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ultima modifica il 20/11/2021 |
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La preghiera è coscienza della nostra dipendenza da Dio e quindi coscienza ultima di sé |
Correlati: Fede, Chiesa, Sacramenti, Liturgia, musica sacra, arte sacra, feste e segni cristiani |
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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri. |
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Julián Carrón dagli esercizi della Fraternità di CL 2007: «L’espressione della religiosità in quanto coscienza della dipendenza da Dio si chiama preghiera». A questo proposito, sottolineo tre punti: a) «La preghiera è coscienza ultima di sé, come coscienza di [questa] dipendenza costitutiva. Essa rappresenta il rendermi conto di che cosa sono io: «Ti ho amato di un amore eterno e ho avuto pietà del tuo niente» (Cfr. Ger 31, 3). Coscienza di sé, non pregare incosciente, non pregare per modo di dire ... b) «Nella preghiera risorge e prende
consistenza l’esistenza umana». È impossibile che uno faccia questo e non
risorga e prenda consistenza il proprio io. «Stupore devoto, rispetto,
soggezione amorosa in questo gesto di consapevolezza: ecco l’anima della
preghiera». Altro che stancarsi! Perciò, quando uno prende consapevolezza di
questo, «la solitudine è eliminata […]. L’esistenza si realizza
sostanzialmente come dialogo con la grande Presenza che la costituisce, [con
questo] compagno indivisibile. [Fate attenzione, ora] La compagnia è nell’
io, non esiste nulla che facciamo da soli. Ogni
amicizia umana è riverbero dell’originale struttura dell’essere, e se lo nega
rischia la sua verità. In Gesù, l’Emmanuele, il “Dio con noi”, la familiarità e il dialogo con Colui che ci crea in
ogni istante diventano non solo illuminante trasparenza, ma compagnia storica».
E la compagnia storica ci è data perché questo diventi più trasparente, non
per sostituirsi a noi. c) «L’espressione compiuta della preghiera è di essere DOMANDA». [CzzC: lo dico anche ai miei figli, agli amici, a miei studenti: tra il dire e il fare c’è di mezzo il domandare. E me lo insegnarono anche ai seminari di management]. «Sembra tutto così complicato – diceva Camus nel Caligola –. Eppure è così semplice. Avessi avuto la luna, o Drusilla, il mondo, la felicità, sarebbe stato tutto diverso. Tu lo sai, Caligola, che potrei essere tenero. La tenerezza! Ma dove trovarne tanta da soddisfare la mia sete? Dove trovare un cuore profondo come un lago? Non c’è niente che mi vada bene, né in questo mondo né in quell’altro. Eppure sono certo, ed anche tu lo sei, che mi basterebbe l’impossibile. L’impossibile! L’ho cercato ai confini del mondo e di me stesso. Ho teso le mani». Qui è tutto: «Ho teso le mani». Desideriamo l’impossibile. Per questo, siccome non ce lo possiamo dare da soli, tutta la nostra speranza è tendere le mani. |
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25/05 |
<avvenire>: Papa Fr1: "Gesù vuole che preghiamo sempre, senza stancarci mai. Non dobbiamo desistere dalla preghiera, è la preghiera che conserva la fede, senza di essa la fede vacilla" |
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19/05 |
Che abisso vertiginoso noto tra questa concezione della preghiera e i tentativi di qualche catechista che (anche su VT) tende a dissuadere i suoi discenti dal porre fiducia nella preghiera: vedi ad es. questa testimonianza di una mamma, ma Papa Francesco (quello della Misericordina) ci toglie dubbi: per conoscere Gesù bisogna pregarlo col cuore, celebrarlo coi sacramenti e imitarlo con la vita. |