinge inevitabilmente a interpretazioni romanzesche. La fantasia si sbizzarrisce, magari a torto, su quel che resta occulto.

Sapendone più dei comuni mortali, Karol Wojtyla ha scelto con decisione la versione che esalta l'Opus Dei: e nella Chiesa il suo giudizio è inappellabile, anche se non esclude le critiche.

Non solo ha imposto il fondatore come un esempio di vita, ma ha concesso all'istituzione la «prelatura personale», vale a dire una giurisdizione autonoma, un privilegio eccezionale, addirittura (mi dicono) senza precedenti. I membri dei grandi ordini religiosi dipendono dall'autorità del vescovo quando agiscono nella diocesi (con l'eccezione di quel che riguarda in senso stretto la vita interna della comunità cui appartengono).

Quelli dell'Opus Dei rispondono invece al loro capo insediato a Roma. Sono, sostengono i critici, come «una chiesa nella chiesa». Quello che tanti papi avevano rifiutato, Giovanni Paolo II l'ha concesso. I principi difesi dall'Opus Dei sono spesso l'esatto contrario di quelli cui si ispirava Pedro Arrupe. Questo può spiegare la predilezione di Wojtyla per Josemaria Escrivà.

Prima di entrare in conclave andò  raccogliersi sulla sua tomba. Eletto pontefice ha poi nominato suo portavoce un esponente dell'Opus Dei: Joaquin Navarro-Valls.

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Nella fedeltà al personaggio ci può pure essere la riconoscenza per gli aiuti ricevuti ai tempi di Cracovia, quando Wojtyla era in prima linea contro il comunismo ancora imperante. [CzzC: caro B.Valli, ti sarebbe piaciuto che avesse vinto il comunismo combattuto da Wojtyla anziché il combattente?]

Un vero sovrano non dimentica. [CzzC: sovrano = Letimotiv L1: quanta correlazione, caro B.Valli, troviamo nella tua saliva col DNA di certe matrici della cultura dominante] Nell'omelia in omaggio a Josemaria Escrivà, «prete esemplare», il Papa ha accennato e (indirettamente) giustificato i beni materiali che l'Opus Dei si guarda bene dal trascurare, anche perché agisce tra i potenti e i ricchi. Non c'è motivo per condannarli quei beni materiali, «se sono utilizzati correttamente alla gloria del Creatore e al servizio dei fratelli». Non è certo un concetto nuovo per la Chiesa due volte millenaria. Rientra nella tradizione.

(3 - segue. Prossima puntata: l'identikit del successore)

BERNARDO VALLI 26 aprile 2001 14 sez. CRONACA

[CzzC: mi chiedo se con Aldo Maria Valli ci sia parentela anche oltre le idee]