«CARO RARZINGER, NON C'È SOLO ROMA» sibila Grigolli al cardinale in breve visita al TN Festival di Musica Sacra

ovvero quando un laico si sente tanto profeta da insegnare il mestiere al Prefetto della dottrina della fede, anche bacchettandolo con supponente ironia.

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 10/01/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

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↑2004.05.01 trassi da l'Adige

TRENTO: JOSEPH RATZINGER

Il cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede sarà oggi in città, al mattino per una breve visita in occasione del Festival di Musica Sacra; nel pomeriggio interverrà all´Istituto Trentino di Cultura in via S. Croce 77, alle 16.30, sull´impegno dei cattolici in politica, sulle celebrazioni liturgiche e sulla Cristologia nel mondo moderno. Alle 19, in Duomo, presiederà l´Eucaristia animata dal Coro «Domspatzen».

Aula Grande ITC, ore 16.30

 

Caro card. Ratzinger, non c´è solo Roma...

di GIORGIO GRIGOLLI

Caro cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, oggi a Trento per un "colloquio aperto" all´Itc: vorrei anticipare, da osservatore impertinente, un grazie e qualche interrogativo.

Il grazie è per avere rettificato, quale prefetto della congregazione per la dottrina della fede, unitamente al Suo collega card. Francis Arinze, prefetto della congregazione per il culto, qualche appariscente anomalia nell´Istruzione "Redemptionis sacramentum - Su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la santissima eucaristia". Dopo dodici versioni, si è saputo.

È certamente attendibile e doveroso, per il cattolico, l´avvertimento contro la profanazione liturgica del pane consacrato.

Poteva, tuttavia, sconcertare, nell´ elenco dei 200 paragrafi scritti per bollare 37 abusi contro la liturgia, fino alla versione penultima, qualche curioso dettaglio: il timbro vescovile per il servizio all´altare delle chierichette, il divieto degli applausi in chiesa, anche delle danze in costume davanti all´altare, abituali in Africa, anche sul sagrato di S.Pietro. Dinieghi adesso rimodulati.

Nelle 66 pagine, altro sembra persistere: di fronte ai laici, l´avvertenza che "il ministro straordinario" alla comunione "deve restare un compito solo in caso di necessità"(!), per loro anche un consiglio protocollare ("prima di ricevere il sacramento, il fedele faccia la debita riverenza"); di fronte al celebrante la precisazione che il pane e il vino devono essere doc, alla farina non possono essere aggiunte "altre sostanze, come frutta, zucchero o miele", quasi un dettaglio adombrato dalle prescrizioni Cee. Altro si conferma, un poco odioso: che ogni cattolico abbia "il diritto" di denunciare gli abusi "all´autorità superiore".

* * *

Qualche commentatore ha sottolineato queste come preoccupazioni legittime, esigenze di fedeltà al Vaticano II, altri hanno detto di acquiescenza ai "tradizionalisti" di Marcel Lefebvre. Più in là, il testo diramato, che ha avuto largo giro di consultazione negli episcopati, sembra andare oltre le esigenze di premuroso accompagnamento della cattolicità.

Sembra ribadire (ecco gli interrogativi) una visione in certo modo centralistica delle situazioni. Pare preoccupare anche il card. Martini che ultimamente ha rotto il suo silenzio, in una intervista a "Il Tempo" di Roma. Ha ribadito un suo lontano auspicio: la convocazione di sinodi "universali", quasi un Vaticano III, anche l´idea di un "allargamento" del conclave ai presidenti degli episcopati.

Da tempo, si dice che vi sono alcuni "nodi" della vita della Chiesa che hanno bisogno di concertazione. È il tema della collegialità dei vescovi, anche del ruolo dei laici. Il centralismo "romano" appare cresciuto enormemente.

E quindi, a fare un esempio, come parlare di Aids senza dare una primissima parola ai vescovi africani, ai missionari immersi in quelle realtà, anche ai medici illuminati? Non sarebbe un modo per tradurre meglio un decantato principio di sussidiarietà?

In proposito, è evocabile anche un ultimo appello del card. König, emerito a Vienna: "La centralizzazione rappresenta un grave problema, anche per l´ecumenismo. È la macchina stessa che così, di fronte all´universalità della Chiesa, non può funzionare". Aveva sollecitato conseguenze "operative" all´auspicio espresso da Giovanni Paolo II nella enciclica "Ut unum sint" (1995, qualche anno fa, osservo) sulla "fisionomia" da assumere per un papa nella mondialità moderna. Problema terribilmente "centrale" per il successore.

Peraltro, neanche Lei, Eminenza, si era tirato in là. Su "Famiglia cristiana" (n.6/04) si è letta una Sua esortazione alle Chiese locali "a vivere le loro specificità culturali e storiche", anche si è letta qualche perplessità sull´attuale ruolo della collegialità all´interno delle conferenze episcopali: "C´è il rischio che le discussioni e le soluzioni siano preordinate dagli uffici, dalla burocrazia, forse si dovrebbe limitare il dibattito a pochi argomenti rilevanti".

Anzi, quanto al lavoro nei sinodi, il metodo risulterebbe "un po´ troppo ritualizzato - c´è lo svantaggio che non è possibile una vera discussione tra i vescovi partecipanti". Sensazione anche "esterna".

* * *

Interviene qualche altro interrogativo, nell´immediato. Fino a che punto, a un certo dire deve seguire un certo fare? Il quesito è emerso, ultimamente, a Napoli, quasi emblematicamente. Parlando "con severa imparzialità" - ha scritto un giornale partenopeo - "il cardinale Giordano ha avuto parole dure contro la camorra"; nell´occasione ha voluto precisare che "la camorra va combattuta, ma nella distinzione dei ruoli".

Che doveva fare il parroco di Forcella, don Luigi Merola? Lui aveva invitato un quartiere, abbandonato a se stesso, a ribellarsi alla camorra che aveva ucciso "per sbaglio" Annalisa, ragazza quattordicenne, innocente e felice. Il popolo si è schierato con lui, la camorra l´ha minacciato di morte.

Il cardinale, parlando a Giurisprudenza, ha precisato la sua direttiva: "Don Luigi darà un contributo alla legalità, nella misura in cui saprà educare i giovani, con un lavoro oscuro, di conversione. Un lavoro che non va sui giornali, perché il bene non fa rumore e il rumore non fa bene". In sostanza, non deve fare da supplente alle istituzioni.

Don Luigi, quella volta, aveva fatto le veci del sindaco, del questore, del prefetto, tutti intenzionati, ma anche coartati dalle carte e dai tempi loro. E se le istituzioni si defilano?

In linea di principio forse non sbagliava don Abbondio, prudentissimo, che dai camorristi del suo tempo, chiamati "bravi", si teneva alla larga, erano gli spagnoli che dovevano restaurare la legalità.

* * *

Eppure, c´è stato un precedente, Giovanni Paolo II ha chiamato il giudizio di Dio sulla mafia. Aveva parlato in Sicilia, di fronte ai templi dell´antichità, alle omaggianti autorità costituite e a un popolo, forse da "liberare".

È che, a volte, le istituzioni proprio non ci sono. Adesso, a Gerace, il vescovo Bregantini ha proposto di trasformare l´ospedale geriatrico, da anni incompiuto, in una struttura per il recupero dei malati psichici autori di reati, in vista di un loro reinserimento. I potentati locali hanno promosso un ricorso al presidente della Repubblica. Sarebbe compito della Regione Calabria. Supplenza, un´altra volta.

L´Istruzione vaticana, in fatto di omelie, considera "giusto" che esse vadano a riguardare "anche gli eventi della vita". Precisa, tuttavia: "Senza svuotare il senso della Parola di Dio". Ma se questa Parola riguarda Amore e Carità, quando altri solo dicono Democrazia e Giustizia, don Luigi a Forcella e Giancarlo vescovo fanno bene a tramutare in opere le parole sante.

Un parere consegnato a Lei, Eminenza.