E allora si capisce perché la Chiesa insiste molto nel farci dire il rosario. Perché nell’Ave Maria ci fa dire tutti i giorni “nell’ora della nostra morte”
“Nell’ora della nostra morte” vuol dire che se Maria sarà lì, l’unica che ci ama veramente, che si accorge del nostro bisogno (perché né moglie né marito né figli né preti sostituiscono lo sguardo di Dio: sono lo strumento dello sguardo di Dio, ma chi comincia è Maria): se Maria quel giorno sarà lì, Maria ci guarderà così, come una madre potrebbe guardare il suo bambino appena nato, ancora innocente, privo di ogni colpa. Se Maria quel giorno sarà lì, noi saremo perdonati certissimamente: potremmo aver fatto tutte le brutture del mondo, ma se Maria sarà lì, noi saremo perdonati. Perché lo sguardo che Maria ha su di noi è così, è questa misericordia, è lo sguardo di Gesù sul mondo, è lo sguardo di una che ti guarda per come Dio ti ha messo al mondo. Ti guarda bambino, ti porta con sé. Perciò il rosario è poter dire : “Se tu Maria, al momento della mia morte, sarai lì, io sarò salvo, io avrò la sguardo di una madre su di me”.
La battaglia che è la vita di tutti i giorni ha un suo ultimo scontro decisivo, nell’ora della nostra morte: perciò c’è bisogno della Madonna.
Nei nostri paesi una volta, quando uno moriva, facevano fermare tutto e si diceva il rosario. Si suonavano le campane e avevano un suono particolare (i più anziani potrebbero testimoniarlo: si suonava “l’agonia”); si chiamava a raccolta il popolo cristiano, perché quello che stava morendo era all’ultima battaglia. Sarebbero arrivati l’ Angelo e il diavolo, a contenderselo per portarselo via e la Chiesa chiamava a raccolta il popolo cristiano a pregare per dargli una mano, perché vincesse l’ultima battaglia, l’agone (in latino “agone” vuol dire battaglia). L’agonia è l’ultima battaglia, l’ultimo spunto: la preghiera a Maria è per questa cosa, è aver qualcuno che ti perdona, che ti perdona al momento giusto. E se ci sono più fratelli cristiani che se lo ricordano, lo sanno e pregano per te, è più facile”
(F.Nembrini, “Alla ricerca dell’io perduto” Purgatorio pag 64)
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 07/10/2018; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
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