KAIROS PALESTINE, con prima firma di MICHEL SABBAH, INCITA AL BOICOTTAGGIO DI ISRAELE: fidarsi?
Inserisco commenti per palesare il mio discernimento rispetto a chi in Parrocchia mi propose con favore il presente documento del 2010.01.
Terrasanta.net il 2010.03 commentò così l’appello in titolo.
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 30/10/2023; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
Pagine correlate: msg di recapito del documento; Palestina; Pax Christi, Alex Zanotelli, Comitato Pace Rovereto
↑2017.05.15 <agensir vatican oraprosiria>: Ordinari Cattolici di Terra Santa: «La questione della “normalizzazione” dei rapporti tra palestinesi e Israele è “ben lungi ... perdurante conflitto che ha un impatto profondo sulla vita quotidiana nelle due entità statali”. Punizioni collettive, confisca di terreni, checkpoint ... [CzzC: troppo male, ma non da una sola parte: perché non una parola sullo statuto di Hamas? Redattore della nota è Michel Sabbah, che firmò anche l’appello per il boicottaggio di Israele. Cosa intende per «legalizzazione di costruzioni israeliane in terre private dei palestinesi»?]
↑2010.03.25 Terrasanta <.net> commenta così l’appello di Kairos Palestine: «All'interno della comunità cristiana palestinese Kairos Palestina non ha riscontrato unanimi consensi. Molti si interrogano sull'opportunità di un simile testo e soprattutto di alcuni suoi passaggi. Tra i più discussi - e non solo in Palestina - c'è l'adesione alla campagna di boicottaggio economico di Israele», benedetto come atto profetico da Rifat Kassis, (coordinatore dell'iniziativa che ha portato alla nascita del Documento) così: «Come Chiese non dobbiamo semplicemente essere "strategiche": dobbiamo essere profetiche. Dobbiamo alzare le nostre voci. Il boicottaggio darà alle nostre parole il vigore dei fatti». [CzzC: e questi secondo Pax Christi, Alex Zanotelli e compagni analogamente intentati sarebbero beati costruttori di pace? Fidarsi?]
↑2010.01.31 Ricevo il documento appresso indicato: fu redatto dai sedicenti capi delle chiese cristiane di Palestina che nel perorare la pace ci chiede di impegnarci “nel disinvestimento e nel boicottaggio di tutto ciò che viene prodotto dall’occupazione”. [CzzC: commento tale appello di Kairos Palestine pro Gaza cercando di aiutare il discernimento tra i giusti appelli per la pace e la sottesa trama ingannevole che, portando le ragioni dei Palestinesi, ne tace i maestri di odio mortale e non riconosce il diritto di Israele di difendersi dal terrorismo. Interpello anche Padre Afif, conoscitore dell’ambiente]
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In via eccezionale pubblichiamo il lungo ma straordinario documento firmato dai Capi delle chiese cristiane a Gerusalemme.
la straordinaria denuncia delle chiese cristiane dal cuore della sofferenza palestinese
Introduzione
Noi, un gruppo di cristiani palestinesi, dopo aver pregato, riflettuto ed esserci confrontati, gridiamo dal cuore della sofferenza del nostro paese, sotto l’occupazione israeliana, con un grido di speranza in assenza di ogni speranza, un grido di fede verso un Dio sempre attento, verso la provvidenza divina di un Dio che ama tutti gli abitanti di questa terra. Ispirati dal mistero dell’amore di Dio rivolto a tutti, il mistero della presenza divina di Dio nella storia di tutte le genti e, in modo particolare, nella storia del nostro paese, proclamiamo la nostra parola basata sulla nostra fede cristiana, nonché sul nostro senso di appartenenza alla Palestina. Una parola di fede, speranza e amore.
Perché ora? Perché oggi abbiamo raggiunto un punto morto nella tragedia del popolo palestinese. I potenti si accontentano di gestire la crisi piuttosto che impegnarsi a trovare un modo per risolverla.
I cuori dei credenti sono pieni di amarezza e di sconcerto: Cosa fa la comunità internazionale? Cosa fanno i leader politici di Palestina, Israele e del mondo arabo? Cosa fa la Chiesa? Il problema non è soltanto di ordine politico. Questa è una politica a causa della quale gli esseri umani vengono distrutti, e questa dovrebbe essere una preoccupazione della Chiesa. Ci rivolgiamo ai fratelli e alle sorelle, membri della nostra Chiesa in questa terra. Ci appelliamo, da cristiani e palestinesi, ai nostri leader politici e religiosi, alla società palestinese e a quella israeliana, alla comunità internazionale, ai fratelli e alle sorelle cristiani nelle chiese del mondo.
La realtà che abbiamo di fronte
“Dicono: “Pace, pace, mentre pace non c’è” (Ger 6,14). Ultimamente tutti parlano di pace in Medio Oriente e dei processi di pace. Ad oggi, tuttavia, queste sono solo parole; la realtà è quella di una occupazione di Israele nei Territori palestinesi, di una sottrazione della nostra libertà e tutto ci che ne consegue. Il muro di separazione eretto in territorio palestinese, gran parte del quale è stato confiscato per questa ragione, ha reso le nostre città e i nostri villaggi come prigioni, separandoli gli uni dagli altri, tramutandoli in tanti cantoni dispersi e divisi. Gaza, specialmente dopo la guerra cruenta che Israele le ha scatenato contro [CzzC: non è giusto tacere che l’attacco israeliano fu per spegnere i razzi palestinesi lanciati contro le abitazioni israeliane e che Israele ogni giorno del conflitto diceva ai Gaziani che avrebbe cessato l’attacco se dopo la mezzanotte fossero cessati i lanci di razzi, che purtroppo, invece, continuavano e pure da rampe piazzate appositamente vicino alle abitazioni onde rendere più odiosi agli occhi del mondo gli effetti dei bombardamenti israeliani] nel dicembre 2008 e nel gennaio 2009, continua a vivere in condizioni inumane, sotto assedio permanente e separata dagli altri territori palestinesi.
Gli insediamenti israeliani [CzzC: questi insediamenti sono atti provocatori che la comunità internazionale dovrebbe far cessare anche ricorrendo a sanzioni, in primis da parte degli USA, che ne sono i maggiori responsabili in quanto avrebbero le maggiori capacità di dissuasione nei confronti di quello stato colonizzatore, che non ha diritto di vantare i diritti della guerra vinta nel 1967, e sarebbe ora di fargli smettere (con modi non sanguinari) di agire come se gli ebrei fossero ancora all’epoca di Giosuè/Gerico, alla riconquista della terra promessa] devastano la nostra terra [CzzC: devastare non sarebbe qui un termine obiettivo, perché le case e i terreni vengono costruite e coltivati piuttosto bene] in nome di Dio e in nome della forza, controllando le nostre risorse naturali, compresa l’acqua [CzzC: ecco un altro crimine, togliere l’acqua o l’energia elettrica ai sottomessi] e le risorse agricole, deprivando quindi centinaia di migliaia di palestinesi e costituendo un ostacolo alla soluzione politica. La realtà è l’umiliazione quotidiana alla quale siamo soggetti ai checkpoint militari , quando andiamo al lavoro, a scuola o in ospedale [CzzC: non è giusto tacere che i checkpoint hanno l’obiettivo di filtrare i terroristi. I Cristiani che condannano “senza se e senza ma” i checkpoint e il muro se la sentirebbero di far tornare permeabili i passaggi e il muro assumendosi la responsabilità di tutte le vittime che da quel momento in poi venissero dilaniate dai terroristi? Troppo facile condannare l’ignominioso muro, escludendo del tutto
- che possa essere il male minore per evitare le stragi degli innocenti, diminuite del 900%, quello ostante,
- che possa essere un tentativo, magari esagerato, di impedire quelle stragi, perché «Tutti gli Stati hanno l'obbligo di sradicare il terrorismo e di proteggere i propri cittadini da atti terroristici (ONU)»].
La realtà è la separazione tra i membri della stessa famiglia, rendendo la vita familiare impossibile a migliaia di palestinesi, specialmente laddove un coniuge non possiede la carta di identità israeliana.
La libertà religiosa è duramente repressa; la libertà di accesso ai luoghi di culto è negata con il pretesto della sicurezza. Gerusalemme e i suoi luoghi sacri sono irraggiungibili per molti cristiani o musulmani della sponda occidentale e della striscia di Gaza. Anche i gerosolimitani riscontrano restrizioni durante le feste religiose. Parte del clero arabo è regolarmente diffidato dall’entrare a Gerusalemme.
Anche i rifugiati fanno parte della nostra realtà. La maggior parte di questi vive ancora nei campi in condizioni difficili. Hanno aspettato di ri-acquisire i loro diritti generazione dopo generazione. Quale sarà il loro destino?E i prigionieri? Le migliaia di prigionieri che si trovano nelle prigioni israeliane fanno parte della nostra realtà. Gli israeliani smuovono cielo e terra per la liberazione di un prigioniero. Ma le migliaia di prigionieri palestinesi, quando riavranno la loro libertà? [CzzC: libertà anche per quelli che si sono macchiati di terrorismo?]. Gerusalemme è il cuore della nostra realtà. E’, allo stesso tempo, simbolo di pace e segno di conflitto. Mentre il muro di separazione divide i quartieri palestinesi, Gerusalemme viene svuotata dei suoi cittadini palestinesi, cristiani e musulmani. Le loro carte di identità vengono confiscate, e ciò significa la perdita del diritto di risiedere a Gerusalemme [CzzC: altra vessazione effettivamente esecrabile]. Le loro case vengono demolite o espropriate. Gerusalemme, città di riconciliazione, è diventata una città di discriminazione ed esclusione, una sorgente di lotta piuttosto che di pace [CzzC: se conveniamo che Israele miri a far sua Gerusalemme o gran parte di essa in funzione della memoria Giosuè/Gerico, e vogliamo impedirglielo ma non con carneficine, mi pare che l’unica soluzione per Gerusalemme sia fare di quella città una città santa sotto controllo internazionale, come proponeva il Papa; Israele non accetta, ma non mi pare che finora nemmeno i palestinesi accettino questa proposta, mentre ritengo che le chiese cristiane dovrebbero sostenerla imparzialmente su entrambi i fronti].
Parte di questa realtà è anche la trasgressione da parte di Israele delle leggi internazionali e delle risoluzioni internazionali [CzzC: non può essere addossata solo ad Israele la responsabilità di ignorare le risoluzioni ONU, organismo che ha perso a livello planetario la capacità di far rispettare le sue risoluzioni, in primis da parte di quei regimi che minacciano l’intera umanità con la bomba atomica e proclamano senza mezzi termini di voler cancellare Israele dalla faccia della terra], oltre all’immobilità del mondo arabo e della comunità internazionale di fronte a questi fatti. I diritti umani vengono violati [CzzC: è difficile trovare una violazione dei diritti umani che sia peggiore della strage degli innocenti (anche più dell’aborto è orribile ci siano tanti potenti pianificatori del massacro senza scampo di bimbi, adulti, vecchi innocenti. Questo genere di terrorismo stragista organizzato è una realtà non contemplata da secoli di storia del diritto, che si impone da pochi decenni con i kamikaze soprattutto islamici, realtà che non poteva contemplare Cesare Beccaria né prevedevano in cotanta esplosione coloro che nel 1948 redassero la dichiarazione universale dei diritti umani (non sottoscritta dai fondamentalisti islamici che si rifanno ad una loro, quantomeno per poter perseguitare abiuri e blasfemi in onta all’art.18 della nostra); è una realtà che sconvolge i criteri etico-civili di bene-male e gli intendimenti sui diritti umani, realtà che non è più affrontabile con criteri del diritto che non la previde com’è ora.
- Non a caso Wiesel, premio nobel per la pace sopravissuto di Auschwitz, nel nostro parlamento il 27/01 ha chiesto di «varare un disegno di legge che definisca gli attentati suicidi come attentati contro l'umanità».
- Non a caso s’è scomodato con fatwa[1] il Dottor Youssef Al-Qardawi per decretare martiri secondo il Corano e non suicidi i kamikaze islamici ... [clicca qui per il testo integrale e qui commento di Magdi]]
- Non a caso ci sono perfino cristiani che si propongono kamikaze, ma sono certo che le chiese cristiane si guardano bene dall’incoraggiarli/giustificarli alla stregua della suddetta fatwa]
nonostante le tante informazioni diffuse dalle organizzazioni internazionali per la salvaguardia dei diritti umani, l’ingiustizia continua.
I palestinesi entro lo stato di Israele, che hanno vissuto ingiustizie storiche, sebbene siano cittadini e abbiano quindi i diritti e gli obblighi dei cittadini, subiscono ancora trattamenti discriminatori. Anch’essi aspettano di poter godere dei pieni diritti e dell’uguaglianza come tutti gli altri cittadini dello Stato.
L’emigrazione è un altro elemento della nostra realtà. L’assenza di qualunque barlume di speranza di pace e libertà spinge i giovani, sia musulmani che cristiani, ad emigrare. Quindi il paese è deprivato della sua più importante ricchezza: i giovani istruiti. Il declino del numero dei cristiani, particolarmente in Palestina, è una delle pericolose conseguenze, sia del conflitto che dell’immobilismo locale ed internazionale e della incapacità di trovare una soluzione efficace al problema. Di fronte a questa realtà, Israele giustifica le sue azioni come auto-difesa, comprese l’occupazione, le punizioni collettive e le altre forme di soprusi contro i palestinesi [CzzC: altra esecrabile vessazione. Non esiste rappresaglia giustificabile, solo la legittima immediata difesa può giustificare un’azione violenta] Secondo noi, questa visione è il capovolgimento della realtà. Sì, c’è la resistenza palestinese all’occupazione. Tuttavia, se non ci fosse occupazione, non ci sarebbe resistenza, nessun timore, nessuna insicurezza. Questa è la nostra conoscenza del problema. Quindi, chiediamo agli israeliani di porre fine all’occupazione [CzzC senza alcuna condizione? Nemmeno il riconoscimento esplicito del diritto di esistenza in sicurezza dello stato di Israele?]. Vedranno così un nuovo mondo senza paure, senza minaccia, un mondo sicuro, di giustizia e pace. [CzzC: c’è qualcuno dei firmatari del presente appello disposto ad assumersi la responsabilità degli eventuali macelli di cui sopra, se il “nuovo mondo sicuro” che qui prospettano si rivelasse una pia illusione in assenza di efficaci concrete garanzie e difese del popolo di Israele? Lo Statuto di Hamas richiede la distruzione dello Stato di Israele e qualche capo di stato islamico ricorda sovente tale intento, perfino nel giorno della memoria, come 3 giorni fa Khamenei]
Le reazioni palestinesi a questa realtà sono state molteplici. Alcuni hanno risposto con le negoziazioni: queste sono la posizione ufficiale delle autorità palestinesi, ma non hanno fatto avanzare il processo di pace. Alcuni partiti politici hanno seguito la strada della resistenza armata. Israele ha usato questo come pretesto per accusare i palestinesi di essere terroristi [CzzC i kamikaze palestinesi non sarebbero terroristi? Si vuol dar ragione alla fatwa di cui sopra?] e per distorcere la reale natura del conflitto, presentandolo come la guerra di Israele contro il terrore [CzzC: davvero non sarebbe nemmeno un pochino guerra anti terrorismo? Sostengo che Israele sbaglia nell’agire alla Giosuè/Gerico, ma i kamikaze gli offrono più di un pretesto per dissimulare l’intento], invece che l’occupazione israeliana contrastata dalla resistenza palestinese per fare in modo che essa finisse.
Questa tragedia è stata peggiorata dal conflitto interno tra gli stessi palestinesi, e dalla separazione di Gaza dal resto del territorio palestinese. Vale la pena sottolineare che, anche se ci sono divisioni tra gli stessi palestinesi, la comunità internazionale ha una grande responsabilità, quella di non aver accettato di occuparsi fattivamente della volontà che i palestinesi avevano espresso con le elezioni democratiche del 2006. [CzzC: finché esiste un così largo rifiuto al riconoscimento esplicito del diritto di esistenza in sicurezza dello stato di Israele, ben pochi realistici incruenti passi avanti ritengo si possano fare].
Torniamo a sottolineare che la nostra parola cristiana nel mezzo di tutto questo, nel mezzo di una catastrofe, è una parola di fede, speranza e amore. Una parola di fede: crediamo in un solo Dio, un Dio buono e giusto. Crediamo in Dio, un solo Dio, Creatore dell’universo e dell’umanità. Crediamo in un Dio buono e giusto, che ama ciascuna delle sue creature. Crediamo che ogni essere umano sia creato ad immagine e somiglianza di Dio e che la dignità di ognuno derivi dalla stessa dignità dell’Onnipotente. Crediamo che questa dignità sia una sola e sia la stessa in ciascuno e in tutti noi. Questo significa che, qui ed ora, particolarmente in questa terra, Dio non ci ha creato affinché potessimo intraprendere guerre e conflitti, ma perché potessimo avvicinarci, conoscerci [CzzC: non basta conoscersi, occorre RIconoscersi] ed amarci l’un l’altro, e costruire insieme la terra con amore e rispetto reciproco. Crediamo anche nell’eterna parola di Dio, il suo Figlio unigenito, il nostro Signore Gesù Cristo, che Dio ha mandato come Salvatore del mondo. Crediamo nello Spirito Santo, che accompagna la chiesa e tutta l’umanità nel loro cammino. E’ lo Spirito che ci aiuta a capire le Sacre Scritture, sia l’Antico che il Nuovo Testamento, spiegandoci la loro unità, qui e ora. Lo Spirito rende manifesta la rivelazione di Dio all’umanità, passata, presente e futura. Come interpretiamo la parola di Dio? Noi crediamo che Dio abbia parlato all’umanità, qui nella nostra terra: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo” (Eb 1,1-2)
Noi, cristiani palestinesi, crediamo, come i cristiani di tutto il mondo, che Gesù Cristo sia venuto per adempiere la legge e i profeti. Egli è l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine, e nella sua luce e con la guida dello Spirito Santo. Noi meditiamo ed interpretiamo le Scritture come fece Gesù Cristo con i due discepoli sulla strada di Emmaus. Come è scritto nel Vangelo secondo S. Luca “E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24,27).Nostro Signore Gesù Cristo è venuto per proclamare che il Regno di Dio era vicino. Ha provocato una rivoluzione nella vita e nella fede di tutta l’umanità. E’ venuto con “una dottrina nuova” (Mc 1,27), gettando una nuova luce sull’Antico Testamento, riguardo ai temi che si legano alla fede cristiana e alla nostra vita quotidiana, temi come le promesse, l’elezione, il popolo di Dio e la terra [CzzC: non la terra promessa, né come la intendono gli ebrei, né come la intendono i musulmani che vedono Israele come un intruso nelle terre conquistate dall’islam e vietano campanili cristiani in qualunque posto dell’immensa Arabia irridendoci con la scusa che sarebbe come permettere un minareto in Vaticano]. Noi crediamo che la Parola di Dio sia una Parola vivente, che illumina di luce particolare ciascun periodo storico, manifestando ai credenti cristiani ciò che Dio ci comunica qui ed ora. Per questa ragione, è inaccettabile trasformare la Parola di Dio in lettere di pietra che sovvertono l’amore di Dio [CzzC: vedi fatwa di cui sopra] e la sua provvidenza nella vita dei popoli e degli individui. Questo è certamente l’errore di una interpretazione biblica fondamentalista che porta morte e distruzione quando la parola di Dio diventa pietrificata e trasmessa di generazione in generazione come una lettera morta. Questa lettera morta viene usata come arma nella storia presente per sottrarci i nostri diritti [CzzC: concordo essere assurdo revanscismo l’agire di Israele alla maniera di Giosuè/Gerico] nella nostra stessa terra [CzzC: si permettono un uso così medievale del concetto di terra nel XXI secolo? Oggi dobbiamo tutti riconoscere, al di là delle diverse fedi e ideologie, che la Terra è di tutti e che non ci debbono essere zone riservate ad una religione o ad un’etnia, magari zone franche in violazione dei diritti umani: se la terra italiana e l’Europa non è solo degli italiani e degli Europei ma può essere costellata di minareti, come è ammissibile che qualcuno rivendichi su qualche pezzo di terra della Terra il diritto di applicare una sua legge (sharia) fino a negare l’esposizione di simboli religiosi che non siano islamici, fino a far pagare la jizya a cristiani che volessero aver salva la vita? In Palestina non era applicata la jizya? Bene. Ma finché non vengono rimangiate certe assurdità di fatwa e di statuto Hamas e di proclami komeinisti, come stupirsi che la maggior parte degli uomini di questa Terra si fidino più di Israele che dei palestinesi?]
Il nostro paese ha una missione universale. Noi crediamo che la nostra terra abbia una missione universale. In questa universalità, il senso della promessa, della terra, dell’elezione, del popolo di Dio, si aprono ed includono tutta l’umanità, a cominciare dai popoli di questa terra. [CzzC: bene, si faccia Gerusalemme città santa sotto controllo internazionale. Prego che ciò avvenga. Pregate anche voi e cercate di sensibilizzare chi vi è vicino, ebreo o musulmano che sia. Se accadesse il miracolo …] Alla luce degli insegnamenti della Sacra Bibbia, la promessa della terra non è mai stato un programma politico, ma piuttosto il preludio al completamento della salvezza universale. Era l’inizio del compimento del Regno di Dio sulla terra.
Dio ha mandato i patriarchi, i profeti e gli apostoli in questa terra così che potessero portare avanti una missione universale nel mondo. Oggi costituiamo tre religioni in questa terra: giudaismo, cristianesimo e islam. La nostra terra è la terra di Dio, come tutti i luoghi del mondo. E’ santa nella misura in cui Dio vi è presente, poiché Dio solo è santo e santificante. E’ dovere di quelli che ci abitano, rispettare il volere di Dio per questa terra. E’ nostro dovere liberarla dal male dell’ingiustizia e dalla guerra. E’ la terra di Dio e quindi deve essere una terra di riconciliazione, pace e amore. Questo è allora possibile. Dio ci ha pensato qui come due popoli [CzzC: due soli? Crediamo davvero che fra due-tre secoli, con l’accelerazione della globalizzazione e della comunicazione che abbiamo visto negli ultimi 30 anni, gli uomini parleranno ancora di popoli e di terra con queste esclusiviste categorie?] e Dio ci dà la capacità, se noi lo vogliamo, di vivere insieme e di stabilirvi giustizia e pace, facendola diventare la vera terra di Dio: “Del Signore è la terra [CzzC: tutta la Terra però, senza distinzione di terre colonizzate militarmente o religiosamente] e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti” (Sal 24,1).
La nostra presenza in questa terra, come palestinesi cristiani e musulmani [CzzC: ed ebrei no?], non è casuale ma legata alla storia e alla geografia di questo paese, risonante [CzzC: che intendete?], vista la stretta connessione di ogni altro popolo alla terra in cui vive. Fu un’ingiustizia quando ci portarono fuori. L’occidente ha tentato di fare ammenda per ciò che gli ebrei hanno subito nei paesi europei, ma ha fatto ammenda per conto nostro nella nostra terra? Hanno tentato di correggere un’ingiustizia e il risultato è stato una nuova ingiustizia. Inoltre, sappiamo che alcuni teologi occidentali [CzzC: anche cattolici? Se sì, quali? O vi riferite al protestantesimo di US-UK?], cercano di trovare una legittimità biblica e teologica alla sottrazione dei nostri diritti. Quindi, le promesse, secondo la loro interpretazione, sono diventate una minaccia alla nostra esistenza reale. La “buona notizia” dello stesso Vangelo è diventata “un ricettacolo di morte” per noi [CzzC: avrei bisogno di qualche esempio documentale preciso per capire meglio]. Chiediamo a questi teologi di approfondire la loro riflessione sulla Parola di Dio e di rettificare le loro interpretazioni così che possano vedere nella Parola di Dio quale fonte di vita per tutti i popoli.
Il nostro legame con questa terra è un diritto naturale. Non è soltanto una questione ideologica o teologica. E’ una questione di vita o di morte. Ci sono quelli che non sono d’accordo con noi, che ci definiscono perfino nemici solo perché dichiariamo di voler vivere da persone libere nella nostra terra. Subiamo l’occupazione della nostra terra perché siamo palestinesi. [CzzC: se vi riferite ai territori arabi occupati nella guerra dei 6 giorni, avete ragione, quelle terre vi debbono essere restituite, appena siano state fornite quelle garanzie sull’esistenza in sicurezza di Israele, l’assenza delle quali è stata all’origine della guerra del 1967, persa dagli arabi che l’avevano scatenata contro Israele. Ma in questo testo non chiarite bene, e lasciate che qualche lettore supponga che voi intendiate “occupazione della nostra terra” anche la fondazione dello stato di Israele, nato su terre abitate in prevalenza da palestinesi per scelta internazionale ancorché non accettata da tanti musulmani; è grave che si lasci trapelare questo doppio significato del termine “occupazione della nostra terra”, né si può addurre come scusante che nemmeno il Vaticano abbia con Israele pieno riconoscimento reciproco]. E come cristiani palestinesi subiamo una errata interpretazione di alcuni teologi. Di fronte a questo, il nostro compito è salvaguardare la Parola di Dio quale fonte di vita e non di morte, così che “la buona notizia” rimanga ciò che è, “buona notizia” per noi come per tutti. Di fronte a coloro che usano la Bibbia per minacciare la nostra esistenza di cristiani e musulmani palestinesi [CzzC: ammetto di non capire bene queste supposte distorsioni della Bibbia se di matrice cattolica; ma, in attesa di apprendere i nomi dei temuti teologi e virgolettate le loro relative affermazioni, ammetterete anche voi come non ci si possa stupire se la maggior parte degli uomini della nostra Terra teme le “minacce alla propria esistenza” provenienti più da kamikaze addestrati da osservanza di prescrizioni coraniche che da osservanza di prescrizioni bibliche].
Quindi, dichiariamo che qualunque uso della Bibbia per legittimare o sostenere opzioni o posizioni politiche che si basino sull’ingiustizia, imposta da una persona sull’altra, o da un popolo sull’altro, trasforma la religione in ideologia umana e spoglia la Parola di Dio della sua santità, universalità e verità [CzzC: ovviamente].
Dichiariamo anche che l’occupazione israeliana della terra palestinese è un peccato contro Dio e contro l’umanità poiché depriva i palestinesi dei fondamentali diritti umani, conferiti da Dio. Distorce l’immagine di Dio per Israele che è diventato l’occupante, così come distorce la stessa immagine per i palestinesi che vivono sotto occupazione. Dichiariamo che qualunque teologia, apparentemente basata sulla Bibbia o sulla fede o sulla storia, che legittima l’occupazione, è ben lontana dagli insegnamenti cristiani, poiché induce alla violenza e alla guerra santa nel nome del Dio Onnipotente, subordinando Dio agli interessi umani del momento, e distorcendo l’immagine divina negli esseri umani che vivono ingiustizie sia politiche che teologiche. [CzzC: dichiarazioni condivisibili, che sarebbero ancora più condivisibili se ricordassero parallelamente l’esistenza di altre distorsioni dell’immagine di Dio in occupazione della dignità e della libertà della persona umana, violentata fino a morte crudele se cambia religione, o se cambia partner o perfino se cambia vestito].
Speranza
Nonostante la mancanza anche di un barlume di aspettative positive, la nostra speranza rimane forte. L’attuale situazione non promette una soluzione veloce o la fine dell’occupazione che stiamo subendo. Si, le iniziative, le conferenze, le visite, le negoziazioni si sono moltiplicate, ma non sono state seguite da cambiamenti nella nostra situazione o nella nostra sofferenza. Anche la nuova posizione degli Stati Uniti, che è stata annunciata dal Presidente Obama, con il manifesto desiderio di porre fine alla tragedia, non è stata in grado di operare un cambiamento della realtà. La chiara reazione di Israele, rifiutando ogni soluzione [CzzC: che prescinda dalle garanzie di esistenza in sicurezza di cui sopra], non lascia spazio ad aspettative positive. Nonostante ciò, la nostra speranza resta forte, perché viene da Dio. Solo Dio è buono, onnipotente e amorevole e la sua bontà, giorno per giorno, sarà vittoriosa sul male nel quale ci troviamo. Come ha detto S. Paolo: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? (…) Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto “Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno” (…) Io sono infatti persuaso che nulla nella creazione, potrà mai separarci dall’amore di Dio” (Rom 8,31,35,36,39).
Qual è il significato della speranza? La speranza per noi è soprattutto e prima di tutto fede in Dio e poi aspettativa di un futuro migliore, a dispetto di tutto. Significa anche non inseguire le illusioni [CzzC: né utopie disarmanti, che si sono dimostrate storicamente foriere di stragi di innocenti] - sappiamo che non ci siamo neanche vicini. La speranza è la capacità di vedere Dio in mezzo al disagio, e di essere collaboratori dello Spirito Santo che abita in noi. Da questa visione deriva la forza per rimanere fermi e lavorare per cambiare la realtà nella quale ci troviamo. Speranza significa non arrendersi al male [CzzC: che si esprime primariamente in inganno e menzogna, il che ci induce al massimo impegno al servizio della realtà/verità da analizzare nella totalità dei suoi fattori, ancorché spesso complessi e contradditori, in paziente salvaguardia dei canali di dialogo come primario servizio anche alla carità (caritas in veritate)] ma fronteggiarlo e continuare e resistergli. Non c’è nulla nel presente o nel futuro tranne che rovina e distruzione. Vediamo la mano dei potenti, la crescita di una separazione razzista e l’imposizione di leggi che negano la nostra esistenza e dignità. Vediamo confusione e divisione tra i palestinesi. Se, a dispetto di tutto questo, resistiamo a questa realtà di oggi e lavoriamo sodo, forse la distruzione che è minacciosa all’orizzonte non verrà su di noi.
Segni di speranza
La Chiesa nella nostra terra, i suoi leader e i suoi fedeli, nonostante i suoi limiti e le divisioni, non mostra segni di speranza. Le nostre comunità parrocchiali sono vivaci e la maggior parte dei nostri giovani sono apostoli attivi di giustizia e pace. Oltre all’impegno individuale, le nostre istituzioni ecclesiastiche rendono la nostra fede attiva nel servizio, nell’amore e nella preghiera.
Tra i segni di speranza ci sono i centri locali di teologia, con il loro carattere religioso e sociale. Sono numerosi, di diverse confessioni. Lo spirito ecumenico, anche se ancora esitante, si palesa sempre più negli incontri delle nostre varie comunità ecclesiali. Possiamo aggiungere a questi i numerosi incontri del dialogo interreligioso, del dialogo cristiano-islamico, che include i leader religiosi e una parte del popolo. Bisogna pur riconoscere che il dialogo è un lungo processo ed è perfezionato attraverso uno sforzo quotidiano laddove viviamo le stesse sofferenze e abbiamo le stesse aspettative. Esiste dialogo anche tra le tre religioni, giudaismo, cristianesimo e islam, così come diversi incontri a livello accademico e sociale. Tutti tentano di infrangere i muri imposti dall’occupazione [CzzC: e ancor più quelli costruiti da ben pagati maestri di odio] e di opporsi alla percezione distorta degli esseri umani nel cuore dei fratelli e sorelle.
Uno dei segni di speranza più importanti è la fermezza delle generazioni, la fede nella giustizia della loro causa [CzzC: per il cristiano conta la fede nella giustizia tout court, poveri noi se fosse solo fede nella giustizia della propria causa] la continuità della memoria, che non dimentica la “Nakba” (catastrofe) e il suo significato. [CzzC: il cristiano non sostiene il revanscismo, ma la pace perseguita finanche con il perdono dei torti subiti] Analogamente significativa è la crescente consapevolezza nelle molte chiese sparse nel mondo e il loro desiderio di conoscere la verità su ciò che sta accadendo qui.
Oltre a tutto ciò, vediamo la determinazione tra i tanti che superano i risentimenti del passato per andare verso la riconciliazione una volta che la giustizia sarà restaurata [CzzC: il cristiano arriva al perdono anche senza pretendere la riparazione dei torti subiti, se le relative rivendicazioni generassero un male così grande da far impallidire il sottostante concetto di giustizia]. La consapevolezza mondiale del bisogno di restaurare i diritti politici dei palestinesi è in aumento, e le voci ebree e israeliane, che invocano pace e giustizia, vengono levate a sostegno, con l’approvazione della comunità internazionale. Vero, queste forze per la giustizia e la riconciliazione non sono state ancora in grado di trasformare la situazione di ingiustizia, ma hanno la loro influenza e possono abbreviare il tempo della sofferenza e affrettare il tempo della riconciliazione [CzzC: c’è una via maestra per ridare ai Palestinesi i territori arabi occupati nel 1967 (non i territori di Israele): il riconoscimento da parte palestinese (e musulmana in generale) dell’esistenza in sicurezza dello stato di Israele; qualunque tentativo di raggiungere la pace a prescindere da questo riconoscimento a me pare così utopico da essere ingannevole].
La missione della chiesa
La nostra chiesa è una chiesa di persone che pregano e servono. Questa preghiera e questo servizio sono profetici, perché custodiscono la voce di Dio nel presente e nel futuro. Tutto ciò che accade nella nostra terra, chiunque vi abiti, i dolori e le speranze, tutte le ingiustizie e tutti i tentativi per fermarle, sono parte e porzione della preghiera della nostra Chiesa e del servizio di tutte le sue istituzioni. Sia grazie a Dio se la nostra Chiesa alza la voce contro l’ingiustizia nonostante il fatto che alcuni la vorrebbero silente, chiusa nelle sue devozioni religiose [CzzC: attenzione, alzare la voce per affermare la verità, con la V maiuscola, non quella della propria causa, è il compito della chiesa, e per affermare questa Verità a volte è altrettanto importante usare una voce sussurrata, nei luoghi e nei modi più accortamente individuati, usando quell’intelligenza che il Cristo ci ha raccomandato, a costo di apparire silenti per evitare il male maggiore che il grido potrebbe scatenare sulle creature indifese, come avvenne sotto Hitler].
La missione della chiesa è profetica: annunciare la Parola di Dio coraggiosamente, onestamente e amorevolmente nel contesto locale e nel mezzo degli eventi quotidiani. Se si schiera con qualcuno, è con gli oppressi, per stare al loro fianco, proprio come Cristo nostro Signore è stato al fianco di ogni povero e di ogni peccatore, invitandolo alla conversione, alla vita, al recupero della dignità riconosciutagli da Dio e che nessuno ha il diritto di portargli via.
La missione della chiesa è proclamare il Regno di Dio, un regno di giustizia, pace e dignità. La nostra vocazione, come Chiesa vivente, è testimoniare la bontà di Dio e la dignità di ogni essere umano. Siamo chiamati a pregare e a far sentire la nostra voce quando annunciamo una nuova società in cui gli esseri umani credano nella propria dignità e in quella dei loro avversari.
La nostra Chiesa guarda al Regno, che non può essere legato a nessun regno terreno [CzzC: appunto!]. Gesù, davanti a Pilato, ha detto di essere un re, ma che il suo regno non è di questo mondo (Gv 18,36). S. Paolo ha detto: “Il Regno di Dio non è infatti questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17). Quindi, la religione non può favorire o supportare nessun regime politico ingiusto, ma promuovere la giustizia, la verità e la dignità umana. Deve esercitare ogni tentativo di purificare i regimi in cui gli esseri umani soffrono a causa di ingiustizie o la dignità umana viene violata [CzzC: vedi populorum progressio, caritas in veritate e dottrina sociale della chiesa in generale]. Il Regno di Dio sulla terra non dipende da alcun orientamento politico, poiché è più grande e più inclusivo di qualunque altro sistema politico particolare.
Gesù Cristo ha detto “Il Regno di Dio è tra voi” (Lc 17,21). Questo Regno che è presente tra noi e in noi è l’estensione del mistero della salvezza. E’ la presenza di Dio tra noi e il nostro senso di quella presenza in tutto ciò che facciamo o diciamo. E’ in questa divina presenza che dobbiamo fare quel che possiamo affinché si raggiunga la giustizia sulla terra.
Le circostanze dolorose in cui la Chiesa palestinese ha vissuto e continua a vivere, hanno spinto la Chiesa a esplicitare la sua fede e ad identificare meglio la propria vocazione. Abbiamo studiato la nostra vocazione e siamo arrivati a conoscerla meglio in mezzo a sofferenza e dolore: oggi, abbiamo la forza dell’amore piuttosto che della vendetta, una cultura di vita piuttosto che di morte. [CzzC: bellissimo, verissimo!] Questa è una fonte di speranza per noi, per la chiesa e per il mondo. La risurrezione è la fonte della nostra speranza. [CzzC: permettetemi di ripetere bellissimi! E di confidarvi che mi state facendo intendere che forse non condividereste il Mancuso, chiamato pagato qui da noi per catechizzarci sulla sua idea che la salvezza prescinde dalla resurrezione di Cristo]. Proprio come Cristo ha vinto la morte e il male, anche noi siamo capaci, come ogni abitante di questa terra, di estinguere il male della guerra. Rimarremo una Chiesa testimone, determinata e attiva nella terra della risurrezione.
Amore
Il comandamento dell’amore. Cristo nostro Signore ha detto: “Come vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Ci ha già mostrato come amare e come trattare i nostri nemici. Ha detto: “Avete inteso che fu detto ‘amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico’. Ma io vi dico Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il so sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.(…) Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. (Mt 5,43-47). Anche S. Paolo ha detto: “Non rendete a nessuno male per male” (Rm 12,17). E S. Pietro ha detto: “Non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma al contrario, rispondete benedicendo perché a questo siete stati chiamati” (1Pt 3,9).
Resistenza
Questa parola è chiara. L’amore è il comandamento che Cristo nostro Signore ci ha lasciato e comprende gli amici e i nemici. Questo deve essere chiaro quando ci troviamo in circostanze in cui dobbiamo rispondere al male di qualunque tipo. L’amore è vedere il volto di Dio in ogni essere umano. Ogni persona è mio fratello o mia sorella. Tuttavia, vedendo il volto di Dio in ognuno non significa accettare il male o l’aggressione da parte sua. Piuttosto, questo amore cerca di correggere il male e di fermare l’aggressione [CzzC: da qualunque parte provenga]. L’ingiustizia contro il popolo palestinese, cioè l’occupazione israeliana, è un male che deve essere combattuto. E’ un male e un peccato che deve essere contrastato e rimosso. La primaria responsabilità di questo è degli stessi palestinesi che subiscono l’occupazione. L’amore cristiano ci invita ad opporci. Tuttavia, l’amore mette fine al male camminando sulla vie della giustizia. La responsabilità è inoltre della comunità internazionale [CzzC: degli USA in particolare, sia perché hanno la maggiore capacità di persuasione e di dissuasione su Israele, sia perché, tra gli stati potenti del mondo, gli States mi sembrano uno dei più condizionati dal potere economico-finanziario-militare gestito da menti collegate – anche in buona fede perseguenti il bene comune - all’ebraismo], poiché oggi le leggi internazionali regolano i rapporti tra i popoli. Infine la responsabilità è di coloro che perpetuano l’ingiustizia [CzzC: anche religiosa, non solo economico-militare]; essi devono liberarsi dal male che è in loro e dall’ingiustizia che hanno imposto agli altri. Quando guardiamo alla storia delle nazioni, vediamo molte guerre e molta opposizione alla guerra con altra guerra, alla violenza con la violenza. Il popolo palestinese ha intrapreso la strada di quei popoli, in particolare nelle prime fasi della lotta all’occupazione di Israele. Tuttavia, ha ingaggiato una lotta pacifica [CzzC: scusatemi, anche i kamikaze sugli autobus e i razzi sulle case ebraiche sono pacifici?], specialmente durante la prima Intifada. Riconosciamo che tutti i popoli devono trovare un nuovo percorso nelle relazioni tra di loro e una risoluzioni ai loro conflitti. La forza deve far spazio alla giustizia. Questo si addice in particolare ai popoli che sono militarmente forti, potenti abbastanza da imporre la loro ingiustizia ai deboli. Affermiamo che la nostra scelta come cristiani di fronte all’occupazione israeliana è di resistere. La resistenza è un diritto e un dovere per il cristiano. [CzzC: la resistenza senza spargimento di sangue, non asservita da semplificazioni partigiane, non alla maniera invocata dalla teologia della liberazione come ho udito cantare nella nostra parrocchia: «Cristo, sii solidale con noi, non con la classe degli oppressori che spremono e divorano la comunità»; «Io credo in te compagno, Cristo umano, Cristo operaio», «tu stai resuscitando in ogni braccio che si alza per difendere il popolo dal dominio sfruttatore … credo nella tua lotta senza riposo»; «La Comunione non è un mito in trascendente … E’ comunicazione con la lotta della collettività».] Ma è resistenza che ha l’amore come logica. E’ quindi una resistenza creativa poiché deve trovare strade umane che impegnino l’umanità del nemico. Vedendo il volto di Dio nel volto di ogni nemico significa prendere posizione alla luce di questa visione di resistenza attiva per fermare l’ingiustizia e obbligare gli oppressori a porre fine all’aggressione [CzzC: e obbligare gli oppressi a riconoscere il diritto alla sicurezza di chi spiega l’oppressione come impedimento al reiterarsi delle carneficine attuate e ancora minacciate dagli oppressi], e quindi raggiungere il desiderato obiettivo, riavere la terra, la libertà, la dignità e l’indipendenza.
Cristo nostro Signore ci ha lasciato un esempio da imitare. Dobbiamo combattere il male, ma ci ha insegnato che non possiamo combattere il male con il male. [CzzC: grandezza della nostra fede per la salvezza dell’umanità] Questo è un comandamento difficile, specie quando il nemico è determinato ad imporsi e a negare il nostro diritto di restare qui nella nostra terra [CzzC: magari potrebbe risultare meno difficile questo comandamento se, oltre che resistere al male, si affermasse il bene dell’altro,
- riconoscendogli de jure e de facto il diritto di vivere sicuro a casa sua
- condannando e boicottando pacificamente anche i propri correligionari che negassero de jure e de facto tale diritto]
E’ un comandamento difficile, ma da solo può contrastare le dichiarazioni delle autorità occupanti che rifiutano la nostra esistenza e le molte scuse che queste autorità utilizzano per continuare ad imporci l’occupazione. Resistere al male dell’occupazione è quindi parte di questo amore cristiano che rifiuta il male e lo corregge, che resiste al male in tutte le sue forme con i metodi che appartengono alla logica dell’amore e puntano le energie all’avvento della pace. Possiamo resistere attraverso la disobbedienza civile. Non resistiamo con la morte ma con il rispetto della vita. Rispettiamo e abbiamo molta considerazione di tutti coloro che hanno offerto la propria vita per il nostro paese [CzzC: anche i kamikaze?]. E sosteniamo che ogni cittadino debba essere pronto a difendere la propria vita [CzzC: anche ogni cittadino israeliano], la propria libertà, la propria terra. Le organizzazioni civili palestinesi, come le organizzazioni internazionali, le ONG e alcune istituzioni religiose si appellano affinché gli individui, le aziende e gli stati si impegnino nel disinvestimento e nel boicottaggio di tutto ciò che viene prodotto dall’occupazione. Ci sembra che questo integri la logica della resistenza pacifica. Queste campagne devono essere portate avanti con coraggio, proclamando sinceramente ed apertamente che il loro scopo non è la vendetta ma la fine del male esistente, la liberazione sia degli oppressori che delle vittime dell’ingiustizia. L’obiettivo è liberare le persone dalle posizioni estreme dei differenti governi israeliani [CzzC: e dei differenti governi palestinesi e dei differenti governi islamici a tiro di missile nucleare], portando alla giustizia e alla riconciliazione. In questo spirito e con questi scopi raggiungeremo finalmente la risoluzione dei nostri problemi, come è accaduto in Sud Africa e in altri movimenti di liberazione nel mondo [CzzC: infatti in Sudafrica si è cominciato a conoscersi e ad accettarsi in parallelo alla emarginazione di quelli che si ostinavano a NON RIconoscersi reciprocamente]. Con il nostro amore, supereremo le ingiustizie e stabiliremo le fondamenta per una società nuova per noi e per gli avversari. Il nostro futuro e il loro futuro sono lo stesso futuro. Sia il ciclo della violenza che ci distrugge entrambi, che la pace di cui beneficeremo entrambi. Ci appelliamo ad Israele affinché interrompa l’ingiustizia verso di noi, non per voler fuorviare la verità dell’occupazione fingendo che sia una battaglia contro il terrorismo [CzzC: purtroppo non potremo mai sostenere che gli Israeliani “fingono” in tal senso, finché ci sono milioni di palestinesi a proclamare l’intento di distruggere Israele, e governi islamisti a tiro di missile che ne promettono la cancellazione]. Le radici del “terrorismo” sono nell’ingiustizia umana commessa e nel male dell’occupazione [CzzC: e nei proclami di troppi maestri di odio]. Questi devono essere scalzati se si ha davvero intenzione di sconfiggere il “terrorismo”. Facciamo appello al popolo di Israele affinché sia nostro alleato per la pace e non per il ciclo interminabile delle violenze. Resistiamo al male insieme, all’occupazione e all’inferno della violenza.
La nostra parola ai fratelli e sorelle
Siamo tutti di fronte ad una strada interrotta, ad un futuro che promette soltanto sventure. La nostra parola a tutti i fratelli e sorelle cristiani è una parola di speranza, pazienza, fermezza e nuova azione per un futuro migliore. La nostra parola è che noi, come cristiani, portiamo un messaggio, e continueremo a portarlo, nonostante le angustie, il sangue e le difficoltà di ogni giorno. Riponiamo la speranza in Dio, che ci garantirà sollievo a suo tempo. Ma allo stesso tempo, continuiamo ad agire insieme a Dio e secondo il volere di Dio, costruendo, resistendo al male e avvicinando il giorno della giustizia e della pace. Diciamo ai nostri fratelli e sorelle cristiani: questo è il tempo della conversione. Essa ci riporta alla comunione d’amore con chiunque [CzzC: da ambo le parti] soffra, con i prigionieri, i feriti, gli afflitti con handicap temporanei o permanenti, i bambini che non possono vivere la loro infanzia e con ciascuno che pianga un suo caro. La comunione d’amore suggerisce ad ogni credente in spirito e verità: se mio fratello è prigioniero, io sono prigioniero; se la sua casa è distrutta, la mia casa è distrutta; quando mio fratello viene ucciso, io vengo ucciso. Noi ci troviamo di fronte alle stesse sfide e condividiamo ciò che è accaduto e che accadrà. Forse sia come individui che come capi di chiese, siamo stati in silenzio quando avremmo dovuto gridare per condannare l’ingiustizia e condividere la sofferenza. Questo è un tempo di pentimento per il nostro silenzio, l’indifferenza, la mancanza di comunione, sia perché non abbiamo perseverato nella nostra missione in questa terra e l’abbiamo abbandonata, sia perché non abbiamo pensato e fatto abbastanza per cercare una visione nuova ed integrata e siamo rimasti divisi, svilendo la nostra testimonianza e indebolendo la nostra parola. Pentimento per esserci preoccupati delle istituzioni [CzzC: fino a bisticciare sul Santo Sepolcro], a danno della nostra missione, quindi zittendo la voce profetica donata dallo Spirito alle Chiese.
Ci appelliamo ai cristiani affinché rimangano fermi in questo tempo di prova, proprio come lo sono stati nei secoli, attraverso la successione degli stati e dei governi. Siate pazienti, determinati e pieni di speranza così che possiate riempire il cuore di ciascuno dei vostri fratelli e sorelle che condivideranno la stessa prova, con altrettanta speranza. “Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,15). Siate attivi e, conferite queste sembianze all’amore, partecipate a qualunque sacrificio che la resistenza richieda per superare il travaglio presente [CzzC: compreso il sacrificio che dovesse accadere a chi cercasse di indurre Hamas a cancellare l’intento di distruggere Israele e a riconoscerne il diritto all’esistenza in sicurezza] Non abbiamo grandi numeri ma il nostro messaggio è grande ed importante. Il nostro paese ha urgente bisogno d’amore. Il nostro amore è un messaggio al musulmano e all'ebreo israeliano, così come al resto del mondo. Il nostro messaggio al musulmano è un messaggio d’amore e di convivenza e un appello al rifiuto del fanatismo e dell’estremismo. E’ anche un messaggio al mondo, affinché i musulmani non debbano essere visti in modo stereotipato come il nemico o dipinti come terroristi [CzzC: ammesso che si tratti di stereotipo, arriveremmo presto a rimuoverlo se cessassero le azioni terroristiche sedicenti islamiche], perché si deve vivere con loro nel dialogo. Il nostro messaggio agli ebrei israeliani dice loro: anche se ci siamo combattuti nel recente passato e lottiamo ancora oggi, siamo capaci di amarci e vivere insieme. Possiamo organizzare la nostra vita politica, con tutta la sua complessità, secondo la logica di questo amore e del suo potere, dopo [CzzC dopo esserci reciprocamente RIconosciuti e, dunque] aver posto fine all’occupazione ed aver stabilito la giustizia. La parola della fede dice a chiunque sia impegnato in politica: gli esseri umani non sono fatti per l’odio. Non è permesso odiare, né è permesso uccidere o essere uccisi. La cultura dell’amore è la cultura dell’accettazione dell’altro. Attraverso di essa noi ci perfezioniamo noi stessi e le fondamenta della società che abbiamo stabilito.
La nostra parola alle chiese del mondo
La nostra parola alle Chiese del mondo è prima di tutto una parola di gratitudine per la solidarietà che ci avete dimostrato a parole, opere e presenza fra di noi. E’ una parola di elogio per le comunità e i cristiani che sostengono il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione. E’ un messaggio di solidarietà con i cristiani e le comunità che hanno sofferto a causa del loro appoggio alla legge e alla giustizia. Tuttavia, è anche un appello al ripensamento; a rivisitare le posizioni teologiche fondamentaliste [CzzC: per capire meglio dovrei avere nomi e di loro affermazioni virgolettate] che supportano certe opzioni politiche ingiuste rispetto al popolo palestinese. E’ un appello a stare a fianco degli oppressi e a preservare la parola di Dio, affinché sia sempre la buona notizia per tutti piuttosto che trasformarla in un’arma con la quale uccidere gli oppressi. La parola di Dio è una parola d’amore per tutta la sua creazione. Dio non è alleato dell’uno contro l’altro, e neanche l’avversario di uno rispetto all’altro. Dio è Signore di tutti e ama tutti, chiede giustizia da parte di tutti e riserva a tutti noi gli stessi comandamenti. Chiediamo alle nostre sorelle Chiese di non offrire una copertura teologica all’ingiustizia di cui siamo vittime, per il peccato di occupazione che subiamo. La domanda che rivolgiamo oggi ai nostri fratelli e sorelle nelle Chiese è: siete in grado di aiutarci a riacquistare la nostra libertà, dato che questo è l’unica via per aiutare i due popoli a raggiungere la giustizia, la pace, la sicurezza e l’amore? Per comprendere la nostra realtà, suggeriamo alle chiese: venite e vedrete [CzzC: questo è importante]. Noi faremo la nostra parte, vi faremo conoscere la verità della nostra situazione, ricevendovi come pellegrini che vengono a noi per pregare, portare un messaggio di pace, amore e riconciliazione. Conoscerete i fatti e la gente di questa terra, palestinesi e israeliani. Condanniamo ogni forma di razzismo, religioso o etnico, compreso l’antisemitismo e l’islamofobia, e vi chiediamo di condannarli e di combatterli in ogni loro manifestazione. [CzzC: pienamente d’accordo]. Allo stesso tempo facciamo appello a voi affinché parliate nella verità e prendiate posizione nella verità riguardo l’occupazione di Israele in terra palestinese. Come abbiamo già detto, riteniamo che il boicottaggio e il disinvestimento siano mezzi nonviolenti di giustizia, pace e sicurezza per tutti [CzzC: se da parte palestinese e vicino-islamica ci fosse il suddetto riconoscimento de jure e de facto, e, ciononostante, Israele non si ritirasse dai territori arabi occupati nel 1967, potrei prendere in seria considerazione il proposto boicottaggio; ma diversamente … Nel frattempo, anche a prescindere dal suddetto riconoscimento, continuo a gridare e a scrivere contro Israele per la vergogna delle sue colonizzazioni, della sottrazione di acqua e di energia elettrica, …].
La nostra parola per la comunità internazionale.
La nostra parola per la comunità internazionale è di evitare il principio di “doppio standard” ed insistere sulle soluzioni internazionali riguardo al problema del popolo palestinese verso tutte le parti. Una applicazione selettiva delle leggi internazionali ci rende vulnerabili alla legge della giungla. Legittima le posizioni di certi gruppi armati e afferma che la comunità internazionale comprende solo la logica della forza. Quindi, vi invitiamo a reagire a ciò che le istituzioni civili e religiose hanno proposto, come già detto: l’inizio di un sistema di sanzioni economiche e boicottaggio contro Israele. Ripetiamo ancora una volta che questa non è vendetta, ma una azione seria per raggiungere la pace giusta e definitiva che porrà fine all’occupazione di Israele in Palestina e altri territori arabi e garantirà la sicurezza e la pace per tutti.
I leader religiosi musulmani e ebrei.
Infine, rivolgiamo un appello ai leader religiosi e spirituali, ebrei e musulmani, con i quali condividiamo la stessa visione che ogni essere umano sia creato da Dio ed abbia uguale dignità. Da qui l’obbligo per ciascuno di noi di difendere gli oppressi e la dignità che Dio ha riservato loro. Cerchiamo insieme di ergerci al di sopra delle posizioni politiche che hanno fallito fino ad ora e che continuano a portarci su sentieri di insuccesso e sofferenza.
Un appello al nostro popolo palestinese e agli israeliani
Questo è un appello a vedere il volto di Dio in ognuna delle creature di Dio e a superare le barriere della paura o della razza per stabilire un dialogo costruttivo e non rimanere nel circolo vizioso delle manovre senza fine che ambiscono a mantenere la situazione così com’è. Il nostro appello è affinché si raggiunga una visione comune, costruita sull’eguaglianza e la condivisione, non sulla superiorità, la negazione dell’altro o l’aggressione, usando il pretesto della paura e della sicurezza. Sosteniamo che l’amore è possibile e così anche la fiducia reciproca. Quindi, la pace è possibile e anche la definitiva riconciliazione. Quindi, giustizia e sicurezza saranno una realtà per tutti. L'istruzione è importante. I programmi educativi devono aiutarci a conoscere l’altro per come è piuttosto che attraverso un prisma di conflitto, ostilità o fanatismo religioso. [CzzC: grandissimi! Questo è il punto fondamentale, la sfida educativa] I programmi educativi di oggi sono inficiati da questa ostilità. E’ giunto il tempo di iniziare una nuova formazione che permetta di vedere il volto di Dio nell’altro e dimostri che siamo capaci di amarci a vicenda e di costruire il nostro futuro insieme in pace e sicurezza.Cercare di fare di uno stato uno stato religioso, ebraico o islamico, annienta lo stato, lo confina entro limiti troppo ristretti, trasformandolo in uno stato che pratica la discriminazione e l’esclusione, preferendo un cittadino rispetto all’altro. Facciamo appello agli ebrei e ai musulmani: lasciate che lo stato sia uno stato per tutti i suoi cittadini, con una visione costruita sul rispetto della religione, ma anche sull’uguaglianza, la giustizia, la libertà e il rispetto del pluralismo e non sul dominio di una religione o di una maggioranza numerica. Ai leader palestinesi diciamo che le attuali divisioni ci indeboliscono e causano maggiori sofferenze. Niente può giustificare queste divisioni. Per il bene del popolo, che deve surclassare quello dei partiti politici, bisogna porre fine alla divisione. Facciamo appello alla comunità internazionale affinché offra il suo sostegno verso l’unione e rispetti il volere che il popolo palestinese, liberamente espresso.
Gerusalemme è il fondamento della nostra visione e della nostra intera vita. E’ la città alla quale Dio ha riservato particolare importanza nella storia dell’umanità. E’ la città verso cui tutte le genti si muovono – e dove incontreranno amicizia e amore alla presenta dell’Unico Dio, secondo la visione dei profeta Isaia: “Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti (…) Egli sarà giudice fra le genti, e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà mai più la spada contro un altro popolo, non eserciteranno più l'arte della guerra” (Is 2,2-5). Oggi, la città è abitata da due popoli di tre religioni; ed è su questa visione profetica e sulle risoluzioni internazionali che riguardano tutta Gerusalemme che si deve basare una soluzione politica. Questo è il primo tema che deve essere negoziato poiché il riconoscimento della santità di Gerusalemme [CzzC: grandissimi!] e il suo messaggio, saranno fonte di ispirazione verso la soluzione all’intero problema, che è di gran lunga un problema di fiducia reciproca e di capacità di costituire una nuova terra in questa terra di Dio.
Speranza e fede in Dio
In assenza di speranza, noi gridiamo il nostro grido di speranza. Crediamo in Dio, buono e giusto. Crediamo che la bontà di Dio infine trionferà sull’odio e sulla morte che ancora persistono nella nostra terra. Vedremo qui “una nuova terra” e “un nuovo essere umano”, capace di innalzarsi nello spirito fino ad amare ognuno dei suoi fratelli e sorelle.
His Beatitude Patriarch Michel Sabbah • His Grace Bishop Dr. Munib Younan • His Eminence Archbishop Atallah Hanna • Rev. Dr. Jamal Khader • Rev. Dr. Rafiq Khoury • Rev. Dr. Mitri Raheb • Rev. Dr. Naim Ateek•Rev. Dr. Yohana Katanacho • Rev. Fadi Diab • Dr. Jiries Khoury • Ms. Cedar Duaybis • Ms. Nora Kort • Ms. Lucy Thaljieh • Mr. Nidal Abu El Zuluf • Mr. Yusef Daher • Mr. Rifat Kassis • Near East Council of Churches – Gaza • YMCA • Laity Committee in the Holy Land • Council for Orthodox Organizations • YWCA • International Centre of Bethlehem • Department of Service to Palestine Refugees • Siraj Center • International Christian Assembly • Arab Orthodox Charitable Society • Arab Orthodox Club Union-Jerusalem • Arab Orthodox Club-Beit Sahour • Arab Orthodox Club-Bethlehem • Arab Orthodox Club- • Orthodox Housing Society • Alternative Tourism Group • National Christian Assembly • WI'AM –The Palestinian Conflict Resolution Center • National Christian Alliance • St. Yves
[CzzC: Terrasanta.net il 2010.03 commentò così l’appello in titolo].
[1] Sono lieto di affermare che queste operazioni rilevano del terrorismo legale così indicato nel Corano: «E preparate, contro di loro [ i nemici] , tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare ( turhiboona ) il nemico di Allah e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Allah conosce. Tutto quello che spenderete per la causa di Allah vi sarà restituito e non sarete danneggiati » ( Corano, Al-'Anfâl, 8:60 ). Non sono degli atti suicidari. Colui che si suicida è un essere senza alcuna speranza, si uccide per fuggire i suoi problemi. Mentre il Moujahid, il combattente, utilizza tale metodo come una nuova arma, come una bomba umana che esplode in un luogo e in un momento prestabilito contro i nemici di Allah e della patria : un nemico che resterà, davanti a lui, senza potere [ malgrado le sue armi sofisticate ] ... [clicca qui per il testo integrale]