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ultima modifica il 12/10/2020 |
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Ricorso al TAR contro le “Linee guida” dell’UNAR |
Correlati: gender didattica per sublimare la GPA per i gay e dissimulare danni da omosessismo? |
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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri. |
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Incoraggio l’iniziativa del ricorso al TAR, ma, a mio avviso, essa avrebbe dovuto coinvolgere più larga rappresentanza, quasi una class action, con un parallelo europeo, a partire dagli articoli 18, 19 e 26,3 della dichiarazione universale dei diritti umani: la rappresentanza apicale dei giornalisti, addomesticabile da matrici della cultura dominante, potrebbe arrivare a misconoscere la difesa in parola. |
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ProVita propone Da: DT – ProVita Inviato:
sabato 29 marzo 2014 22:21 A: CzzC Ciao, Come certamente saprai, Pro Vita è da tempo schierata in difesa dei valori fondamentali della vita e della famiglia, contro le ideologie dell’omosessualismo e del gender. Tra le molte altre iniziative, Pro Vita ha anche promosso una petizione (consegnata ora ai ministri competenti) contro la “Strategia nazionale” dell’UNAR e gli “Standard per l’Educazione sessuale” dell’OMS, raccogliendo più di 10mila firme. Il summenzionato ufficio (UNAR), inserito nel Dipartimento per le Pari Opportunità, non contento del tentativo di imporre la aberrante teoria del gender ai nostri bambini e ai professori nelle scuole (non solo con la “Strategia nazionale” ma anche diffondendo gli assurdi libretti sulla cosiddetta “Educazione alla diversità”), ha anche pensato di imporre un vero e proprio “pensiero unico” ai giornalisti riguardo alle tematiche LGBT: ha infatti pubblicato delle “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT” alle quali dovranno attenersi tutti i giornalisti italiani. Quelli che non si piegheranno ai diktat dell’UNAR violeranno le norme deontologiche, per cui rischiano la denuncia e forse il carcere (soprattutto dopo il passaggio della legge contro la omo-transfobia). Ecco alcuni di questi comandamenti: vietato parlare di “gay esibizionisti”: il giornalista porrà invece attenzione a sottolineare gli aspetti positivi della “visibilità” degli omosessuali e il coraggio di chi si rende visibile; se un transessuale si sente donna il giornalista deve scrivere “la trans” e non “il trans”; non associare transessuali e prostituzione e mai parlare di prostitute o prostituti. Il giornalista userà invece l’espressione “lavoratrice del sesso trans”; il giornalista dovrà anche educare i suoi lettori a considerare cosa buona e giusta il “matrimonio” omosessuale e farà notare che “il matrimonio non esiste in natura, mentre in natura esiste l’omosessualità”; non si potrà scrivere di “uteri in affitto” (per non attribuire una connotazione “negativa”) ma solo di “gestazione di sostegno” … Insomma un vero e proprio lavaggio del cervello degno delle peggiori dittature. Queste imposizioni sono, inoltre, contrarie alla nostra Costituzione poiché violano la libertà di espressione e il pluralismo informativo – artt. 13 e 21 Cost. – e sono in diretto contrasto con l’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Vista la gravità di questo documento le forze “pro vita” non possono restare inerti: perciò i Giuristi per la Vita, in collaborazione con la nostra Associazione Pro Vita Onlus e la Nuova Bussola Quotidiana, presenteranno un ricorso al TAR del Lazio, firmato dal giornalista ricorrente dott. Riccardo Cascioli, per fare annullare tali assurde direttive (vedi il Ricorso al TAR): altrimenti tutta l’informazione che riceveremo in futuro verrà distorta a favore della propaganda trans-omosessualista. Ti invitiamo a ... rispondere a un piccolo questionario sul tema cliccando qui . Fiduciosi di avere il tuo sostegno in questa battaglia per la Verità, per la Vita e per la Famiglia, ti porgo cordiali saluti, AB Editore "Notizie Pro Vita" CzzC risponde Da: CzzC Inviato: domenica
30 marzo 2014 08:43 A: DT - Pro Vita' Ciao, Daniela, incoraggio l’iniziativa del ricorso al TAR, ma, a mio avviso, essa avrebbe dovuto coinvolgere più larga rappresentanza, quasi una class action, con un parallelo europeo, a partire dagli articoli 18, 19 e 26,3 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo oltre che dai citati della nostra Costituzione, in difesa dei diritti della persona e dei genitori prima che della classe dei giornalisti, la cui rappresentanza apicale, addomesticabile da matrici della cultura dominante, potrebbe arrivare a misconoscere la difesa in parola. Buon lavoro. Ciao. CzzC. |
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11/07 |
<iltempo, zenit>: Linee guida Gelmini sulla gender didattica col contributo dell’Unar che lanciò i libretti sull’omogenitorialità; estromesse le associazioni dei genitori; obiettivi? «la decostruzione degli stereotipi ... » |
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01/04 |
<tempi>: Vendola, irritato da questa «classe politica che blocca il materiale didattico contro l’omofobia nelle scuole» (rif libretti dell’Unar), vuole lo scalpo di Toccafondi sottosegretario all’istruzione, colpevole di essere “sentinella” contro l’abuso di libretti e corsi che dovevano servire a combattere il bullismo omofobo, ma che da un paio d’anni tentano di rifilare agli insegnanti e agli alunni (con l’alibi che “ce lo chiede l’Europa”) l’avversione ai portatori di stereotipi di gender (mamma e papà in legge naturale), inculcata anche con il battersi in perfetto stile sessantottino e bulletto, appunto, con accuse di omofobia e oscurantismo garantite per chi si azzardasse anche solo a far notare che “contrastare le discriminazioni” non vuol dire per forza inculcare teorie discutibili a un’intera generazione. |
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13/11 |
<avvenire>: durante l’anno scolastico 2013-2014 , 29 associazioni LGBQT , hanno potuto entrare nelle scuole a parlare di gender, grazie alla disponibilità di 10 milioni di euro stanziati dal governo; l’UNAR, organismo del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha commissionato all’Istituto Beck di Roma la redazione di volumetti destinati ai docenti di scuole di ogni ordine e grado,contenenti le istruzioni per le lezioni di gender da proporre ai loro allievi. Tutto ciò, senza il minimo coinvolgimento delle Associazioni dei Genitori riuniti nel FONAGS (Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola), organismo consultivo del MIUR, e quindi senza permettere ai genitori di conoscere e di prendere una posizione su quanto predisposto per i loro figli a loro insaputa. Sono stati così proposti a minori, anche di scuola materna o primaria, libri, strumenti didattici e giochi del progetto“Educare alla diversità”, tanto ambigui ,quanto lesivi del fondamentale diritto dei genitori ad educare i propri figli, che la nostra Costituzione tutela chiaramente. Il tutto a spese di noi cittadini. |