SUSSIDIARIETÀ PER L’AZIONE CATTOLICA? Non sarebbe il termine più nobile che usa
«non è una parola nuova, estranea al lessico associativo, ma non è certo tra le più usate per parlare di Azione Cattolica. Ci sono espressioni più nobili per raccontare il suo vivere ed articolarsi: organicità, unitarietà, democrazia …».
E quando lo usa, qui nell’accluso documento statutario, ne equivoca il significato in verticale rispetto al significato orizzontale inteso dalla Centesimus annus e dalla dottrina sociale della Chiesa.
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 01/01/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
Pagine correlate: sussidiarietà orizzontale, statalismo, cittadinanza, non profit; paritarie; sostegno alla famiglia, usurpazione di significato indicatore di affinità coi potentati
↑2010.10.10 Un esempio di EQUIVOCO sul termine SUSSIDIARIETÀ? Ad esempio quello surrettiziamente praticato dall’Azione Cattolica in questo suo documento statutario, dove richiama bene il «magistero della Chiesa, in particolare nella dottrina sociale. La Centesimus annus ...»), enciclica che intende sussidiarietà orizzontale, ma poi passa ad usare il termine SUSSIDIARIETA' con accezione VERTICALE all'interno della sua struttura (come farebbe lo Stato tra i suoi LIVELLI ISTUITUZIONALI); A.C. non avverte il lettore che lo sta tirando in un equivoco semantico: «Applicato alla vita strutturata dell’Azione Cattolica, il principio di sussidiarietà regola soprattutto i rapporti tra i vari LIVELLI associativi».
traggo da questa hcopy del sito dell’Azione Cattolica Italiana.
STATUTO: 10 PAROLE-CHIAVE
SUSSIDIARIETÀ, il vivere la vita associativa nel reciproco sostegno
L’armonia di un corpo vivente
di Ernesto Diaco
Sussidiarietà non è una parola nuova, estranea al lessico associativo, ma non è certo tra le più usate per parlare di Azione Cattolica. Ci sono espressioni più nobili per raccontare il suo vivere ed articolarsi: organicità, unitarietà, democrazia… D’altronde, è un termine che necessita ancora di essere assimilato nel linguaggio comune: la provenienza dalla sfera politica, in cui si distingue tra sussidiarietà verticale (fra Stato ed enti locali) ed orizzontale (fra istituzioni pubbliche e società civile, organizzata in formazioni sociali), contribuisce infatti a confinarlo in un campo ristretto. L’idea di fondo è che le funzioni pubbliche competano prima di tutto a chi è più vicino alle persone, ai suoi bisogni e alle sue risorse. Ma sussidiarietà è una parola da sempre presente nel magistero della Chiesa, in particolare nella dottrina sociale. La Centesimus annus ne parla così: "Una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune" (n. 48).
Applicato alla vita strutturata dell’Azione Cattolica, il principio di sussidiarietà regola soprattutto i rapporti tra i vari livelli associativi, a cominciare dalle relazioni tra quello nazionale e quello diocesano, che sono i due fondamentali ambiti in cui l’Ac si costituisce (cf art. 12.1). Si può parlare inoltre di sussidiarietà tra le associazioni diocesane e le strutture regionali, che vengono infatti definite, in primo luogo, luoghi di collegamento tra esse. Anche all’interno dell’Associazione diocesana possiamo applicare lo stesso principio, soprattutto considerando il servizio che i suoi organismi sono chiamati ad attuare nei confronti dei livelli di base della vita associativa, quali i gruppi e le associazioni parrocchiali.
Riferendo il principio di sussidiarietà alla struttura associativa, non si può dimenticare l’originalità di essa, che è espressione di Chiesa ed in cui la comunione è il fine e l’anima di ogni regola e architettura organizzativa. In Ac, dunque, sussidiarietà dice una differenza di compiti, ma anche la reciprocità fra i livelli; un legame organico e di servizio, necessario e non scontato. Dice il tendere tutti allo stesso fine, ma secondo modalità distinte; la necessità che ognuno svolga bene il proprio compito per poter mettere in grado ogni centro di vita associativa di rispondere alla sua chiamata e far crescere così tutto l’organismo associativo. Non si concepisce, infatti, una sussidiarietà che non sia integrata e vivificata dal principio di solidarietà. Non ci sono monadi disseminate lungo il territorio nazionale, come afferma chiaramente l’articolo 20.3: "Ogni Associazione diocesana è parte dell’unica Associazione nazionale alla cui vita contribuisce attraverso la propria esperienza associativa. Le associazioni diocesane sono legate tra loro da un vincolo di solidarietà e di reciproco sostegno formativo, culturale ed economico".
Il principio di sussidiarietà non solo afferma la necessità di relazioni organiche tra i diversi livelli associativi, ma ne indica anche le corrette caratteristiche: i rapporti devono essere improntati al rispetto dei ruoli di ciascuno e al sostegno della concreta esperienza ecclesiale dell’Azione Cattolica, al cui servizio è posta la struttura organizzativa. I livelli della vita associativa non sono autoreferenziali, né fini a se stessi. Non si può escludere, in caso di necessità, anche un’opera di supplenza di un livello nei confronti di altri, ma questo senza togliere ad essi il proprio valore e le specifiche prerogative, bensì preparando e favorendo il loro pieno consolidarsi.
L’introduzione nello Statuto aggiornato della necessità che le associazioni diocesane si dotino di un proprio Atto normativo risponde allo stesso principio di sussidiarietà. Significa, infatti, riconoscerle come luoghi dotati di capacità e di spazi di autoregolamentazione e gestione della vita associativa. Allo stesso tempo, però, lo Statuto indica criteri e limiti di tale attività normativa, e si offre come sostegno e garante della qualità di essa. È il ruolo proprio del livello nazionale a richiederlo: la centralità del livello diocesano nella vita associativa non significa certo autosufficienza ed autonomia assoluta. L’art. 24 è chiarissimo nell’indicare l’importanza del livello nazionale e la sua ragion d’essere: "L’Associazione nazionale – afferma il terzo comma – è al servizio delle associazioni diocesane e ne promuove la vita, la comunione e le forme più efficaci di reciproco collegamento". Di collegamento si parla anche a proposito del livello regionale: è suo compito infatti "promuovere rapporti più efficaci tra i livelli diocesano e nazionale dell’Azione Cattolica Italiana" (art. 31.1c).
Il principio di sussidiarietà attraversa tutto lo Statuto, è una chiave di lettura sintetica ed efficace dell’articolarsi dell’Associazione sul territorio, un modo nuovo per tradurre la nota caratteristica dell’organicità. L’Azione Cattolica, infatti, è un corpo vivente, la cui crescita è possibile solo nell’armonia e nel corretto incontro tra le sue parti.
“Nuova responsabilità” 8/2003
<>· Esempio di equivoco sul termine sussidiarietà
10/10/2010 traggo da questa hcopy del sito sito dell’Azione Cattolica Italiana.
STATUTO: 10 PAROLE-CHIAVE
SUSSIDIARIETÀ, il vivere la vita associativa nel reciproco sostegno
L’armonia di un corpo vivente
di Ernesto Diaco
Sussidiarietà non è una parola nuova, estranea al lessico associativo, ma non è certo tra le più usate per parlare di Azione Cattolica. Ci sono espressioni più nobili per raccontare il suo vivere ed articolarsi: organicità, unitarietà, democrazia… D’altronde, è un termine che necessita ancora di essere assimilato nel linguaggio comune: la provenienza dalla sfera politica, in cui si distingue tra sussidiarietà verticale (fra Stato ed enti locali) ed orizzontale (fra istituzioni pubbliche e società civile, organizzata in formazioni sociali), contribuisce infatti a confinarlo in un campo ristretto. L’idea di fondo è che le funzioni pubbliche competano prima di tutto a chi è più vicino alle persone, ai suoi bisogni e alle sue risorse. Ma sussidiarietà è una parola da sempre presente nel magistero della Chiesa, in particolare nella dottrina sociale. La Centesimus annus ne parla così: "Una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune" (n. 48).
Applicato alla vita strutturata dell’Azione Cattolica, il principio di sussidiarietà regola soprattutto i rapporti tra i vari livelli associativi, a cominciare dalle relazioni tra quello nazionale e quello diocesano, che sono i due fondamentali ambiti in cui l’Ac si costituisce (cf art. 12.1). Si può parlare inoltre di sussidiarietà tra le associazioni diocesane e le strutture regionali, che vengono infatti definite, in primo luogo, luoghi di collegamento tra esse. Anche all’interno dell’Associazione diocesana possiamo applicare lo stesso principio, soprattutto considerando il servizio che i suoi organismi sono chiamati ad attuare nei confronti dei livelli di base della vita associativa, quali i gruppi e le associazioni parrocchiali.
Riferendo il principio di sussidiarietà alla struttura associativa, non si può dimenticare l’originalità di essa, che è espressione di Chiesa ed in cui la comunione è il fine e l’anima di ogni regola e architettura organizzativa. In Ac, dunque, sussidiarietà dice una differenza di compiti, ma anche la reciprocità fra i livelli; un legame organico e di servizio, necessario e non scontato. Dice il tendere tutti allo stesso fine, ma secondo modalità distinte; la necessità che ognuno svolga bene il proprio compito per poter mettere in grado ogni centro di vita associativa di rispondere alla sua chiamata e far crescere così tutto l’organismo associativo. Non si concepisce, infatti, una sussidiarietà che non sia integrata e vivificata dal principio di solidarietà. Non ci sono monadi disseminate lungo il territorio nazionale, come afferma chiaramente l’articolo 20.3: "Ogni Associazione diocesana è parte dell’unica Associazione nazionale alla cui vita contribuisce attraverso la propria esperienza associativa. Le associazioni diocesane sono legate tra loro da un vincolo di solidarietà e di reciproco sostegno formativo, culturale ed economico".
Il principio di sussidiarietà non solo afferma la necessità di relazioni organiche tra i diversi livelli associativi, ma ne indica anche le corrette caratteristiche: i rapporti devono essere improntati al rispetto dei ruoli di ciascuno e al sostegno della concreta esperienza ecclesiale dell’Azione Cattolica, al cui servizio è posta la struttura organizzativa. I livelli della vita associativa non sono autoreferenziali, né fini a se stessi. Non si può escludere, in caso di necessità, anche un’opera di supplenza di un livello nei confronti di altri, ma questo senza togliere ad essi il proprio valore e le specifiche prerogative, bensì preparando e favorendo il loro pieno consolidarsi.
L’introduzione nello Statuto aggiornato della necessità che le associazioni diocesane si dotino di un proprio Atto normativo risponde allo stesso principio di sussidiarietà. Significa, infatti, riconoscerle come luoghi dotati di capacità e di spazi di autoregolamentazione e gestione della vita associativa. Allo stesso tempo, però, lo Statuto indica criteri e limiti di tale attività normativa, e si offre come sostegno e garante della qualità di essa. È il ruolo proprio del livello nazionale a richiederlo: la centralità del livello diocesano nella vita associativa non significa certo autosufficienza ed autonomia assoluta. L’art. 24 è chiarissimo nell’indicare l’importanza del livello nazionale e la sua ragion d’essere: "L’Associazione nazionale – afferma il terzo comma – è al servizio delle associazioni diocesane e ne promuove la vita, la comunione e le forme più efficaci di reciproco collegamento". Di collegamento si parla anche a proposito del livello regionale: è suo compito infatti "promuovere rapporti più efficaci tra i livelli diocesano e nazionale dell’Azione Cattolica Italiana" (art. 31.1c).
Il principio di sussidiarietà attraversa tutto lo Statuto, è una chiave di lettura sintetica ed efficace dell’articolarsi dell’Associazione sul territorio, un modo nuovo per tradurre la nota caratteristica dell’organicità. L’Azione Cattolica, infatti, è un corpo vivente, la cui crescita è possibile solo nell’armonia e nel corretto incontro tra le sue parti.
“Nuova responsabilità” 8/2003