Il FINE giustifica i mezzi? Direi NO se cinicamente, ma Sì se pro male minore ...

03/12/2013 trovo aiuto al discernimento leggendo questa pagina da opusdei.org su moralità degli atti umani, l’oggetto morale, l’intenzione (volontarietà diretta e indiretta), le circostanze, la responsabilità (in negativo e in positivo/merito). Ma trovo che alcune definizioni non siano sufficientemente normalizzate e mi lasciano aperti dei punti di domanda: preferirei la formulazione rosminiana di moralità, coscienza, responsabilità. Fra l’altro leggo e commento ...

L’oggetto morale «è il fine prossimo di una scelta deliberata, che determina l’atto del volere della persona che agisce» [CzzC: mi pare che questo concetto si potrebbe esprimere in forma più chiara e con semantica più normalizzata]. Il valore morale degli atti umani (che siano buoni o cattivi) dipende anzitutto dalla conformità dell’oggetto o dell’atto voluto con il bene della persona, in base al giudizio della retta ragione [CzzC: e qui allarghiamo ulteriormente: cos’è la retta ragione?]. Solo se l’atto umano è buono per il suo oggetto è “ordinabile” al fine ultimo. [CzzC: cos’è il fine ultimo? Sono questi concetti aperti che mi fanno definire non sufficientemente normalizzata la semantica di questo argomentare]. Alcuni atti sono intrinsecamente cattivi perché lo sono «sempre e per sé, ossia per il loro stesso oggetto, indipendentemente dalle ulteriori intenzioni di chi agisce e dalle circostanze». Il proporzionalismo e il consequenzialismo sono teorie erronee sulla nozione e la formazione dell’oggetto morale di una azione, secondo le quali esso si dovrebbe stabilire in base alla “proporzione” tra i beni e i mali che si perseguono, o alle “conseguenze” che ne possono derivare. [CzzC: anche qui il concetto mi parrebbe di formulazione migliorabile: se l’oggetto morale è definito un fine prossimo (è il fine prossimo di una scelta deliberata), vedrei arduo separare dal concetto di fine il proporzionalismo e il consequenzialismo: mi sovvien del machiavellico fine che giustifica i mezzi, dizione detestabile nelle sue applicazioni ciniche, ma purtroppo non escludibile quando si dovesse scegliere il male minore; o sbaglio? Attenzione, comunque, a non cadere nel soggettivismo relativista.]

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 22/10/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

Pagine correlate: moralità e moralismo; moralità su verità, circostanze, reato-peccato, farla franca, coscienza; «cielo stellato sopra di me, ...»,  il nemico del mio nemico; cinismo; uso strumentale

 

2024.10.22 <fb noxh> “Quando il denaro diventa il fine ultimo, tutti i beni che non sono di natura economica come l’intelligenza, la cultura, l’arte, la forza, la bellezza, l’amore, per l’AVARO cessano di essere valori in sé, perché lo diventano limitatamente la loro convertibilità in denaro, che, a questo punto, si presenta agli occhi dell’avaro come la forma astratta di tutti i piaceri, che tuttavia non vengono goduti”. Tratto da Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici, 1844, teoria del plusvalore. [CzzC: vedi anche consumismo, ma oso discernere, perché «il denaro sta diventando sempre più il fine ultimo» non solo per gli avari: continua qui con key invidia, etica senza trascendenza, buoni agnostici, attrattiva Gesù]

 

2024.09.20 <vanThuan> Come cambia la teologia morale: vedi il manuale “Teologia morale fondamentale” (Queriniana 2023) di don Maurizio Chiodi, docente alla Facoltà teologica di Milano e al nuovo Istituto Giovanni Paolo II a Roma, secondo mil quale la nuova teologia morale deve attuare una “svolta verso il soggetto … il singolare è principio dell’universale“. Questo richiede di superare la visione realistica e oggettiva della persona e optare per la prospettiva “fenomenologico-ermeneutica” secondo la quale si dà una “imprescindibilità dell’esperienza nel discorso morale”. La morale quindi non si fonda più sull’essere ma sull’esperienza, va cambiata, va storicizzata. La coscienza diventa quindi il “luogo ermeneutico della legge morale”, una mediazione continua tra soggettivo e oggettivo. Anche la nozione di “peccato” viene rivista: “la materia [ciò che si fa] non può essere un criterio univoco, stabilito una volta per sempre, in modo astratto e ab-soluto dalle condizioni storiche e personali”. In questo modo viene meno la possibilità di indicare alcune azioni che non si devono mai fare (intrinsece mala). La nuova teologia morale cambia anche il rapporto tra i mezzi e i fini nell’azione morale e riconsidera il ruolo delle circostanze, da accidentali come erano viste in precedenza, a sostanziali come avviene ora.

 

↑2019.11.25 <lePoint> Probabilmente fu più per finzione opportunista che per convinzione quando nel luglio 1799 in Egitto il massone Napoleone pronunciò una quasi shahada, una professione di fede: "Non ci sono dèi all'infuori di Dio e Maometto è il suo profeta!" [CzzC: attenderei da NC il link al «Il discorso agli Ulema col quale Napoleone durante la spedizione in Egitto paragonò il deismo illuminista all’islamismo»].

<storygenius> «Noi Napoleone, Dio alle spalle, Maometto del mondo, imperatore di Francia, protettore della Germania» è una significativa battuta di Goethe annotata da Friedrich Wilhelm Riemer in occasione dell’incontro tra Goethe e Napoleone a Erfurt il 2 ottobre 1808.

[CzzC: anche Mussolini incensò l’islam].

 

↑2016.08.01 <foglio magister> Fr1 Il Papa: "Se parlassi di violenza islamica dovrei parlare anche di quella cattolica" [CzzC: parlare di tutte le violenze per educare a non commetterle, quindi dovremmo parlare anche di quelle commesse da cattolici oltre di quelle commesse, ad esempio, da islamici o da atei, magari discernendo la densità differenziale, ed auspicando che quando gli islamici parlassero delle violenze dei cattolici parlassero anche di quelle degli islamici. Sarebbe machiavellico dire che è meglio una bugia al momento giusto che la verità al momento sbagliato, anche se talvolta è vero, ma è cristiano il criterio del male minore, per cui può essere meglio una mezza verità al momento giusto che la piena verità al momento sbagliato. Così comprendo le suddette parole del Papa, che non può oggi dire in pubblico certe verità; noi ancora sì: spiego perché]

 

2014.03.07 Traggo da <Il Mondo> la popenomics di Fr1: Attualmente, ammonisce Papa Francesco I, il capitale non viene impiegato per produrre beni nell'interesse comune, un processo a medio e a lungo termine, ma per realizzare istantaneamente il massimo profitto soltanto per chi di esso dispone, ossia per giocare in Borsa o acquistare e smembrare imprese e via di seguito. Il denaro, pertanto, non crea ricchezza reale né la distribuisce gradualmente, una delle forme più elementari di solidarietà sociale, ma confluisce in sempre meno mani. Un sistema che divide, non unisce le famiglie e le imprese ... Questo sistema, prosegue il Papa, non solo contravviene ai principi morali che portano all'ascesa umana, la rende anche insostenibile in termini economici. Quando l'individualismo, la competizione, il ricorso a QUALSIASI MEZZO PER RAGGIUNGERE IL PROPRIO FINE non lasciano più spazio alla dignità dei deboli, al loro welfare o peggio alla loro sopravvivenza, una società è destinata a crollare spiritualmente materialmente e culturalmente. Il denaro, idolatrato come un dio in nome di una libertà personale che in realtà è una violazione dei diritti altrui: continua