Da: CzzC
Inviato: martedì 9 marzo 2010 10:13
A: Gruppo_rass_stamp
Oggetto: Preghiamo per i fratelli massacrati in Nigeria
Il Vescovo di Abuja, monsignor Jhon Olorunfemi Onaiyekan, parla di un conflitto etnico, «tra pastori e agricoltori: cioè tra Fulani , che sono tutti musulmani, e Berom, tutti cristiani. Le vittime sono povera gente …».
Che sia o che non sia di matrice jihadista questo ennesimo massacro di cristiani in Nigeria, comunque ha fatto bene il Vescovo ad allontanare da detta matrice la paternità di questo crimine: tale circostanza sarebbe una delle non poche in cui la Chiesa, come chiunque abbia a cuore il bene più grande per ogni uomo, dovrebbe riconoscere che il gridare contro, pur proclamando la verità, provocherebbe un male maggiore che tacerla o dissimularla: vedi Pio XII con Hitler.
Tra di noi, sommessamente e cautamente, diciamocela la verità: vedi la diagnosi fatta dalle sorelle sul posto i cui nomi ho evidenziato in grassetto, e/o oppure questo articolo di Socci.
Preghiamo per le vittime dilaniate nel corpo, per i familiari straziati nel cuore, anche per i criminali, invocando il perdono e la pace.
CzzC
Da: Madda Inviato:
martedì 9 marzo 2010 09:43
A: …;CzzC;………
Oggetto: Preghiere ( Nigeria)
di Alessandra Stoppa
Sono arrivati in piena notte correndo e sparando, al
grido di «Allah Akbar», per svegliare la gente e farla uscire
dalle case. Poi hanno massacrato donne, ragazzi, bambini a colpi di machete,
mentre cercavano di fuggire. Ne hanno uccisi cinquecento. All’alba le strade
erano coperte di cadaveri. Le case bruciate. L’attacco musulmano ai villaggi
cristiani alle porte della città nigeriana di Jos, nello Stato del Plateau, si
è consumato nella notte tra domenica e lunedì. Bande di Hausa
e Fulani, etnie del Nord del Paese a maggioranza
islamica, sono scese dalle montagne e hanno fatto una carneficina. Soprattutto
a Dogo Na Hawa, villaggio abitato dalla tribù cristiana dei Berom.
«Questa tragedia ci ha colti tutti di sorpresa. Dopo gli scontri di gennaio, la
situazione sembrava si fosse stabilizzata». Suor Caterina Dolci,
missionaria bergamasca in Nigeria da ventisei anni, vive vicino a
Jalingo, a otto ore dai luoghi dell’attacco. Ma Jos è la sua seconda casa: là
vivono tanti amici e le sue consorelle del Bambin Gesù. «Ora la gente è
impaurita e vive nell’allerta. Per la prima volta l’attacco è stato sferrato di
notte e sono arrivati addirittura dal Bauchi, un altro Stato, nel nord-est
della Nigeria. Gli aggressori sono musulmani
del Nord che vogliono conquistare la zona di Jos, prevalentemente cristiana. È
un tentativo continuo, a volte subdolo, che perseguono comprando e sottraendo
anche i terreni».
L’attacco a Jos irrompe in un momento di instabilità politica. Il presidente
federale in carica, Umaru Musa Yar’Adua, è gravemente malato e, dal 9 febbraio,
è stato sostituito nelle sue funzioni dal vice presidente, il cristiano
Jonathan Goodluck. «I giornali esteri, anche italiani, riconducono l’attacco a
questa situazione delicata, ma invece non c’entra», spiega Maria Rita Sala, che lavora per Avsi a Lagos.
A poche ore dal massacro, l’arcivescovo di Abuja, monsignor Jhon Olorunfemi
Onaiyekan, parla di un conflitto etnico, «tra pastori e agricoltori: cioè tra Fulani
, che sono tutti musulmani, e Berom, tutti
cristiani. Le vittime sono povera gente che non ha niente a che fare con tutto
questo e non ha alcuna colpa». Le ragioni degli scontri di gennaio, come di
quest’ultimo massacro, «sono determinate dalla
sete di potere dei gruppi musulmani del Nord, in particolare dei Fulani»,
ribadisce Maria Rita: «Ogni occasione è buona per cercare di affermarsi, a
danno dei cristiani».
Infine, i vescovi locali si sono detti «rattristati», perché il governo, che
avrebbe il compito di garantire la sicurezza di tutti i cittadini, «sembra non
avere la capacità di farlo: è debole». Eppure, dopo i fatti violenti di
gennaio, Goodluck, insieme ai capi musulmani moderati e con l’aiuto
dell’arcivescovo di Jos, monsignor Ignatius Ayau Kaigamaha, ha creato una
commissione proprio per cercare di favorire un percorso di riconciliazione.
«Ora con questa strage», conclude suor Caterina, «la gente è ripiombata nella
paura e nella rabbia. I villaggi cercano di difendersi e aiutarsi a vicenda,
come possono».