Protestantesimo: facoltà teologiche al tramonto?
[CzzC: qui la parte che ho estratto da Protestantesimo #63” 2008, 281-287 e commentato, mentre in questa pagina ci sarebbe la PROSECUZIONE, che però dovrei risistemare perché è ancora in OCR grezzo]
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 01/01/2023; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
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↑2008.12.22 della rivista Protestantesimo dei Valdesi #63” 2008, 281-287 mi feci fare fotocopie dalla Biblioteca Civica: qui la parte che ho estratto e commentato, mentre in questa pagina ci sarebbe la PROSECUZIONE, che però dovrei risistemare perché è ancora in OCR grezzo]
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ristrutturazioni sembra ora determinare Ia possibilita di affrontare il problema in modo pragmatico. Una sorta di strangolamento graduale. Dobbiamo attenderci la fine delIa teoIogia universitària protestante, CoS! come l'abbiamo conosciuta per secoli? Naturalmente, anche se COS! fosse, non sarebbe questione di mesi, ma un ridimensionamento drastico, come s'e detto, e gia in atto. Quali potrebbero esserne Ie conseguenze?
Chi scrive insegna in una Facoltà ecclesiastica, professa una concezione fortemente ecclesiaIe delIa teoIogia ed e italiano, cioe nato e cresciuto in un paese nel quale Ie Facoltà teoIogiche, anche quelle cattoliche, sono state da gran tempo estromesse dall'università. Per questi e altri motivi sono perfettamente consapevole che l'inserimento delIa Facoltà teoIogica nella universitàs literarum e solo una delle forme istituzionali che la teologia ha assunto. E vero che Ia teoIogia ha tenuto a battesimo l'università come tale e che la strutturazione stessa delle discipline teologiche deve moltissimo alIa loro collocazione accademica; in nessun modo, tuttavia, cio impedisce di pensare Ia scienza teologica anche al di fuori del contesto universitàrio pubblico. Anzi, cio corrisponde ad alcuni aspetti delIa natura stessa delIa teologia, come riflessione delIa chiesa suI contenuto delIa propria predicazione. La "scientificita" delIa teologia, come quella di ogni altra disciplina, deriva i propri criteri dalle caratteristiche del proprio tema. 11 tema delIa teologia, cioe la rivelazione, 0 quanta comunque e recepito da alcuni come tale, viene proclamato e accolto nella chiesa. La teologia scientifica, cioe criticamente concentrata sul proprio tema, e inevitabilmente e serenamente ecclesiale. Anche Ie Facoltà teologiche inserite nell'università, del resto, hanno sempre mantenuto un rapporto istituzionale con Ie chiese che Ie esprimono. Le Facoltà teologiche sono nate anzitutto per formare i ministri delIa chiesa, secondo Ie esigenze di quest'ultima (comprese quelle dottrinali, spirituali, disciplinari): che una simile esigenza sia soddisfatta nell'ambito dell'università di Stato appare oggi a molti del tutto incongruo e 10 si puo capire.
Una teologia ecclesiaIe trova in un istituto ecclesiastico un luogo particoIarmente adatto alIa propria fioritura. Nella chiesa e "normale" (dovrebbe esserlo) quello che nell'università deve di solito, come minimo, ricevere una motivazione: ad esempio, che 10 studio sia accompagnato dalla preghiera e che Ia formazione culturale non sia staccata da una riflessione vocazionaIe e spirituaIe; 0 che la formazione teologica sia pensata e svolta in stretto contatto con la prassi pastorale. Oserei persino affermare che un istituto teologico delIa chiesa e pili adatto, rispetto a una Facoltà inserita nell'università di Stato, a testimoniare la liberta e l'autonomia delIa scienza teologica. E un fatto che la teoIogia nell'università ha dovuto spendere molte energie per convincere gli altri delIa propria dignita di scienza, il che, francamente, e indegno delIa disciplina e soprattutto del suo tema. Anche nel caso, dunque, nel quaIe Ia teologia dovesse uscire dall'università, nulla delIa sua identita profonda sarebbe posta in questione. Da questa punto di vista, e istruttiva la disinvoltura con la quaIe il cattolicesimo romano si e sempre adattato a entrambe Ie situazioni 0, per meglio dire, Ie ha adattate a se stesso; quanto al protestantesimo, nella grande maggioranza dei contesti Ie Facoltà ecclesiastiche costituiscono da sempre la normalita, senza che questa sia necessariamente avvertito come un limite.
Chi, come il sottoscritto, si esprime con convinzione in questi termini, deve pero riIevare, al tempo stesso, che Ia teologia evangelica cos! come si e sviIup-
pata negli ultimi secoli e un frutto del suo particoiare rapporto con l'università, soprattutto nell'area germanofona. Tre elementi, in particoiare, devono essere menzionatj. Primo: 10 stretto rapporto con Ie aitre discipline all'interno dell'istituzione accademica ha favorito un confronto serrato, impegnativo, pericoloso, ma anche estremamente fecondo. La teoiogia ha molto imparato dalla cuItura secoiare. In non pochi casi, addirittura, essa ha fornito impuisi significativi per Ie altre discipline. Un esempio istruttivo e costituito dalie vicende dell'ermeneutica. Da un lato, la scienza storico-critica e per molti aspetti un fenomeno di "secoiarizzazione" dell'approccio alIa Bibbia pensabile solo in un contesto di relativa indipendenza rispetto alIa chiesa e di serrato dialogo con una grande tradizione filoiogica; dall'altro, l'ermeneutica nata nello studio dei testi biblici ha influenzato in profondiffi Ie scienze umane, fino a costituirne, per moIti versi, la metateoria strutturante. Secondo punto, strettamente collegato al primo: l'università ha garantito anche alIa teologia spazi di liberta intellettuale che nella chiesa sarebbero stati meno ampi. II controllo che Ia chiesa evangelica ha esercitato sulle Facoltà teologiche universitàrie e stato assai meno rigido di quel10 rivendicato dalla chiesa cattolica; in generale, Ie Facoltà teoiogiche universitàrie evangeliche, pur riconoscendo iliorolegame con Ia chiesa, sono sempre state gelose della loro autonomia; non e esagerato dire che l'autonomia finanziaria e ammil.listrativa ha ampiamente favorito la liberta di ricerca. II terzo elemento e pili prosaico, ma non meno importante: l'inserimento nell'università di Stato ha garantito alIa teologia una certa dovizia di mezzi, che ha permesso un eIevato standard qualitativo. Raggiungerlo in un altro quadro non sarebbe stato impossibile, come mostrano gli esempi del Princeton Theological Seminary o dell'Harvard Divinity School, ma certo molto pili difficile, per owie ragioni. Cattedre, istituti, assistenti, riviste, collane di volumi debitamente finanziate: l'università ha permesso tutto questo, per molto tempo in forme discretamente opulente. Di questa ricchezza, tutta la teologia ha usufruito, anche quella che si produce nelle Facoltà ecclesiastiche: siamo tutti figli di questa grande tradizione europea e in special modo tedesca. Senza il contributo dell'università germanofona la teologia degli ultimi tre secoli non sarebbe stata quel fenomeno spirituale straordinariamente affascinante che invece abbiamo visto. Certo, non e facile dire se il grande tentativo di pens are insieme la fede e la modernita critica sia riuscito: molti dati delIa sociologia religiosa contemporanea sembrano deporre in senso contrario. Nemmeno, peri'>, e facile (anzi, e impossibile) dire che cosa sarebbe stato del cristianesimo occidentale senza l'enorme sforza di mediazione intellettuale svolto dal pensiero sviluppatosi nell'università e dalla predicazione di pastori in essa formati. La teologia accademica protestante germanofona ha svolto una decisiva funzione innovatrice anche nei confronti del cattolicesimo romano. E persino coloro che,anche e soprattutto in ambito evangelico, l'hanno rifiutata, arroccandosi in una polemica semplicemente oscurantista e precritica, ne sono stati comunque influenzati, se non altro per via negativa. La teologia germinata nel contesto accademico di lingua tedesca ha tracciato Ie coordinate intellettuali del cristianesimo moderno.
Riconoscerlo ora, in una fase nella quale tale teologia, se la nostra analisi e anche solo parzialmente corretta, attraversa una crisi socio-culturale di vasta portata, non costituisce semplicemente un doveroso omaggio filiale. E anche un modo di porre il problema del futuro delIa teologia evangelica. Non solo evan-
gelica, certamente: il cattolicesimo romano pero, e ancor pili l'ortodossia, vivono spiritualmente di dinamiche assai diverse, neUe quali la tradizione e il referente istituziQnale-ecclesiastico svolgono un molo diverso rispetto al protestantesimo. La chiesa evangelica gioca se stessa nel rapporto con la Scrittura e dunque nell'impresa ermeneutica. La crisi delIa teologia universitària protestante e crisi di una forma non solo sociologica, ma anche spirituale di organizzazione del pensiero. Come affrontarla?
Dire che nessuno dispone di ricette risolutive e talmente vero da sconfinare nel banale. Bisognera accontentarsi di risposte provvisorie e parziali. Senza di esse, pero, non si va avanti. II pensiero teologico responsabile e sottoposto a una doppia pressione, quella del positivismo scientista e ateo da un lato e queUo delle varie forme di fondamentalismo dall'altro: guai, per la fede, se esso rinunciasse a farsi valere in questa duplice confronto. Lerosione degli spazi universitàri delIa teologia in Europa richiede un corrispondente incremento dell'assunzione di responsabilita delIa chiesa. La teologia evangelica sara feconda se sara espressione di una chiesa che presenti un quadro clinico meno preoccupante di quel10 del cristianesimo europeo di questi decenni. A questa proposito, anzi, bisogna dire che il contesto universitàrio, soprattutto germanofono, ha permesso, nel Novecento, un paradosso che, a quanta pare, non e in grado di perpetuarsi. II xx secolo e stato teologicamente ricchissimo, affascinante, incredibilmente fecondo; contemporaneamente, la chiesa evangelica ha vissuto stagioni assai problematiche, a volte drammatiche, fino al rischio di evaporazione degli ultimi decenni. Normalmente, 10 stato di salute del pensiero teologico corrisponde a quello delIa chiesa. Nel xx secolo non e stato COs! e sospetto che cio sia dovuto, almeno in parte, alIa funzione di stimolo svolta dall'ambiente universitàrio e dalle sue dinamiche di produzione culturale. E utile, per Ie ragioni esposte, prepararsi a una fase nella quale tale stimolo si ridurra sensibilmente.
Con buona pace di Kant, vale anche, ed eminentemente, per la teologia quanto egli afferma per l'illuminismo: si tratta di un uso critico e pubblico delIa ragione. Vorrei iniziare dall'aspetto pubblico. La teologia e una disciplina ecclesiale, ma cio non significa che sia esoterica. AI contrario: la chiesa vive e predica nella polis e la teologia la accompagna suI piano delIa riflessione. Da questa punto di vista, l'espressione oggi di moda, public theology, non puo indicare un particolare tipo di teologia, bens! un modo di essere di ogni teologia. La contrapposizione, che ogni tanto echeggia, tra teologia ecclesiale e teologia pubblica e a dir poco strana, per chi professi un' ecclesiologia cristiana, il che significa anche non settaria. Finora l'università ha costituito un luogo privilegiato di confronto con la cultura. La sfida consiste nel proseguire tale confronto anche nell'eventualita che la teologia venisse definitivamente espulsa dalla sua sede universitària di Stato, oppure venisse in essa sospinta ai margini. Cio dipende dalla chiesa, dalla sua capacita di testimoniare pubblicamente l'evangelo, senza complessi e senza timidezze, nei diversi fori nei quali si articola la societa, ivi compreso quello delIa riflessione teoretica. La chiesa di Gesli non puo cadere vittima del pregiudizio balordo in base al quale illinguaggi6 delIa Bibbia e meno comprensibile oggi di quanta 10 fosse nel I secolo d.C. Ogni epoca ha Ie proprie forme di incredulita, ma non esistono epoche pili incredule di altre. Ogni generazione vive, giustamente, Ie sfide che essa deve affrontare come Ie pili difficili di tutti i tempi. Tale sensazione, mentre si traduce in impegno per una pre-
dicazione responsabile, deve anche essete relativizzata dalla consapevolezza storica, affinche non degeneri in una depressione ingenua e immotivata. Predicare a tempo e fuor di tempo: dove tale impegno e preso suI serio, la teologia e ecclesiale e pubblica al tempo stesso e, in cio, sanamente spre-giudicata. Dentro o fuori l'università.
LUso teologico della ragione, poi, e critico, il che significa anche libero. Come gia abbiamo rilevato, su questa punta l'università ha frequentemente protetto la teologia da eccessi di prudenza ecclesiastica. Naturalmente esiste anche una prudenza non eccessiva, anzi necessaria. Non ogni usa critico delIa ragione e per cio stesso legittimo, si puo essere critici e ciononostante sbagliare. Anche in teologia. La chiesa, pero, deve garantire al pensiero teologico (e aIle istituzioni ad esso deputate), la necessaria liberta. La prudenza non si puo imporre per decreto, non nella chiesa evangelica. La libertii. della ricerca teologica non ha, di per se, nulla ache vedere con l'indipendenza istituzionale degli istituti di ricerca e formazione nei confronti della chiesa. La Facoltà valdese di Teologia, ad esempio, e di strettissima dipendenza ecclesiastica, sottoposta al controllo sinodale fin nei minimi particolari; in sei anni di insegnamento, non mi e mai apparso che cio si traducesse nel minima segno di condizionamento della mia liberta di ricerca e di docenza. Cio dipende dal fatto che la chiesa valdese, su questa punto, non e paurosa. Una teologia ecclesiale puo essere, e in un certo senso e per natura sua, critica e libera, perche tale e la parola della quale la chiesa vive e sulla quale la teologia riflette.
La teologia e anzitutto al servizio della predicazione. E accaduto, in qualche occasione, che la teologia universitària guardasse quasi con imbarazzo a tale vocazione, considerandola in qualche modo in tensione con la dimensione delIa "scientificita". In senso opposto, si riscontra abbastanza frequentemente (soprattutto in certi ambienti cattolici da una parte ed evangelicali dall'altra) un marcato sospetto nei confronti della teologia scientifica, alla quale si dice di preferire un approccio pili "pastorale". Si tratta di un'altra contrapposizione altamente perniciosa. Una teologia che non ponga in primissimo piano la propria responsabilita pastorale non e teologia. Sara storia 0 filosofia, 0 psicologia delIa religione cristiana, ma non teologia. La teologia e pastorale nella sua essenza. Dall' altra parte, una visione della pastorale che operi sconti 0 semplificazioni suI terreno del rigore scientifico, rende un pessimo servizio alIa pratica. LOrientamento pratico della teologia si risolve in un incremento delle esigenze critiche del pensiero e in un approfondimento dello strumentario tecnico, non in una loro decurtazione. Da questa punto di vista, la chiesa deve sapere che, se la teologia e strutturalmente pratica, non sempre 10 e immediatamente. In quanto disciplina teorica, essa ha dinamiche proprie, che comprendono la liberta di allontanarsi, provvisoriamente, dal terreno della prassi, per ritomare ad esso in modo culturalmt:;nte pili attrezzato. La retorica ecclesiastica contro Ie «fumisterie teologiche», con annesso appello alla «semplicita del messaggio», maschera, troppo spesso, la pigrizia del pensiero e la superficialita nell' ascolto delle domande del tempo.
Infine, una parola suI significato politico della teologia ecclesiale. II protestantesimo ha sempre avuto un rapporto simpatetico con la modernita. Per molti aspetti ne e stato una matrice e, in ogni caso, ha giocato buona parte delIa propria vocazione nel confronto con essa. Di fronte all'odiemo tentativo di al-
cuni di liquidare Ie conquiste di liberta della modernita, proponendo un salto mortale all'indietro, autoritario e religioso (nel senso dell'aggettivo criticato anche dalla teolo,gia protestante del Novecento), e doveroso difendere Ie acquisizioni della ragione moderna e Ie conquiste di civilta che essa ha determinato, anche contro Ie chiese, anche, se del caso, contro quella evangelica. Detto questo, e anche vero che la modernita ha cercato di gestire i conflitti religiosi privatizzando la questione di Dio. In fondo, anche l'attuale marginalizzazione delIa teologia nelI'ambito dell'università di Stato ha ache vedere con tale dinamica. Su questa punto la chiesa evangelica, pur riconoscendo il problema, non pua condividere la soluzione. Contro il tentativo di imporre un modello unico di ragione, di solito ricalcato su una forma banalizzata di positivismo, la teologia rivendica il diritto a un uso plurale delIa ragione il che significa, per quanta la riguarda, a un esercizio credente del pensiero. Credo che qui risieda la pili profonda dimensione politica delIa teologia. Difendere la pluralita degli usi possibili delIa ragione non significa rifugiarsi nel comunitarismo 0 nel soggettivismo. Questi ultimi contengono potenzialita problematiche per la convivenza civile. La teologia contribuisce, invece, alIa costruzione della polis mostrando Ie potenzialita dialogiche del pensiero credente. Lesperienza cristiana e sempre stata pubblica ed essoterica. La teologia universitària ha vissuto questa dimensione nelle forme che Ie sono state proprie. La chiesa e chiamata, nelle mutate circostanze, a fare altrettanto. Non e affatto detto che una Facoltà ecclesiastica debba essere soltanto un seminario dedito alIa riproduzione del corpo di funzionari delI'organizzazione, secondo codici tesi alIa perpetuazione di quest'ultima. Tale Facoltà puo invece essere un servizio al pensare della chiesa, il quaIe e una dimensione dell'annuncio. E una chiesa che pensa rende un servizio politico alIa societa, mostrando Ie potenzialita pluraliste e dialogiche delIa riflessione critica, anche in orizzonti che la societa tende a rimuovere, cioe quelli aperti daHa parola di Dio. Jlirgen Habermas ha scritto recentemente che l'illuminismo (cioe, in questa caso, il pensiero critico delIa tarda modernita) dovrebbe forse essere critico anche nei confronti di se stesso e chiedersi se per caso illinguaggio religioso non sia portatore di elementi decisivi che non possono essere tradotti in altri linguaggi e che dunque devono essere presi suI serio nella loro formulazione originaria. Cia potrebbe anche esprimere il compito teologico e si potrebbe riformulare cos!: la teologia e chiamata a offrire alIa societa pluralista il proprio contributo, nella forma di un pensiero inedito rispetto all'orizzonte di esercizio delIa ragione moderna, ma proprio per questa potenzialmente fecondo e tale da arricchire l'espressione intellettuale delIa convivenza civile. Un paese come l'Italia, in effetti, mostra bene Ie conseguenze delIa marginalizzazione culturale del discorso teologico. Non e che la cultura, per questo, sia pili '1aica". Semplicemente, essa e meno informata, meno aperta, meno plurale, insomma meno "colta". La responsabilita e di un laicismo bigotto, certo, ma anche di una presenza ecclesiale che preferisce spesso esprimersi in forme demagogiche, 0 autoritarie, piuttosto che criticamente responsabili. Compita delIa chiesa evangelica, qualunque cosa accada aIle Facoltà teologiche nell'ambito delle università di Stato, e di contribuire a offrire aHa cultura europea la possibilita di un futuro diverso.