↑2022.01.13 questa sera h20:30 ci confronteremo con il testo di Matteo 16:1-12: I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo. Ma egli rispose: «Quando si fa sera, voi dite: Bel tempo, perché il cielo rosseggia; e al mattino: Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo.
Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?
Una generazione perversa e adultera cerca un segno, ma nessun segno le sarà dato se non il segno di Giona». E lasciatili, se ne andò.
Nel passare però all'altra riva, i discepoli avevano dimenticato di prendere il pane. Gesù disse loro: «Fate bene attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei». Ma essi parlavano tra loro e dicevano: «Non abbiamo preso il pane!».
Accortosene, Gesù chiese: «Perché, uomini di poca fede, andate dicendo che non avete il pane? Non capite ancora e non ricordate i cinque pani per i cinquemila e quante ceste avete portato via? E neppure i sette pani per i quattromila e quante sporte avete raccolto? Come mai non capite ancora che non alludevo al pane quando vi ho detto: Guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei?».
Allora essi compresero che egli non aveva detto che si guardassero dal lievito del pane, ma dalla dottrina dei farisei e dei sadducei.
[CzzC: cosa è il segno di Giona? Da <alzogliocchiversoilcielo> traggo due interpretazioni]
1) Dal testo di Matteo leggiamo. «Allora alcuni scribi e farisei gli dissero: “Maestro, da te vogliamo vedere un segno”. Ed egli rispose loro: “Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio, quelli di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona!”».
Il cuore dell’interpretazione di Gesù è nella frase: «Come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (12,40). Al di là della formula «tre giorni e tre notti» che è assunta solo per esaltare il parallelo col passo del libro di Giona (2,1), è evidente l’applicazione del «segno di Giona» alla sepoltura e alla risurrezione di Cristo.
2) Luca, invece, nel passo parallelo punta piuttosto sulla comparazione tra la predicazione di Gesù e quella di Giona ai niniviti, i quali si convertirono «grandi e piccoli» (Giona 3,5), a differenza dei contemporanei di Cristo, rimasti indifferenti oppure ostili: «Nel giorno del giudizio gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona» (Luca 11,32). Come abbiamo visto, anche l’evangelista Matteo (12,41) aveva introdotto questa applicazione secondaria; ma per lui primaria rimane quella «pasquale» sopra evocata, rispetto a quella «missionaria» esaltata da Luca in modo esclusivo.
Giona, fieramente contrario ai pagani, sperava che invece di convertirsi, si ostinassero nell'idolatria, in modo che si scatenasse contro di loro il giudizio divino. Invece con irritazione vide che, dalla base fino al vertice dello Stato assiro, tutti scelsero di pentirsi e di digiunare. Allora Giona rinfacciò a Dio di essere «troppo misericordioso e clemente, longanime e di grande amore, che si lascia impietosire dopo aver minacciato il giudizio». Il Signore provocò un segno per ammonire questo profeta ottuso e chiuso nelle sue idee: l'albero di qiqayôn (forse il ricino) alla cui ombra il profeta si era riparato viene fatto inaridire da un verme che lo rodeva, così da lasciar esposto Giona al sole; Giona si arrabbiò per questo e il Signore gli disse: «Giona, tu ti dai pena per questa pianta di ricino [seccata e che non ti ripara più dal caldo]… E io non dovrei aver pietà di Ninive, la grande città, nella quale vi sono più di centoventimila abitanti… e una grande quantità di animali?»]
Questo interrogativo finale (Giona è l’unico libro biblico che finisce con una domanda rivolta a interpellare il lettore) ha come segno proprio quell’albero di qiqayôn, Il l messaggio è tutto nello squilibrio tra il risentimento meschino e gretto del profeta, preoccupato solo di tutelare il suo benessere e le sue idee, e la generosità illimitata dell’amore divino.
A questo punto dobbiamo spiegare le ragioni del successo cristiano di un’opera che è stata riletta secondo una chiave interpretativa evangelica inedita che ha reso popolare Giona nella storia dell’arte, a partire dalle catacombe romane (ad esempio, San Callisto), dai bassorilievi dei sarcofagi paleocristiani e dai mirabili mosaici di Aquileia. Due sono gli evangelisti che ci offrono la rilettura da parte di Gesù della vicenda di Giona, Matteo (12,38-41) e Luca (11,29-32).