Una moralità con anche il TIMOR DI DIO: serve ancora?
Serve una moralità che mira ad evitare il peccato? Oppure basta la moralità conformata dal «NON REATO», per la quale basta farla franca per potersi esibire innocenti?
Un sano TIMOR DI DIO mi ha salvato tante volte da sbagli che avrei potuto pagare assai cari.
[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 30/06/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]
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↑2014.11.22 [CzzC: prendere il seguito con beneficio di inventario]. Fra i nomi di spicco indicati dal Pecorelli tra gli infiltrati filomassoni appare anche quello del famoso Padre scolopio Ernesto Balducci: è sufficiente una conoscenza superficiale dell'opera di questo frate per rendersi conto che abbiamo a che fare con un uomo profondamente permeato dagli insegnamenti della Loggia. Ad es.: dal suo libro L'Uomo Planetario: «Chi ancora si professa ateo, o marxista, o laico, e ha bisogno di un cristiano per completare la serie delle rappresentanze sul proscenio della cultura, non mi cerchi. Io non sono che un uomo». Più oltre, commentando l'incontro «ecumenico» di Assisi del 27 ottobre 1986, così si esprime: «Siamo così alla resa dei conti. E in questa resa dei conti le religioni sono costrette a rivelarsi per quel che sono: produzioni simboliche di gruppi umani, sistemi ideologici in veste sacra [...]. Timor fecit deos». Continua qui alla data.
↑2012.08.03 Alla vigilia del voto cittadino a Maria Ausiliatrice del 5 agosto il Decano con la locale pastorale coraggiosa invita Alberto Folgheraiter (accademico degli Accesi) conferenziere su “La richiesta e la promessa, i voti dei singoli e delle comunità”. Ci sono date che segnano, come un marchio di fuoco, la storia delle comunità: 1348, 1575, 1630, la peste; 1703 la prima delle numerose invasioni dei francesi; 1836, 1855 il colera; 1914-1918, 1940-1945 le guerre mondiali. attorno a questi temi ruotano gli “ex voto” comunitari, i più sofferti perché collettivi; i più longevi perché replicati negli anni. Se le catastrofi non erano riconducibili alla volontà dei singoli, pure le guerre, come le epidemie, parevano (allora) ineluttabili. Pertanto, agli umani non restava altro che “abbandonarsi alla volontà di Dio”, placarne “l’ira” con promesse di sacrifici o di oggetti devozionali, attendere “fiduciosi” che la notte avesse una fine”. [CzzC: di questo “illuminato” riassunto della fede ho inviato mio commento ad Alberto, in tentativo d correzione fraterna; nel frattempo, plaudito dalla cultura dominante, il Leitmotiv gli rende: per “La collera di Dio” e “I Dannati della peste” ha preso nel 2009 il premio Dimaro-Val di Sole]