Le polizze ASSICURATIVE servono anche come misura della RISCHIOSITÀ di un’attività o entità/relazione

Qui mi limito a considerare <wikipedia> l'assicurazione come un contratto tipico, in virtù del quale l'assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, nei limiti stabiliti, del danno provocatogli da un sinistro; non considero le assicurazioni che pagano un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.

[CzzC: ci piacerebbe che gli investimenti in sicurezza e la relativa responsabilità di prevenire danni derivassero principalmente dalla persuasione di tutelare il bene comune e rispettare la dignità della persona, ma ho l’impressione che la spinta a far norme di prevenzione e ad evitarne la trasgressione derivi principalmente dalla dissuasione esercitata da un rapporto di forza economico, come vale per la motivazione dell’agire in tanti altri ambiti, cioè il rapporto tra i costi di prevenzione o assicurazione e il costo medio di riparazione dei danni occorenti. Ad esempio?

- È assai precisa la normativa - e sono salate le multe ai trasgressori - nell’ambito della sicurezza stradale, dove i danni vengono normalmente pagati dalle assicurazioni;

- è assai più carente il rispetto della normativa sulla sicurezza a fronte di abitabilità concessa in presenza di altri rischi (ad esempio idrogeologico, vulcanico, sismico), dove i danni vengono normalmente pagati dallo stato;

- che significa?

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[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 12/10/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

Pagine correlate: sicurezza, rischio≠pericolo, causa-effetto, what if, obiettivi, efficacia ed efficienza, responsabilità

 

 

 

2024.10.09 odo a 24Mattino/fb trattare delle polizze catastrofali: apprendo con piacere di buon senso che in alcuni stati europei i danni della specie sono coperti dallo stato solo in parte in aggiunta alle assicurazioni: ad esempio in UK il governo non fornisce alcun indennizzo. [CzzC: trovo capziose le argomentazioni di alcuni ascoltatori, come quella che ritiene le assicurazioni «deresponsabilizzanti lo stato»: al contrario, è proprio la forza delle assicurazioni più che quella dei cittadini votanti che spinge il legislatore sulle norme e sugli investimenti atti ad aumentare la sicurezza preventiva dei sinistri, come avviene per l’infortunistica stradale e lavorativa]

 

2024.09.21 <ansa google> Salvini: NO ad assicurazione obbligatoria sulla casa per rischio idrogeologico. [CzzC: e invece sarebbe molto utile per il bene comune, se venisse obbligata in quota ragionevole. Spiego a partire da una premessa.

Supponiamo che si possa fare una seria indagine pubblica che scovasse i nomi dei pubblici ufficiali e tecnici che nei piani urbanistici avessero deciso di rendere edificabili (e vi avessero concesso licenza) aree che si trovano al (o sotto il) livello di attigui fiumi; supponiamo che, individuati i nomi ancora vivi, si possa calcolare a campione quanto sia stata grande la sproporzione tra l'incremento dei loro patrimoni negli anni di lavoro e i loro imponibili dichiarati; non sarebbe possibile fare causa alle sproporzioni maggiori, ma i dati statistici potrebbero essere tanto eloquenti da indirizzare meglio la vigilanza futura.

Per limitare quella specie di decisioni sbagliate, l'ente pubblico non avrebbe le energie adeguate come potrebbe averle la legge naturale del mercato in conflitto di interessi: cosa intendo?

Supponiamo che ci sia un'assicurazione sugli immobili pro indennizzo dei danni da calamità naturale (obbligatoria solo sul 10% del valore dell'immobile per non gravare troppo sulle tasche dei piccoli proprietari): l'Ente pubblico potrebbe indennizzare al più il restante 90% in caso di calamità, ma si otterrebbe almeno il seguente risultato utile al bene comune: dal valore della polizza (che le assicurazioni farebbero pagare assai più cara nelle zone ripetutamente alluvionate o attorno al Vesuvio, come fa pagare di più a Napoli che a Trento per la RC auto) l'Ente pubblico ricaverebbe una misura del grado di rischiosità molto più obiettiva di quella riveniente dalla soggettività partitica, un criterio concreto per frenare o evitare ulteriori licenze edilizie nelle zone ad alto rischio.

Gli amministratori sanno già quali sono queste zone? Sì, ma il valore delle polizze potrebbe essere usato dal legislatore per definire la soglia oltre la quale scatterebbe il divieto di nuove licenze o oltre la quale si dovesse indennizzare non la riparazione del danno occorso, ma lo spostamento dell’abitabilità in area meno rischiosa. Che senso ha indennizzare con soldi pubblici dove fra poco tempo dovessimo re-indennizzare per la stessa calamità? O sbaglio?

Peraltro c’è chi, come il prof Luciano Pilotti di ESP/UniMI, che su MondoNuovo appoggia il Presidente di Confindustria Orsini nel sostenere che le assicurazioni della specie sono inefficaci e inefficienti per “effetti spiazzamento” ed “effetti farfalla”: lo commento qui.

 

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Se imponessimo anche agli edifici, come hanno le Banche contro le rapine, una copertura assicurativa contro i danni da rischio idrogeologico, magari iniziando con una copertura del solo 10% del valore dell’immobile per non gravare troppo sui piccoli proprietari, probabilmente cesserebbero le concessioni edilizie ed abitative per edifici sulle pendici del Vesuvio e nelle aree che si trovano al (o sotto il) livello di attigui fiumi; comunque cesserebbero ben prima di quando si potesse ottenere dai piani urbanistici, mentre la mala costruzione di edifici nelle zone affette dai suddetti rischi sarebbe sgamata dai tecnici delle assicurazioni forse prima e meglio che dai tecnici dei Comuni sensibili ai regali di Natale delle imprese immobiliari. In caso di calamità l’Ente pubblico si impegnerebbe a spesare al più il restante 90%, e il suo esborso medio nel tempo calerebbe al diradarsi delle aree più a rischio e al crescere delle coperture assicurative.

Peraltro c’è chi, come il prof Luciano Pilotti di ESP/UniMI, che su MondoNuovo appoggia il Presidente di Confindustria Orsini nel sostenere che le assicurazioni della specie sono inefficaci e inefficienti per “effetti spiazzamento” ed “effetti farfalla”: lo commento come segue, in risposta a NC che mi mandò il link

- sembra non piacergli che la vastità dei progetti di prevenzione «impone una regia unica di azione-intervento» il che invece è un’ovvia necessità, dato che le calamità naturali “non vedono” i nostri artificiali confini regionali;

- sembra non piacergli che «l’eventuale obbligatorietà della misura a carico di privati (inoltre abitazioni e aziende spesso non separabili) spingerebbe a comportamenti collusivi delle assicurazioni», ma finge di non sapere che tutte le assicurazioni obbligatorie configurano questo rischio, anche la RC auto, peraltro un rischio ben parabile da opportune norme antitrust, funzionanti in tutto il mondo;

- potrei rilevare che anche altre argomentazioni potrebbero sottendere tracce di capziosità, ma mi dilungherei troppo: basti il seguente parere sintetico: esse muovono da un’ottica privatistica e confindustriale che aborrisce nuovi oneri immobiliari, contando sempre di scaricare sullo stato e quindi anche su tutti i cittadini che non possiedono immobili, gli imprevisti della specie, un’ottica che

   - evita di considerare il ben più importante rapporto «bene di TUTTA la collettività / costi pubblici di indennizzo»;

   - evita di specificare la quota di copertura, pur sapendo che, se alcune argomentazioni sarebbero rilevanti se fosse obbligatoria una polizza che assicurasse il 100% del valore del bene, esse diventano quasi irrilevanti per una polizza che dovesse coprire solo il 10%;

   - evita di considerare altri tipi di calamità naturale, come l’eruzione del Vesuvio, sulle cui pendici sarebbe ben utile prevedere lentamente, nell’arco di 100-200 anni, la “desertificazione” laddove adesso vediamo un’area ad altissima densità abitativa.

Un’ultima considerazione: nelle zone colpite da calamità naturali ci sono edifici che pagano tasse irrisorie come se fossero decrepiti, mentre magari sono villette ancorché ristrutturate, che chiedono indennizzo non in base al valore catastale, ma in base alla perizia del valore corrente; un’eventuale assicurazione del 10% del valore dell’immobile stanerebbe i furbetti che godono attualmente della sottovalutazione fiscale, perché lo stato indennizzerebbe al più il 90% del valore dichiarato nella polizza.